"Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì".
Sua Beatitudine, Arcivescovo Crisostomos di Cipro,
Venerabili Eminenze ed Eccellenze, devoti padri e popolo benedetto di Dio,
Raccolti insieme oggi attorno al Santo Altare, gustiamo, in spirito, la gioia della Comunione nel Corpo di Cristo. Avendo assolto ai compiti di questo incontro sul tema significativo della Pace tra le Nazioni, glorifichiamo "ad una voce ed con un cuore solo" il Supremo Pastore, Fonte inesauribile dell’unica ed eterna Pace. Adoriamo la Trinità e il Padre Celeste dell’Umanità. Onoriamo anche la memoria di un uomo "chiamato Matteo" che, con nuovo coraggio, fece esperienza nel profondo della sua anima della grandezza della pace e della tranquillità interiore. Seguì Gesù e divenne Apostolo ed Evangelista della Chiesa.
"Seguimi": il Signore si rivolse a Matteo il pubblicano solo con questo invito. Senza saluti, presentazioni, senza conversazione. Un solo ordine da quelle labbra che avevano predicato "Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me" (Gv 16,33). Quella ingiunzione fu in grado di operare un cambiamento immediato nell’anima spiritualmente fertile dell’altrimenti "peccatore" pubblicano.
"Ed egli si alzò e lo seguì": la reazione di Matteo fu immediata. Non chiese nulla. Non proferì parola. Non pose condizioni alla chiamata. In maniera dinamica si alzò dal suo passato. Si lasciò dietro il cammino della sua vita precedente ed avanzò con convinzione verso il suo nuovo futuro. Il suo lavoro sarà diverso. È chiamato a predicare e a considerare la presenza del Dio Redentore e Costruttore di Pace nel mondo. "Vi lascio la pace, vi do la mia pace".
Le decisioni immediate prese da Matteo il pubblicano erano volte a dare una nuova direzione al suo rapporto con se stesso, con Dio e con gli esseri umani suoi fratelli. È in questo trittico che si fonda ed è giudicata l’autenticità dell’esistenza cristiana. È su questi tre elementi, che si fonda ed è giudicata la riconciliazione e la pace interiore e il rivelarsi esterno di questa esperienza alta - in altre parole, sulla pace nella vita della gente, della società e del mondo!
Quindi la questione è la pace! Nelle Sacre Scritture Dio è caratterizzato come Dio della Pace (Is 8,6). La sua Pace non ha fine, "non c’è limite alla Sua Pace" (Is 8,7). Secondo il salmista il luogo della Pace è sempre Dio. Quando la allontaniamo da Lui, tutto è distorto. San Gregorio il Teologo scrive che la virtù della pace sgorga dalla Santa Trinità. La condizione di pace è un elemento essenziale per riconoscere Dio. Il Signore Gesù venne chiamato il "Signore della Pace"(2 Tess 3,16). "Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo" (Ef 2,14).
Per estensione, l’uomo, creato da Dio il costruttore di pace, è stato creato con una natura pacifica. Il suo rapporto con il Creatore, mentre era ancora nel Paradiso, era di pace assoluta. Ma dal momento in cui innalzò la bandiera egocentrica della ribellione contro di Lui contravvenendo alla Volontà Santa di Dio, questa relazione di amore fu turbata e la pace si allontanò dal cuore di argilla dell’uomo. Il ritorno della pace tra gli uomini si realizzò tramite Cristo. Lui, "nostra Pace" è venuto in umiltà sulla terra, prendendo su di sé l’insulto della Croce, perché "quelli che un tempo erano stati i lontani" fossero uniti, e abbattendo "il muro di separazione", perché fossimo riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio Suo (Rom 5, 10).
Ma la pace di Dio è diversa da quella che oggi predica il mondo. È diversa da quella agitata oggi dalla forza militare ed economica delle nazioni. È la pace che "sorpassa ogni intelligenza", "che custodirà i cuori in Cristo Gesù" (Fil 4, 7). È il frutto dello Spirito Santo ed è immagine della Pace Trinitaria Divina, che convive con l’Amore Trinitario. La superiorità di questa pace su quella del mondo trova garanzia e certezza proprio nel suo Carattere Trinitario. Questa pace trascende il tempo e il presente, mentre l’altra si arrende alla paura ed è serva della necessità.
