Cari amici della pace,
Sono stato invitato a questo congresso, dalla comunità di Sant’Egidio, come figlio del pastore evangelico Paul Schneider, che coraggiosamente e senza compromessi ha adempiuto all’annuncio di pace di Gesù di Nazareth, per questo ringrazio cordialmente.
Mio padre fu ucciso nel luglio del 1939, a soli 42 anni, nel campo di concentramento di Buchenwald, vicino Weimar, la città di Goethe e Schiller, perché non si volle piegare all’ingiustizia e alla violenza, dello stato totalitario- quale ironia della storia! Da un lato la città dell’umanità e dello spirito, e dall’altro la violenza brutale di un campo di concentramento.
Proprio lì, nel luogo dell’oppressione più pesante, della tortura e del tormento, non smise di richiamare i suoi compagni internati, attraverso la piccola finestra della sua cella, al conforto e alla speranza attraverso le parole della Bibbia e gli incoraggiamenti. Per questo fu chiamato anche “il predicatore di Buchenwald”.
Questo accadde subito prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. Cosa avrebbe detto sull’occupazione di Hitler della Polonia? Sicuramente anche su questo non avrebbe potuto tacere. Come sicuramente non avrebbe potuto stare in silenzio nella notte del pogrom del 9 novembre del 1938, quando si palesò l’ingiustizia verso i concittadini ebrei. Ma già questo non lo visse in libertà. Però lì a Buchenwald, dove subito dopo questo pogrom, quasi 10000 ebrei furono rinchiusi, subito dopo il loro arresto, mio padre invocò forte per loro la libertà. Lui oppose resistenza contro “innocui” pronunciamenti nella stampa, nei quali il capo di stato maggiore delle SA Ernst Rohmt, prendeva in giro la morale cristiana. Quando Josef Gobbels, il ministro della propaganda di Hitler, in un articolo cadde nello stesso argomento, lui prese posizione in una predica nel gennaio del 1934. Questo significava allora, nell’ancora giovane stato nazionalsocialista, avere troppo coraggio. Fu quindi trasferito per motivi disciplinari, dalla chiesa evangelica della Renania, alla quale apparteneva, che aveva a capo un nazista. Divenne allora parroco di Dickenschied e Womrath, due paesini nella zona scarsamente popolata di Hunsruck.
Là si trovò subito in contrasto, in una cittadina vicina, con un eminente membro del partito. Un giovane hitleriano sulla cui tomba era scritto “La tempesta celeste Horst Wessels”. Mio padre come pastore e responsabile per il corretto insegnamento, protestò con le parole: “Non so se nell’eternità ci sia una tempesta di nome Horst Wessel, ma Dio, il Signore benedica la tua uscita da questo tempo e il tuo ingresso nell’eternità”. Horst Wessel era un comandante delle SS assassinato, autore, dell’inno nazista “in alto la bandiera". Questa protesta gli procurò la prima carcerazione di 7 giorni nella prigione del piccolo circondario. Era parroco della “Chiesa Confessante”, un movimento dei cristiani evangelici, all’interno della chiesa evangelica ufficiale, che si orientava solo al Vangelo. Si schierò contro le azioni messe in atto dallo Stato. Perciò ogni suo passo era tenuto sotto osservazione dalla polizia segreta. Anche le sue comunità parrocchiali nell’Hunsruck seguivano la “Chiesa Confessante”.
A causa delle pure misure interne alla chiesa, che si vennero a creare e alla gestione delle comunità, fu mandato alla fine, nel carcere della Gestapo a Coblenza. Senza un atto giudiziario, fu espulso dalla Renania. Ma non poteva seguire questo ordine ingiusto. Le sue comunità parrocchiali chiedevano con insistenza il suo ritorno. Egli tornò allora, dalle comunità e predicò lì. La conseguenza fu che fu di nuovo imprigionato. E poiché aveva rifiutato l’espulsione statale dalla Renania e con questo la separazione dalle sue comunità, fu trasferito il 27 novembre del 1937 nel campo di concentramento di Buchenwald, presso Weimar.
A Buchenwald dovette lavorare duramente. Quando poi, non si inginocchiò davanti alla bandiera con la croce uncinata, il giorno del compleanno di Hitler il 20 aprile del 1938, trascorse 15 mesi, fino alla sua morte, in isolamento. Ma non abbandonò la sua fedeltà di annunciare Cristo. Il 18 luglio del 1939, dopo lunghe e pesanti torture, fu ucciso dal medico del campo con una iniezione sovra dosata di Strophanthin.
