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Questo è un giorno felice e glorioso per Cipro e la sua Chiesa, cari amici, padri e fratelli. Abbiamo l’onore particolare di avere tra di noi tante personalità illustri, cristiani, mussulmani, ebrei, induisti e buddisti. Vi diamo il benvenuto salutandovi calorosamente. Esprimiamo la nostra gioia per il fatto che questo incontro internazionale per la pace abbia luogo sulla nostra isola e speriamo che da esso scaturiscano risultati utili e benefici.

Essendo ancora vive la memoria e l’emozione per l’incontro dell’anno scorso a Napoli, i nostri ringraziamenti vanno particolarmente alla Comunità di Sant’Egidio, per averci dato l’opportunità di co-organizzare questo incontro in un paese che è stato privato della pace per tanti secoli, in mezzo ad un popolo che è pacifico per natura, che persino oggi sta lottando per godere dei benefici della pace, in una regione dove le grida di guerra non sono mai cessate.

La pace è veramente la virtù più ardentemente desiderata. Se la guerra è la barbarie più grande ed il crimine più terribile, la pace è la sorgente di ogni gioia e felicità. Soltanto persone mentalmente squilibrate sceglierebbero la guerra piuttosto che la pace. Le conseguenze della guerra non consistono soltanto nella distruzione fisica. Essa porta con sé dei mali persino maggiori, che includono la degradazione morale e l’offuscamento dei valori più alti, e fa sì che le persone si odino l’un l’altra e vadano in cerca di vendetta, anche dopo che la guerra è finita.

Nella nostra era, in cui la cultura della tecnologia, con le sue armi nucleari e chimiche minacciano l’umanità di estinzione, la necessità di stabilire la pace nel mondo non è mai stata importante come ora. L’uomo, in quanto essere razionale, ha il dovere di scegliere la pace e perseguirla con ogni mezzo a sua disposizione. E tuttavia, le sue molteplici passioni lo portano spesso a condurre guerre che lo privano della pace e della possibilità di sviluppo spirituale e morale. Inoltre, non tutte le persone hanno la stessa comprensione del concetto di pace. Alcune persone vi introducono criteri soggettivi, con ciò distorcendone il significato.

Tuttavia, per noi, rappresentanti delle varie religioni e culture, la pace dovrebbe essere fondata sulla giustizia, e dovrebbe salvaguardare la libertà degli individui e dei popoli. I greci antichi consideravano la Pace come figlia della Giustizia e sorella di Eunomia (=Ordine, n.d.t.); in questo la loro percezione era vera e corretta.

In un mondo così pieno di contraddizioni, nel labirinto del pluralismo delle ideologie, delle religioni e delle culture, se vogliamo che il nostro convegno abbia qualche contenuto e porti ad un risultato pratico, dobbiamo cercare un criterio di valore indiscusso su cui basare questo dono così ardentemente desiderato.

Siamo convinti che un tale criterio, che è precondizione per ottenere vera pace, dovrebbe essere la difesa ed il rispetto per i diritti umani. Questi diritti sono indissolubilmente legati alla libertà, alla giustizia ed all’uguaglianza, e devono perciò essere la componente base della pace. E’ significativo che nella Carta dell’ONU, che, almeno in teoria, ha rappresentato la salvaguardia dei diritti umani dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, la parola pace compaia 39 volte.

In pratica, tuttavia, vi è la deludente contraddizione tra la dichiarazione dei diritti umani e la realtà effettiva di un gran numero di nazioni, o individui. Alcuni stati violano i diritti di gruppi di loro cittadini, e davanti all’ONU compaiono come campioni della pace e dei diritti umani. Ed individui che si fanno passare per democratici opprimono senza pietà coloro che gli sono sottoposti.

Ai giorni nostri ci sono varie tendenze persino a svuotare il valore ed il contenuto dei diritti umani, facendo sì che non sia più possibile utilizzarli in modo efficace in favore della pace. Così, troppo spesso la soddisfazione di bisogni e di desideri umani viene descritta come diritto umano. In altre parole, i diritti umani vengono fatti corrispondere ai diritti dei consumatori moderni, e ciò porta a degradare gli sforzi di coloro che hanno combattuto per la libertà, l’uguaglianza, la dignità e la fraternità. Così la pace, che è ciò a cui tendono i diritti umani, viene degradata ed assume un carattere simile all’edonismo.

La pace, alla quale in ultima analisi tendono i diritti umani, e verso la quale noi, in quanto rappresentanti di religioni e culture, aspiriamo, ha come significato quello di fondare un ordine basato sulla legge, nel quale la libertà dell’uno può coesistere con la libertà degli altri. E non bisogna far si che questo obiettivo venga perso a causa di aspirazioni che legano la pace alla prosperità materiale dell’individuo.

Ripetiamo che consideriamo il rispetto dei diritti umani una precondizione per raggiungere la pace. Ma la dignità umana deve essere il punto di riferimento essenziale di questi diritti umani.