La pace di Dio quindi non è sinonimo della pace nel mondo. Le due sono diverse per qualità. La pace del mondo può trarre enorme beneficio dalla Pace di Dio e divenire quindi realmente benefica.
Cari fratelli,
nel culto della Chiesa Ortodossa noi preghiamo incessantemente il Supremo Pastore e Signore "per la pace in tutto il mondo, la stabilità delle Sante Chiese di Dio e l’unità di tutti e di tutte". Confessiamo quindi l’esistenza di un Padre comune e predichiamo che siamo tutti parte della sua famiglia spirituale, la Chiesa. Con occhi amorevoli rivolti a tutto il mondo in tutti i tempi, noi abbracciamo i nostri fratelli nonostante le distanze e imploriamo il Signore a causa loro.
Nella stessa preghiera chiediamo di assaporare i frutti della Sua Pace - la stabilità delle Chiese locali e l’unione di tutti nella Sua Verità. In questa Verità, l’Arca Noachica della nostra Santa Chiesa naviga con determinazione sui mari salati dei tempi, verso il porto del suo Regno di unità.
L’unità, frutto dello Spirito, necessita della forza della pace. La voce dell’Apostolo delle Nazioni riecheggia incessante nei tempi "Fratelli, conservate l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace".
Vostra Beatitudine e caro fratello, Arcivescovo Crisostomos di Cipro,
Tu sei degno di ogni onore, perché insieme alla nota Comunità di Sant’Egidio ti sei impegnato in questa importante iniziativa di incontro sull’eroica e martoriata isola di Cipro. Questo gesto, unito all’incrollabile bimillenaria tradizione apostolica e accompagnato dal puro magistero dei Padri della Chiesa Ortodossa, è prova del suo carattere ecumenico. La missione ecumenica della Chiesa costituisce la sua natura e la sua tradizione. Nessuno può restare isolato o chiuso su di sé. Nessuno può tenere "la perla preziosa" del messaggio evangelico per sé. L’Unico Cristo e l’Unico Gregge è un obbligo per ciascuno di noi. "L’unità di tutti" sotto l’Unico nostro Salvatore e Signore è la nostra preghiera.
È in questo spirito che la nostra Santa Chiesa si avvicina al Dialogo Teologico e al Movimento Ecumenico. È con questo "amore, e verità, e pace" che si confronta con i problemi teologici che dividono il divino dono dell’unità dei Cristiani.
L’Unità è frutto della Grazia dello Spirito Santo (Gal 5, 22). È necessario uno sguardo d’amore per comprendere e rispettare gli altri nostri fratelli Cristiani. Questo amore è il nostro contributo alla pura Verità, con spirito di umiltà, senza compromessi, sincretismi o arroganza spirituale. È l’unico criterio che la Chiesa Ortodossa conosce, accetta e difende nel corso della sua lunghissima tradizione, come disposto dai Santi Apostoli e dai Padri Teofori dei Sette Concili Ecumenici. Il dialogo quindi, con le altre Chiese e fedi, in uno spirito di amore, verità e rispetto, costituisce il solo modo per avvicinarsi all’unità e alla pace di tutti "in comunione".
E resta il problema essenziale - Com’è possibile per noi avere la pace unificante di Dio che il nostro cuore desidera, e che la gente aspetta di vedere sui nostri volti?
La risposta è nel nostro legame con il Signore, fonte della pace. Con il rafforzarsi di questo legame e mano a mano che la nostra comunicazione con Dio diventa più completa e continua, così prende piede la pace di Dio in noi, e da noi trabocca attorno a noi. Questa pace quindi non è statica, ma dinamica. È un modo di vivere che progredisce col tempo.
Il dono della pace ci è dato da Cristo costruttore di Pace attraverso il Suo amore sacrificale. Ma sta a noi sforzarci di avvicinarci a questo dono e renderlo nostro. L’esempio di colui che un tempo era un pubblicano peccatore ed è divenuto l’Apostolo ed Evangelista Matteo è abbastanza per noi per comprendere il lavoro interiore e la forza trasformatrice di questa pace.
Che questo basti allora a provocare in noi nuovi pensieri, a farci cambiare idea, a fissare nuove priorità e nuove direzioni, per andare avanti.
"Vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi" (2 Cor 13, 11).