Il corpo di mio padre poté essere recuperato a Buchenwald entro le 24 ore. Questa fu un’assoluta eccezione. Mio padre che volle restare fedele alle sue comunità, tornò quindi a casa, da loro.
Per il suo funerale, vennero a Hunsruck cristiani da tutta la Germania, 200 pastori con la talare, e una grande comunità ecumenica, unita nel dolore, riempirono il piccolo paese e il cimitero. Era presente anche la polizia segreta. I potenti si spaventarono molto, perché non si attendevano un tale evento per un semplice pastore di un paesino. I responsabili della chiesa della Renania erano in sintonia con la Gestapo quando scrivevano: che “il permesso per un tale funerale, suscita tanto scalpore, che all’estero non è passato inosservato…, e tale presenza nel luogo della sepoltura a Dickenschied, terrà sempre desto il ricordo del pastore Schneider”.
Fu una manifestazione potente. Mostrò la vittoria della vita in Cristo sulla ingiustizia e sulla morte nel mondo.
Qual è allora l’eredità di questo Paul Schneider, cosa ha da dirci oggi? In un tempo in cui proprio la spirale degli armamenti trova un nuovo impulso, e dove la guerra, il grande bisogno, la miseria spingono gli uomini in campi profughi, e portano altri a salire, nella confusione, su canotti insicuri?
Sicuramente lui non avrebbe taciuto su tutto questo. Come sua moglie, mia madre, avrebbe preso parte anche in età anziana, alle marce per la pace. Sarebbe oggi al lavoro sicuramente, per protestare pubblicamente contro il posizionamento di 20 testate atomiche. Sarebbero entrambi sorvegliati in una base militare aerea delle forze armate a Buchel sulle Ardenne, dalle forze di sicurezza americane. Dove ognuna di queste 20 bombe atomiche, che sono là posizionate, ha un effetto dirompente maggiore della bomba di Hiroshima. Ma lì c’è solo lo stormo 33 dell’aereonautica militare, che con i loro Tornado, devono portare le bombe sui loro obiettivi. E’ contemplato questo nella nostra Costituzione ?
Mio padre si sentì già interpellato negli anni 20 dal movimento di riforma. Non sarebbe, allora, oggi coinvolto nel dire un no deciso, contro la fame nel mondo e il nostro smodato consumo di carne e il nostro lusso?
Io credo di si. E invoco sempre e ovunque dei No coraggiosi, sia dove la creazione di Dio viene distrutta o anche solo disturbata.
Ancora una cosa. Nel mezzo della guerra fredda, quando i blocchi come rocce, si contrapponevano in modo accanito, da un lato il blocco dell’est e dall’altro, il cosiddetto “mondo libero”, lì il patto di Varsavia, qui la NATO, ebbe luogo nel 1954 a Lipsia nella parte, della Germania divisa, che era sotto il potere comunista, ebbe luogo, il Kirchentag ( il convegno della chiesa evangelica), sotto il motto: ” Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione,perseveranti nella preghiera” (Rom, 12,12). Fu l’ultimo Kirchentag comune, fino alla riunificazione.
Mia madre era andata a questo Kirchentag, nella speranza di poter visitare Buchenwald. Prese contatto con l’allora “Democrazia cristiana dell’est”, fu trattata in modo molto cortese e formale, fu portata fino alla piccola cella, dove mio padre soffrì così a lungo. Quando lei vide le pareti spoglie disse: “qui manca qualcosa, mio marito era un pastore, per questo ci vuole una parola della bibbia. Mia madre sentì spontaneamente le parole della II lettera ai Corinti al cap. 5 versetto 20 “In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.” Dopo poco le autorità atee della DDR, hanno posto lì queste parole. Su un’intera parete ci sono queste parole scolpite su una tavola di legno di quercia. Fino ad oggi viene attratta l’attenzione dei visitatori della cella: Chi è riconciliato con Dio, è riconciliato anche con se stesso, e non può volere del male al suo prossimo anche se oppositore. Così questa parola di riconciliazione tra due mondi nemici, e tra le religioni, resta scritta fino ad oggi, in una cella di tortura e tormento, come monito alla pace.