Oggi è un giorno particolare e difficile, ed è per questo un'occasione particolare per incontrarci, per essere insieme e per fare memoria.
Questo 11 settembre ricorre il decimo anniversario degli attacchi terroristici su Washington e New York, che sono stati attentati di portata eccezionale, con migliaia di vittime innocenti. Giustamente se ne fa memoria oggi non solo a New York ed in America. Infatti è stato un attacco a tutti noi, e questa è stata una unanime percezione fin dai primi momenti. È stata un’aggressione ai nostri valori, che tanto più noi dobbiamo custodire, difendere, proteggere, anche e proprio nella lotta al terrorismo.
Dieci anni fa, in una manifestazione alla Porta di Brandeburgo dal titolo “ Nessun potere al terrorismo. Solidarietà con gli Stati Uniti d'America”, il Presidente della Repubblica Johannes Rau diceva giustamente: “L'attentato era rivolto contro l'intera comunità umana. La migliore protezione contro il terrorismo, contro la violenza e contro la guerra è un ordine internazionale giusto. Il frutto della giustizia sarà la pace”.
Non è un caso che Johannes Rau abbia parafrasato la nota espressione del profeta Isaia. Proprio perché quell'attacco terroristico, come molti altri precedenti e successivi, ha rivendicato una giustificazione religiosa, è necessario fare riferimento al vero messaggio della religione, che è pieno di speranza e apportatore di salvezza. Per l'Ebraismo, per il Cristianesimo e per l'Islam la religione non dà alcuna licenza di uccidere, ma è un cammino per accogliere con gratitudine la vita, per costruirla secondo il volere di Dio e nella dignità umana.
Questo è quello che voi cercate di realizzare, ed è per questo che sono lieto che l'incontro per la pace di quest'anno abbia luogo qui nella nostra Germania, a Monaco. Pace sulla nostra terra, questo è il vostro tema e la vostra grande preoccupazione: pace, dialogo e comprensione tra popoli e culture, ma anche pace e tolleranza all'interno delle singole società e nazioni. Il vostro scopo non è in primo luogo la pace che viene ricercata attraverso compromessi politici o attraverso formule diplomatiche, per quanto possano essere di grande importanza nella via della pace, ma quello di avvicinare la pace attraverso il dialogo, la comprensione, la preghiera e la riflessione.
Il vostro fine è quello di rendere la pace più vicina attraverso il dialogo e la preghiera. È quello di avvicinare gli uni agli altri attraverso la riflessione sul vero significato delle differenti fedi religiose e delle attitudini religiose, ed io me ne felicito molto e vi incoraggio a continuare.
Le religioni mondiali possono e devono fare di più per questa questione centrale per l'umanità tutta, e anche per questo ho voluto essere qui con voi oggi. Credo che il cammino decisivo che ci porterà alla pace sia la tessitura di un'alleanza delle culture e delle religioni. Dobbiamo vincere la competizione delle diffidenze reciproche attraverso l'alleanza nella fiducia.
So che il fatto che la Comunità di Sant'Egidio cammini già da tempo su questa strada è un segno di speranza per tutti noi, come anche il fatto che essa ricerchi la comunione tra tutti gli uomini di buona volontà di ogni cultura.
La Comunità di Sant'Egidio svolge il suo lavoro per la pace, che gode di grande considerazione a livello mondiale, su ispirazione della fede e del Vangelo, nella costante sequela al messaggio centrale della fede cristiana, che ha nel suo centro la pace e l'amore per il prossimo, fino all'amore per i nemici.
L'amore per i nemici, la beatitudine degli operatori di pace, l'aiuto del buon Samaritano per quelli che giacciono sul ciglio della strada, vittime inermi dell'aggressione, la chiamata a dare da mangiare agli affamati, a curare i malati, a visitare i prigionieri, tutti questi sono aspetti centrali del messaggio cristiano. Essi devono essere vissuti giorno per giorno nella concretezza della vita. E questo produce anche conseguenze politiche e sociali.
Tanti cristiani nel mondo pagano dolorosamente le conseguenze di questo decisivo impegno. Molto più di quanto sia noto in Europa, i cristiani sono oppressi, perseguitati, scacciati, uccisi. Anche di questo ci dobbiamo ricordare, di quanta forza possa richiedere la tolleranza, l'amore per i nemici e la riconciliazione.
Non è un caso che l'indimenticabile Giovanni Paolo II abbia scelto proprio la città di Assisi nel 1986 per invitare i rappresentanti di tutte le religioni ad una preghiera per la pace. Questa città parla di Francesco, il grande santo europeo della pace, della condivisione, della preoccupazione per i poveri, della critica alla ricchezza, all'avidità e alla cupidigia. Sono molto contento che anche papa Benedetto XVI abbia invitato nell'anniversario di tale evento ad Assisi per pregare per la pace.
Nonostante tutti gli errori che nel passato e nel presente sono stati commessi nella Chiesa, nonostante la giusta critica ad alcuni dei suoi rappresentanti, la fede cristiana è ancora viva, se riesce a condurre sempre di nuovo uomini verso comportamenti ispirati a Gesù e a Francesco, a pratiche di amore per il prossimo e per la pace ispirate a Gesù e a Francesco.
Con questo spirito anche la Comunità di Sant'Egidio ha continuato ad organizzare gli incontri mondiali per la pace. Le più importanti, le migliori e in fondo le uniche efficaci risposte all’odio e al terrorismo sono la passione per la pace, la comprensione tra le religioni, l’alleanza tra le culture e l’azione comune per il bene di tutti.
Il messaggio “pace in terra”, che gli angeli annunciarono a Betlemme, era legato all’altro, che diceva “non abbiate paura!”. Mi sembra di estrema importanza, perché gli uomini che hanno paura non sono pacifici. Gli uomini che devono temere di essere trattati ingiustamente, di essere oppressi e messi ai margini, non saranno operatori di pace. Liberare gli uomini dalla paura, questa è la strada maestra verso la pace.
Essa richiede che abbiamo cura della giustizia, dell’umanità e della correttezza, sia all’interno delle singole società che a livello internazionale.
In tutto il mondo, dal Cile ad Israele i giovani stanno dimostrando e queste proteste sono il segno di una grande indignazione, di una domanda di giustizia, di un decisivo appello all’azione. Ci ricordano a parole e nei fatti le proteste dei profeti dell’Antico Testamento ed è per questo che vorrei concludere con le parole del profeta Isaia: “Effetto della giustizia sarà la pace, frutto del diritto una perenne sicurezza”.