La pace, nell'attuale momento storico anche in Asia, è diventata precaria, fragile e minacciata più che mai. Il profondo desiderio di pace è espresso dagli insegnamenti centrali di ogni religione del mondo; tuttavia, la religione stessa viene strumentalizzata e si abusa di essa per creare conflitti, diffondere la violenza e scatenare guerre. Non solo non abbiamo dato una chance alla pace, ma a quanto pare si moltiplicano intenzionalmente e sistematicamente gli sforzi per creare il terrore di guerre a pezzi con l'aiuto delle religioni. Da un lato, l'intera famiglia umana sta diventando più consapevole del fatto di essere una cosa sola, ma dall'altro lato vengono costruiti muri da gruppi etnici, razziali, religiosi, nazionalisti ed elitari.
La pace è un'impresa che si basa sulla giustizia e deriva dall'armonia costruita nella società umana. La pace non si raggiunge mai una volta per tutte, ma deve essere costruita incessantemente. L'accumulo indiscriminato di armi distruttive incita i guerrafondai a perseverare nelle guerre ed in situazioni di conflitto. Le religioni devono essere sempre più unite per affrontare questa situazione, non in uno spirito di rivalità, ma come parte integrante della società. (Purtroppo, si osserva che le religioni sembrano essere l'una contro l'altra; ad esempio, quando una religione gode di una popolazione maggioritaria, le altre religioni sono oppresse).
La pace è il frutto di molti fattori, come evidenziato dai temi che i Pontefici hanno scelto per i loro messaggi in occasione della Giornata Mondiale della Pace: ad esempio la giustizia, il perdono, la verità, il servizio disinteressato, il rispetto della libertà, la trasformazione del cuore, lo sviluppo e la solidarietà, il rispetto delle minoranze, la cura della casa comune (la salvaguardia del creato), il rispetto della coscienza di ogni persona, il rafforzamento della famiglia come cellula della società e della famiglia umana, il giusto posto della donna nella società, l’attenzione ai diritti dei bambini, il rispetto dei diritti umani, il rispetto delle culture per una civiltà dell'amore e della pace, l’impegno permanente per la pace, il rispetto della dignità di ogni persona umana, la lotta alla povertà, la libertà religiosa, la fraternità umana come via verso la pace, il superamento dell'indifferenza e della mediocrità, la nonviolenza come stile di politica per la pace, ecc.
"La religione è sempre più in primo piano nel nostro mondo di oggi, anche se a volte in modi opposti. Se da un lato molti credenti si impegnano a promuovere la pace, dall'altro c'è chi sfrutta la religione per giustificare i propri atti di violenza e di odio. “Vediamo come la guarigione e la riconciliazione siano offerte alle vittime della violenza, ma anche i tentativi di cancellare ogni traccia di memoria dell'altro"; c'è l'emergere della cooperazione religiosa globale, ma anche la politicizzazione della religione; c'è la consapevolezza della povertà endemica e della fame nel mondo, eppure la deplorevole corsa agli armamenti continua. Questa situazione richiede un appello alla nonviolenza anche in Asia, un rifiuto della violenza in tutte le sue forme" (come citato nell'articolo dell'arcivescovo Felix Machado in Building a Culture of Compassion, a cura del cardinale Miguel Angelo Ayuso, Urbaniana University Press, Roma, 2020).
Riflettendo sulle violenze ad opera di comunità, che si verificano in molti Paesi asiatici, vorrei sottolineare che la causa principale è l'enfasi sproporzionata data alla propria identità religiosa. Parto da una domanda che Amartya Sen si pone - scosso dalla sua stessa esperienza, si chiede: "perché persone che hanno vissuto insieme pacificamente, improvvisamente si rivoltano l'una contro l'altra con una violenza che costa centinaia di migliaia di vite? I credenti in una religione hanno una sola identità, quella della loro comunità religiosa? Il credente non vive forse identità multiple, pur facendo contemporaneamente parte della comunità religiosa? Possiamo essere semplicisticamente suddivisi in base ad un'unica identità, quella della nostra appartenenza a una comunità religiosa? Il Dr. Sen conclude che questo tipo di divisione sta portando l'umanità a una miniaturizzazione in cui ognuno è imprigionato in piccole scatole strette da cui si esce solo per attaccarsi a vicenda.
