Parliamo del futuro dell’Europa unita, è utile proprio quest’anno rivolgere uno sguardo al passato. Nel 2017 festeggiamo i 60 anni dei “Trattati di Roma” che hanno rappresentato un passo epocale verso l’unificazione pacifica dell’Europa e hanno suggellato la fine di atroci ostilità e sanguinose contrapposizioni durate secoli. Sono stati l’inizio di un presente pienamente nuovo e pacifico, un segnale di riconciliazione, il fondamento dell’unione europea.
60 anni fa i padri fondatori dell’Europa hanno osato fare coraggiosamente questo storico passo. Uno di loro, Jean Monnet, una volta disse: “Senza visioni i popoli sono destinati alla rovina”.
I Trattati di Roma sono espressione di questa “visione” dei padri fondatori come Robert Schuman, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer- tutti cristiani democratici. Conoscevano i pericoli che l’Europa aveva davanti a sé. Lo avevano imparato a loro spese dai conflitti per i confini e per le aree di frontiera tra gli stati europei.
I padri fondatori dell’Europa trassero il giusto insegnamento dalle esperienze delle guerre e dei conflitti e scrissero un capitolo nuovo. Erano concordi nel voler togliere alle frontiere dell’Europa il carattere di separazione per poter dare una chance alla pace. Non fu tuttavia un cammino senza sconfitte, nel 1954 fallì l’accordo per la Comunità Europea di Difesa a causa della posizione dell’Assemblea Nazionale francese.
Dopo i passi indietro ci furono nuovi slanci il cui successo si manifestò con la firma dei Trattati di Roma il 25 marzo del 1957. La storia dell’integrazione europea ci ha insegnato che cadute e sconfitte non devono condurre necessariamente al fallimento. Al contrario devono incoraggiare a fare delle riforme, a migliorare e iniziare di nuovo.
Un altro esempio positivo fu la firma della “Dichiarazione di Berlino” il 25 marzo 2007, nel 50° anniversario dei Trattati di Roma. Come Presidente del Parlamento Europeo ho firmato la “Dichiarazione di Berlino”, insieme all’allora Presidente del Consiglio Europeo la cancelliera Angela Merkel e il Presidente della Commissione Europea, Jose’ Manuel Durao Barroso. Questa dichiarazione ha preparato la strada all’Accordo di Lisbona. Anche allora la situazione era difficile; dopo la bocciatura della costituzione europea nei referendum in Olanda e in Francia, era necessario porsi la questione del futuro dell’Unione Europea stessa. Alcuni mesi più tardi, il 13 dicembre 2007, fu firmato l’Accordo di Lisbona; una testimonianza dello spirito dell’unità europea, alcuni anni dopo il fallimento del processo per una costituzione europea.
La “Dichiarazione di Berlino“ fu allora uno dei momenti chiave e il 25 marzo 2007 segnò una delle più belle esperienze della mia vita politica, una data che ancora oggi mi emoziona profondamente.
La dichiarazione inizia con queste parole “Noi cittadine e cittadini dell’Unione Europea siamo per nostra fortuna uniti.” e così si conclude:” Perché sappiamo che l’Europa è il nostro comune futuro”.
Queste parole ci ricordano quale prezioso bene sia l’Unione Europea particolarmente quando ricordiamo le passate tragedie della nostra storia europea.
Queste parole sono tuttavia anche un monito perché noi non dobbiamo considerare ciò che abbiamo raggiunto finora nell’Europa unita- la libertà e la pace, la democrazia e lo stato di diritto, i nostri valori fondamentali. – siano qualcosa di ovvio. Dobbiamo sempre lasciarci condurre dai principi della solidarietà e della sussidiarietà.
Dieci anni dopo la “Dichiarazione di Berlino” e 60 anni dopo i “Trattati di Roma”, le richieste nei confronti del progetto di unificazione europea sono enormi. Da una parte i cittadini dell’unione europea attendono protezione dai pericoli e dai rischi attuali, dall’altra aspettano la realizzazione di un futuro comune.
Vogliono protezione dal terrorismo, dalla guerra e dai conflitti ma anche dalle conseguenze negative della digitalizzazione e della globalizzazione. Sperano che l’Unione Europea costituisca un’ancora di stabilità davanti a paesi vicini che vivono situazioni di instabilità o di guerra. Tale aspettativa è oggi resa ancora più forte dall’imprevedibilità della attuale politica statunitense. Gli stati nazionali da soli sarebbero soverchiati da tutte queste aspettative e richieste.
Allo stesso tempo si attende che l’Unione Europea affronti con forza la questione del futuro, ciò significa rendere l’Europa pronta per l’era digitale e modernizzare il nostro sistema economico e sociale - nonostante i mutamenti demografici- per poterlo conservare. Infatti, solo se saremo competitivi a livello globale, potremo in futuro esprimere norme e standard di protezione globali.
C’è consenso perché venga rafforzato il ruolo dell’Unione Europea, una chiara maggioranza dei tedeschi (85%) e di europei (75%) appoggiano, per esempio, una politica di sicurezza e di difesa dell’Unione Europea, l’82% dei tedeschi e il 66% degli europei desiderano che gli stati della UE abbiano una politica estera comune.
Lo stato attuale dell’Unione viene considerato in modo critico. Si hanno dubbi rilevanti sulla sua capacità di azione. Si percepisce un senso indefinito di estraniamento e di insoddisfazione nella popolazione europea inasprito da una serie di processi negativi del recente passato: la crisi economica e i debiti di alcuni degli stati membri dell’Eurozona, la crisi dei rifugiati, i brutali attentati terroristici degli anni e dei mesi scorsi.
Il divario tra le attese sulla capacità di azione dell’Unione Europea da una parte e la realtà dall’altra minano il sostegno pubblico all’unificazione europea.
L'UE è sempre più esposta a un discorso social-nazionalista dei suoi avversari; una miscela di promesse politiche economiche e sociali insostenibili e una retorica nazionalista, spesso anche razzista.
Il referendum per la Brexit nel giugno 2016 è stato un grosso colpo per la UE. Nonostante ciò, l’uscita ormai prossima di uno dei suoi più grandi stati membri non è affatto la fine dell'UE. Gli avversari dell'Europa e dei suoi valori hanno certamente raggiunto alcuni successi straordinari. L’ascesa del loro consenso non è tuttavia inarrestabile, come hanno dimostrato le elezioni in Croazia, nei Paesi Bassi e in Francia.
Esattamente come 10 e 60 anni fa, dobbiamo trarre il giusto insegnamento dalle battute d'arresto e dalle sconfitte. Come vogliamo riformare la UE e inoltre come vogliamo parlare della UE? Per incoraggiare il dibattito la Commissione Europea ha pubblicato un Libro bianco con cinque scenari per il futuro dell'Unione e presenterà in seguito cinque documenti di riflessione che esporranno le priorità dell'UE nei prossimi anni.