La pace è un valore universale e il suo raggiungimento è il fine ultimo di ogni religione. Non riescono ad ottenere la pace quelli che, individui o nazioni, subiscono l’influenza di valori o ideali più vili, e non le religioni e le culture che cercano la perfezione e danno una giusta priorità ai loro valori. Tutte le religioni accettano il fatto che la pace e la guerra nascono nel cuore degli uomini, perché il cuore – nel senso non-religioso del termine – è il centro dell’essere umano, il luogo dove vengono creati legami con altre persone. La pace nasce nel cuore di persone riconciliate con Dio, che sono libere da ogni passione e meschinità. Abbiamo fiducia nel fatto che ciò verrà dimostrato nelle discussioni e negli interventi di questi tre giorni.

Nel cristianesimo la sorgente di tutte le accezioni della nozione di pace è Dio. La pace racchiude l’intera visione escatologica della deificazione dell’umanità. La pace è lo stato naturale delle cose prima di Dio. Il contrario della pace è il disordine: perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace, come ci scrive San Paolo (1 Cor, 14, 33).

Cristo come Signore della pace porta la riconciliazione tra umanità peccatrice e Dio, unisce coloro che sono in conflitto fra di loro e diventa la pace tra noi [Bibbia CEI: “egli è la nostra pace”, n. d. t.] (Ef. 2, 14). In verità, egli benedisse gli operatori di pace.

E’ un dato di fatto che Gesù non promise qualunque tipo di pace, ma la Sua pace. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14, 27). Questa pace va conquistata; è il frutto della “nuova creazione” in Cristo (2 Cor 5, 17). San Paolo parla in modo chiaro di questo argomento: “Il frutto dello Spirito invece pace e misericordia”  (Gal. 5, 22). In altre parole, tutti coloro che seguiranno questo particolare percorso avranno la pace e la misericordia di Dio. E per coloro che girano le spalle alla volontà di Dio, le scritture dicono: “Cammineranno su sentieri duri e non conosceranno la pace” (Ps 13, 3).

Naturalmente, la pace alla quale si riferiscono gli individui, anche cristiani, di solito è una immagine contraffatta della vera pace cristiana. Vogliono imporre la propria volontà gli uni agli altri, sono indifferenti ai valori umanistici e promuovono solo i propri interessi. Ma l’egoismo non può essere il fondamento della vera pace. E la violazione della legge di Dio è la causa prima dell’assenza di pace. Siamo sicuri che in tutte le altre religioni la pace si basa su una infrastruttura simile. La religione è la manifestazione più alta della vita dell’uomo e può essere a servizio unicamente della causa della pace, tenendosi lontana dall’egoismo e da valori relativizzati.

E se i molti sforzi e le iniziative per promuovere la pace non hanno portato frutto e l’umanità ha sempre vissuto sotto la minaccia di una nuova guerra catastrofica, in aggiunta a tutti i conflitti locali, ciò è dovuto al fatto che interessi e criteri soggettivi entrano a far parte di tali sforzi. Così noi facciamo esperienza della guerra del terrore e del compromesso ingiusto.

Un esempio tangibile di ciò è Cipro. Una guerra ingiusta condotta da un paese di 70 milioni di abitanti – 100 volte più grande di noi – ha posto il 40% del nostro paese sotto occupazione. Da allora non abbiamo avuto guerre. E, di fatto, la Turchia ha chiamato il suo intervento sanguinario un “intervento di peace-keeping”. Il risultato di questa “pace” è: 200.000 rifugiati (40% della popolazione), a cui non è stato permesso di rimanere nelle loro case, neanche sotto l’occupazione. Seimila morti e duemila dispersi. Popolamento della parte occupata con 200.000 coloni dall’Anatolia. Saccheggio e distruzione di più di 50 delle nostre chiese – parte del patrimonio culturale europeo. Espropriazione dei nostri averi. Messa al bando di ogni libero movimento, soggiorno, acquisizione di proprietà nella  parte occupata della nostra isola. E la ragione di tutto ciò è il desiderio di conquista di Ankara. Le differenze di religione non hanno nulla a che fare con ciò. Per anni abbiamo vissuto in pace e concordia con i nostri compatrioti turco-ciprioti. E siamo certi di poterlo fare oggi. Il Presidente della Repubblica sta facendo sforzi enormi per trovare una soluzione accettabile, ma finora non c’è stata risposta da parte del regime occupante.

Non vorremmo che si pensasse che stiamo sfruttando la vostra presenza per promuovere la nostra causa. Ma come possiamo rimanere in silenzio quando, come vostri ospitanti, non possiamo portarvi a visitare la parte più importante della nostra isola? La tomba di San Barnaba, il fondatore della nostra Chiesa, il Monastero di Sant’Andrea Apostolo, Kyrenia, Famagosta, Mophou. Lasciamo a voi il compito di giudicare la situazione. Tutto ciò che vi chiediamo, in nome del nostro popolo, è di essere d’aiuto il più possibile per stabilire la vera pace a Cipro e ristabilire la giustizia e la libertà nella nostra isola.

Ribadiamo che la pace si può realizzare soltanto se i diritti umani – che tutti sostengono di osservare – sono rispettati nella pratica, e ciò vale anche per il nostro paese. Vi diamo ancora una volta il benvenuto, auguriamo il successo dei vostri lavori e un piacevole soggiorno a Cipro.

Sacra Arcidiocesi di Cipro
16 Novembre 2008.