Papa Francesco chiarisce il significato di mantenere l'equilibrio tra “il radicamento nella propria identità e l’apertura agli altri, per evitare l'eresia del relativismo e del fondamentalismo". L'Asia è nota per essere luogo di incontro con l'altro, attraverso i confini religiosi. Ai giorni nostri, l'Asia sta perdendo questa sua caratteristica? Se la risposta è sì, allora il dialogo tra le religioni si ridurrà solo a parole, mentre è l'azione che rivela la vera efficacia del dialogo. Secondo Papa Francesco, l'identità religiosa deve essere un'identità correttamente formata, per evitare che il dialogo interreligioso diventi un esercizio non solo infruttuoso ma anche dannoso. Quindi, la cultura dell'incontro o dell'amicizia deve essere promossa tenendo davanti a noi l'obiettivo di una società e di un mondo pacifici.
La sfida delle identità in cambiamento in Asia: con il cambiamento epocale in atto nel continente asiatico, soprattutto a causa della folle competizione per la supremazia economica, non si può trascurare il fatto che le credenze religiose ne sono influenzate. Questo cambiamento epocale influisce anche sulle convinzioni delle persone, sui loro comportamenti e sulla loro appartenenza a comunità multiple che si intersecano. Non è forse un fatto storico che ogni religione sia aperta al pluralismo, al dialogo e all'assimilazione? Ma ritengo che l'isolamento di qualsiasi religione in una società multireligiosa sia una svolta pericolosa. Non è forse vero che “l’obiettivo del dialogo è stabilire amicizia, pace, armonia e condividere valori ed esperienze morali e spirituali in uno spirito di verità e amore"?. (Fratelli Tutti, n. 271).
Quando gli asiatici intraprendono relazioni interreligiose, essi sanno che ogni religione è un mondo a sé stante. Le relazioni interreligiose si sviluppano meglio in un contesto di apertura agli altri credenti, di disponibilità all'ascolto e di desiderio di rispettare e comprendere gli altri nelle loro differenze (Ecclesia in Asia, n. 31). "In un mondo così lacerato dalla rivalità, dalla rabbia e dall'odio, abbiamo la vocazione privilegiata di essere segni viventi di un amore che può colmare tutte le divisioni e guarire tutte le ferite" (Henri Nouwen). Il dialogo tra le religioni si impone come una necessità per la pace. Le religioni di per sé non possono essere la causa dei conflitti, come è stato sottolineato nel XX secolo, perché le religioni sono intrinsecamente portatrici di un messaggio di pace. In Asia, infatti, le religioni hanno sempre sostenuto che i conflitti nascono nel cuore degli uomini e delle donne e le religioni hanno ispirato nei credenti l’aspirazione alla pace. Tuttavia, il fenomeno della globalizzazione, che spesso si è trasformato in neocolonialismo e mania di consumismo, è stata per i credenti una tentazione di ritirarsi nell'individualismo.
I credenti in Asia sono diventati consapevoli che il dialogo tra le religioni non può diventare un pretesto per fare proselitismo, poiché il dialogo non deve essere intrapreso per ragioni tattiche; l'onestà è imprescindibile, e la libertà di tutti è indispensabile. Il dialogo è diventato un esercizio di fiducia in cui un interlocutore in dialogo attende la risposta del suo interlocutore. Il credo religioso dell'altro viene rispettato perché la fede è accettata come dono di Dio. Il dialogo centrato sulla verità invita alla conversione (metanoia), ma la conversione non è l'obiettivo del dialogo: è un fraintendimento considerarla come un cambiamento di religione. In realtà, nessuno si converte ad una religione; tutti ci convertiamo solo a Dio. Nel dialogo tutti sono invitati a rivolgersi a Dio solo secondo la propria tradizione religiosa. Non dimentichiamo San Paolo VI, che nel corso della sua visita a Bombay, in India, dichiarò: “l'ambiente favorevole al dialogo è l'amicizia reciproca. La verità che ricerchiamo nel dialogo viene approfondita con ogni nostro interlocutore. Nessuno può pretendere di possederla come proprietà privata”.
Tuttavia, in tutte le società asiatiche e nel mondo assistiamo tristemente a una crescente polarizzazione e divisione a causa dell'odio. È urgente cercare un dialogo significativo in vista di soluzioni che diano priorità al benessere e al futuro di tutti i cittadini, soprattutto di coloro che soffrono e si sentono abbandonati a causa di conflitti, sentimenti di odio e atti di violenza. Noi, in particolare i leader religiosi qui riuniti, preghiamo per questa audacia della pace!