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Mauro Ceruti

Philosopher, IULM University, Italy
 biografie
Se vogliamo provare a “immaginare la pace”, a ricostruire la speranza ragionevole di una pace mondiale possibile, in queste ore tragiche della storia che fanno apparire vano e illusorio questo proposito, dobbiamo partire da ciò vi è di inedito nella condizioneumana attuale. 
 
A inaugurarla è innanzitutto un radicale punto di svolta nella storia umana, sovente rimosso: l’esplosione atomica di Hiroshima, nel 1945. Essa ha manifestato una possibilità fino ad allora inconcepibile: la possibilità dell’auto-annientamento globale dell’umanità. E questa inedita possibilità ha contestualmente trasformato alla radice la condizione umana: ha generato un destino comune per tutti i popoli della Terra, tutti legati dagli stessi problemi di vita e di morte. È nata una comunità di destino planetaria.
 
Da allora a oggi, il rischio effettivo dell'auto-annientamento si è aggravato. Sono aumentate le possibilità dell’uso di armi nucleari in conflitti locali. E proprio in queste nostre ore la mInaccia si è fatta drammatica. 
 
Questa inedita possibilità di autosoppressione rende evidente l'inadeguatezza del paradigma che continua a orientare sia le relazioni fra i popoli della Terra sia le relazioni dell’umanità intera con la Terra. È il paradigma che più di ogni altro ha alimentato l’intera storia umana. È il paradigma dei "giochi a somma zero": "vinco io, perdi tu". Si tratta di "giochi" in cui una parte vince a spese delle altre, che perdono. 
 
Ma oggi, continuare questi "giochi" può essere disastroso. Gli attori dei "giochi a somma zero", in realtà, oggi possono perdere tutti. L’arma nucleare e l’impatto umano sulla biosfera rendono appunto possibile l’auto-soppressione dell’umanità. E questo è un fatto inedito. Sconvolgente. 
 
Il vero rischio è che non ci possano più essere vincitori e vinti, ma solo vinti. L’umanità oggi, per la prima volta nella sua storia, si trova “obbligata” a uscire dall’età della guerra e dello sfruttamento incondizionato dell'ambiente. Si trova “obbligata” a uscire dal paradigma dei "giochi a somma zero" (vinco io, perdi tu) per generare un paradigma dei "giochi a somma positiva" (vinco io, vinci tu). 
 
L’altro evento che rende inedita la condizione umana attuale è, infatti, l’irruzione nella storia umana di una Terra che non è passiva, che non è il quieto sfondo delle operazioni umane, ma è attiva e reattiva. Si tratta di una conseguenza dell’ingresso dell’umanità nell’era geologica: l’Antropocene. In tempi recenti e brevissimi – un paio di secoli – l’umanità non è più un mero agente biologico, ma anche geologico, con un impatto sui cicli naturali paragonabile a una forza geofisica.
 
La Terra è entrata nell’agenda politica e accomuna nello stesso destino l’umanità del pianeta. 
 
Ormai abbiamo a che fare con la Terra intera, collegata da un capo all’altro da reti materiali e immateriali, e a questa Terra intera corrisponde l’umanità intera, non più come realtà astratta o sentimentale, ma come realtà effettiva, accomunata da un destino comune, prodotto da inedite possibilità di autosoppressione, attraverso le armi nucleari o attraverso l’impatto sulla biosfera. 
 
Oggi le guerre sono doppiamente rovinose, perché non semplicemente dividono, ma disuniscono ciò che di fatto è già unito: l’umanità interconnessa e resa interdipendente dai processi di globalizzazione, destinata a condividere gli stessi pericoli e gli stessi rischi. E, quindi, la distolgono dall’affrontare, con nuovi sforzi, nuovi mezzi e nuove istituzioni sovranazionali, la strutturale vulnerabilità e le crisi complesse che la caratterizzano, generate dall’inedito aumento simultaneo di potenza tecnologica e interdipendenza. 
 
La complessità della condizione umana globale ci sfida a generare un Umanesimo che contenga in sé il senso dell’irriducibile legame di ogni cosa con ogni cosa, un umanesimo planetario, fondato sulla solidarietà degli uomini nel pianeta e per il pianeta. 
 
Un Umanesimo che riconosca che la ricerca di un nostro rapporto coevolutivo con tutti gli attori del mondo, viventi e non viventi, è la precondizione per la nostra stessa sopravvivenza, e per la possibilità di delineare un futuro vivibile e fecondo. 
 
Un umanesimo planetario può esprimere un universalismo reso concreto appunto dal destino comune che lega ormai fra loro tutti gli esseri umani, tutti i popoli del pianeta, e che lega l’umanità intera all’ecosistema globale, alla Terra e a tutte le diversità viventi e non viventi. Questo universalismo concreto non oppone la diversità all’unità. Si basa sul riconoscimento dell’unità nelle diversità umane e sul riconoscimento del valore delle diversità nell’unità umana.
 
E raccogliere la sfida di un destino comune significa raccogliere la sfida ad abitare un mondo in cui tutto è in relazione, in cui tutto è connesso. 
 
La prospettiva dell’umanesimo planetario è altresì la speranza che confida nelle capacità generative dell’umanità unita dalle fragilità che scaturiscono dai suoi stessi progressi e dalla coscienza di un destino comune. Apprendere, coltivare e diffondere una cultura di pace significa comprendere attivamente la doppia ingiunzione del nostro tempo: dobbiamo decidere la pace tra noi per salvaguardare la Terra e la pace con la Terra per salvaguardare noi stessi. 
 
Un Umanesimo nel tempo della complessità chiede di sviluppare la coscienza di una solidarietà universale, e più ancora di una fraternità universale. Sembra un paradosso parlare di fraternità nel pieno di guerre drammatiche, che rischiano di portarci sull’orlo dell’abisso… 
 
La fraternità si fonda sul sentimento di una mutua appartenenza e si vive nella coscienza di appartenere a una stessa comunità e di agire in questo senso. Ma la fraternità può essere, e lo è stata e continua a esserlo, una fraternità chiusa, che fa sentire fratelli contro qualcuno, “altro”, diverso. I nazionalismi hanno fomentato questa fraternità che separa. E sono risorti nel nostro tempo, dopo che parevano indeboliti in seguito alle catastrofi che avevano prodotto con le guerre mondiali. 
 
Smarrimento, incertezza, solitudine oggi inducono illusoriamente a cercare ancora nicchie protettive, nemici, capri espiatori. Generano chiusura, semplificazione identitaria.
 
La storia ci trascina oggi in una drammatica biforcazione: siamo sull’orlo di un oscuro precipizio. Ma, nello stesso movimento, siamo sulla soglia di un possibile strepitoso salto nel processo di umanizzazione. Non sappiamo se l’agonia nella quale siamo entrati sia l’agonia della nascita o l’agonia della morte dell’umanità. 
 
Da parte mia, continuo a ricercare le ragioni di una speranza dentro l’involucro spesso e vorticoso dell’improbabilità e dell’incertezza. La speranza che, nonostante tutto, si stia formando e riformando una coscienza planetaria, una coscienza dell’umanità, diventata, di fatto, una concreta comunità di destino. 
 
Oggi, per la prima volta nella storia dell’umanità, la fraternità si definisce in un orizzonte “concretamente universale”. Nessuno si può salvare da solo.
 
Ecco perché, in conclusione, le prospettive della pace devono oggi legarsi all’orizzonte di un umanesimo planetario.