September 10 2012 16:30 | Mayor Seminar of Sarajevo (Hall Paul VI)
Cercare il Signore per trovare l’uomo
Dov’è il Signore?
Il rebbe di Kotzk chiese un giorno ai suoi discepoli dove si trovasse il Signore. Uno indicò in alto, verso il cielo, un altro fece notare che il Signore è ovunque. Quindi il rebbe Kotzke indicò il suo cuore e disse: “Il Signore è ovunque lo si lasci entrare…”
La domanda sul Signore, su dove si trovi e sulla Sua sostanza è molto antica, così antica come la religione ed il sentire religioso degli uomini, e quindi in un certo modo così antica come l’umanità stessa. Alle caratteristiche particolari dell’uomo appartiene la religiosità e quindi la ricerca di un Essere più alto, del Signore. Se ne potrebbe quindi desumere che uno dei compiti e delle questioni principali della religione sia proprio approfondire tale ricerca e dare delle risposte. Ma per quanto riguarda la fede ebraica sotto questo aspetto veniamo delusi. La Torah parla molto e spesso del Signore, ma se vogliamo apprendere qualcosa sulla sostanza del Signore restiamo con poche informazioni… In fondo la Torah parla sempre di quello che il Signore dice e di come agisce nel mondo, ma non del Signore stesso.
Questo non è casuale. Il rabbino Jehudah haLevi, grande maestro della Spagna del XI secolo e redattore della sua famosa opera filosofica “haKusari”, si pone questa domanda e constata: la Torah e la tradizione orale ci danno spesso un’immagine di cosa il Signore non sia! La “Torah hashlilah” – “l’insegnamento della negazione”, deve essere adottata anche nel caso di affermazioni positive sul Signore. Se la Torah afferma che il Signore è grande, ciò significa solo che Egli non è piccolo, perché cosa significa che il Signore è grande – anche un elefante e una balena sono grandi… Quando è detto che il Signore vive, ciò significa solo che Egli esiste e questo per escludere la supposizione opposta che Egli non esista.
La spiegazione di tutto ciò è filosoficamente chiara e semplice e deriva direttamente dai fondamenti della fede ebraica: il secondo e terzo dei tredici articoli di fede formulati da Maimonide recitano che c’è un solo Signore ed è incorporeo. Maimonide spiega questo nella sua opera “More Newuchim”, “Guida dei confusi”, con il fatto che ogni essere corporeo o legato alla materia è limitato e divisibile, fatto che contraddice l’idea fondamentale del Signore. Il Signore sta al di sopra del mondo da lui creato delle sue leggi! Le leggi naturali si muovono nell’ambito della materia, la materia è relativa, il nostro mondo (in senso fisico) è relativo, il Signore invece è assoluto! Noi uomini non possiamo comprendere realmente l’assoluto, ma solo come negazione del relativo, fatto che spiega che i concetti che descrivono il Signore sono intesi solo per negare il relativo ed il limite.
Uomo dove sei?
In realtà la Torah non descrive il Signore ma l’uomo. Ma non com’è bensì come dovrebbe essere, come sarebbe secondo il significato che il Signore attribuisce al termine uomo. E proprio qui incontriamo il Signore. Lì dove l’uomo è uomo nel senso migliore e più nobile!
Il Signore si manifesta nel mondo a diversi livelli. Un livello è quello della creazione, della natura meravigliosa e delle sue leggi, talvolta nella rottura di tali leggi per operare dei miracoli. Un livello più alto della manifestazione del Signore si trova nella sostanza dell’uomo. L’uomo è stato creato a immagine del Signore, gli sono state date qualità divine che lo distanziano dall’intero mondo animale avvicinando e lasciando avvicinare il Signore, come constata il re Davide nei salmi: (capitolo 8) “Davvero l’hai fatto poco meno di un dio”. Qui non si intende naturalmente l’aspetto fisico ma l’anima. Il Talmud (Brachot 10a) spiega che l’anima assomiglia al Signore in cinque cose. L’anima completa l’uomo come il Signore fa con il mondo, essa vede e può non essere vista, così come il Signore, e ricolma l’uomo interamente di vita, così come il Signore fa con il mondo. L’anima proviene direttamente dal Signore ed è stata soffiata dal Signore nell’uomo, così come si legge nella storia della creazione. Solo quando l’uomo prende coscienza delle sue possibilità divine e attinge profondamente da questo potenziale, se l’anima brilla in lui e riluce all’esterno, solo allora egli rende giustizia della sua vocazione: “ad immagine del Signore”.
La Torah ci dà l’indicazione di aggrapparci al Signore (5 Libro Mosè 4,4). Qui il Talmud pone la domanda giustificata (Ketuwot 111b), di come sia possibile aggrapparsi al Signore, visto che Egli è simile ad un fuoco che consuma (5 Libro Mosè 4,24)? I saggi spiegano che si intende: “devi camminare nelle sue vie – così come Lui è misericordioso, sii anche tu misericordioso, così com’è pietoso anche tu devi esserlo…” Il Signore viene descritto con 13 caratteristiche che in questo tempo, nella settimana prima di Rosh Hashanah, l’anno nuovo ebraico, citiamo ogni giorno nelle preghiere di Slichot (2 Libro Mosè 34,6-7). “Il Signore eterno, pieno di misericordia, pietoso, paziente, pieno di bontà e verità…” Gli attributi del Signore vengono descritti affinché noi uomini li prendiamo ad esempio e li assumiamo! Se siamo benevolenti, pazienti, premurosi e generosi con il prossimo allora siamo molto vicini al Signore! Allora seguiamo la Sua via, ci leghiamo alle Sue qualità – ci aggrappiamo a lui!
A partire da alcune affermazioni dell’insegnamento orale, della Mishnah e del Talmud possiamo sostenere questa tesi audace. Così il rabbino Chaninah ben Dosa parla nei detti dei padri (Capitolo 3, Mishnah 13) di come riconoscere in modo inconfondibile se il Signore è contento degli uomini: “Chi piace agli uomini di costui si compiace il Signore. Ma chi dispiace agli uomini, dispiace anche al Signore!” Anche il grande maestro della Mishnah Hillel descrive la religione ebraica in modo interessante nella famosa storia in cui doveva insegnare l’intero ebraismo, stando su una gamba sola, ad uno che si voleva convertire (bab. Talmud Shabbat 31a): “ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo ad altri – questa è l’intera Torah! Tutto il resto è solo una spiegazione di questo; vai e impara!” Non è un caso che i dieci comandamenti siano su due tavole: cinque comandamenti su una tavola trattano del rapporto tra gli uomini e il Signore, e gli altri cinque, sull’altra tavola, parlano del rapporto dell’uomo con il suo prossimo, che ha gli stessi diritti. Perché solo quando l’uomo incontra il suo prossimo, lì dove lo lascia entrare nel suo cuore e si unisce realmente e spiritualmente a lui; lì c’è anche il Signore!