I poveri – il Tesoro della Chiesa
È per me un grande onore, come metropolita ortodosso, avere l’opportunità di rivolgermi a voi tutti, cari fratelli e sorelle, che partecipate a questo incontro di Sant’Egidio. Mi è stato chiesto di parlare dei poveri nella loro qualità di “tesoro della Chiesa”. Penso concordiate con me sul fatto che il tema è stimolante e che l’istintiva reazione umana potrebbe essere quella di considerare piuttosto i poveri come un fardello per la società e forse persino per la Chiesa. Davvero, come Chiesa, consideriamo i poveri un “tesoro”? E se sì, perché sono un tesoro, dal momento che sappiamo esserci molti, troppi, poveri, anche nelle regioni considerate benestanti? Secondo le statistiche ufficiali del Parlamento Europeo, ci sono circa 80 milioni di poveri, solo in Europa. Perché considerare i poveri un tesoro dal momento che sappiamo che essi urlano forte per i propri diritti e contro l’ingiustizia? Perché dovremmo considerare i poveri un tesoro, dal momento che sono vulnerabili, diventano facilmente vittime di diverse forme di criminalità, e disturbano la nostra quiete?
Mentre i responsabili politici e la società potrebbero considerare i poveri un problema sociale, politico, od anche culturale, la Chiesa ci chiama a - e ci chiede di considerarli un tesoro. Questo innanzitutto perché la Chiesa non funziona secondo le regole di questo mondo. San Giovanni Crisostomo venne chiamato a rispondere, sul piano sociale, all’interrogativo sul perché Dio permetta l’esistenza dei poveri. La sua risposta è semplice e molto attuale: Dio permette l’esistenza dei poveri nel mondo perché noi possiamo praticare la virtù della misericordia. Il ben noto padre della Chiesa ci chiama a vedere nel povero Nostro Signore Gesù Cristo stesso.
San Giovanni Crisostomo non solo risponde a questo interrogativo, ma propone soluzioni molto concrete per il superamento della povertà nel contesto sociale. Predicando ad Antiochia, da giovane sacerdote, egli ha semplicemente calcolato che il 20% della popolazione fosse ricco e analogamente il 20% fosse povero, mentre il rimanente non era né povero né ricco. Secondo lui, se la popolazione benestante fosse stata disponibile a soccorrere quella povera, la povertà sarebbe scomparsa da Antiochia. Se guardiamo al nostro mondo globalizzato, ci rendiamo conto che è tanto simile all’Antiochia di San Giovanni Crisostomo ed anche che la soluzione proposta da San Giovanni è profondamente cristiana e molto attuale.
Un’altra testimonianza su come i cristiani siano chiamati a vincere la povertà ci è data da San Basilio di Cesarea. Come dignitario ecclesiastico, si trovò ad affrontare la crisi finanziaria ed economica dell’Impero Romano alla fine del IV secolo, con la quale l’attuale crisi presenta molte somiglianze. I poveri diventavano sempre più poveri, e i ricchi sempre più ricchi. Avidamente, la gente approfittava della disperata condizione dei poveri, dando loro prestiti ad alto interesse e comprando i loro ultimi beni ad un prezzo molto basso. San Basilio chiede ai ricchi, innanzitutto di non trarre profitto dalla condizione dei poveri, e poi di aiutarli, come fratelli e sorelle, a superare il periodo di crisi. Si rivolge anche ai poveri, chiedendo loro di esercitare più del solito la virtù della sobrietà e di non contrarre grossi debiti. San Basilio ritiene che anche i poveri debbano sforzarsi essi stessi di sconfiggere la propria povertà.
Ai giorni nostri, la Chiesa è chiamata a combattere il fenomeno sociale della povertà insieme a tutti gli altri soggetti che si sentono responsabili in questo campo. Il 30 settembre di quest’anno, quattro grandi istituzioni ecumeniche e diaconali europee – Eurodiaconia, Caritas Europa, la Commissione Chiesa e Società del Consiglio Europeo delle Chiese e il Segretariato della Commissione della Conferenza Episcopale della Comunità Europea (COMECE) – hanno presentato ufficialmente al Parlamento Europeo un documento intitolato “Non negare giustizia ai tuoi poveri. Proposte per combattere la povertà e l’emarginazione nell’UE”. Il documento è una risposta delle Chiese europee, associate in differenti organizzazioni ecumeniche e diaconali, all’Anno Europeo della Lotta alla Povertà e all’Esclusione Sociale, proclamato per il 2010, ma è al tempo stesso un chiaro segnale che, nei sistemi democratici, la Chiesa dovrebbe lavorare insieme ai responsabili politici per sconfiggere la povertà.
Avete visto che finora ho trattato il concetto del povero secondo il suo significato corrente, come pure avevano fatto San Giovanni Crisostomo e San Basilio di Cesarea. Ma nella Chiesa c’è un’altra dimensione della povertà, che è la povertà spirituale. Quante persone spiritualmente povere ci sono in Europa? Ovviamente, è impossibile dirlo. Quanti, di coloro che non sono considerati parte della categoria sociale dei poveri, fanno parte di quella degli spiritualmente poveri? Di nuovo, non abbiamo risposta. Ma, come membri della Chiesa di Gesù Cristo e membra del Suo Corpo spirituale che è la Chiesa, sappiamo che siamo chiamati da Nostro Signore a “portare i pesi gli uni degli altri”. E sappiamo che molti, di quanti sono considerati poveri su un piano sociale, sono spiritualmente ricchi. Certamente essi hanno qualcosa da offrire all’interno della Chiesa. Si tratta delle loro preghiere, della loro testimonianza al mondo che i valori spirituali devono sovrastare quelli materiali. All’interno della Chiesa, non c’è una netta distinzione tra chi aiuta e chi è aiutato. Ognuno ha ricevuto un dono che è finalizzato prima di tutto ad aiutare e servire gli altri.
Seguendo i principi che ho appena esposto, comprenderemo che, dal punto di vista della Chiesa, non c’è distanza tra ricchi e poveri, ed ancor più che le categorie di povero e non povero non sono così chiare se si considerano entrambi gli aspetti della povertà: quello sociale e quello spirituale. In questo senso, i poveri sono il tesoro della chiesa perché ognuno di noi, in quanto esseri umani, in quanto immagine di Dio, in quanto coloro per i quali Dio ha sacrificato Suo figlio, è tesoro della Chiesa.