17 Septiembre 2019 10:00 | Sala Antonio Palacios, Círculo de Bellas Artes
Intervento di Brian C. Stiller
La sofferenza, quale che sia la causa,è una tragedia umana. Oggi prenderemo in considerazione l’asse fra forza e debolezza nella rinuncia alla vita per la fede. Come seguace di Cristo mi unisco a voi nella riflessione su coloro che per difendere la fede hanno avuto la vita rovinata o, peggio,spezzata.
Tre aree di ostilità profonda.
Dall’inizio della Cristianità i seguaci di Gesù hanno sempre saputo che l’obbedienza al Vangelo avrebbe avuto un costo.
Quando cacciò i mercanti dal tempio, mettendo a repentaglio il modello economico prevalente, la reazione non si sarebbe fatta attendere.
Così succede oggi che, laddove i Cristiani denunciano la corruzione e criticano il modello economico prevalente, le loro vite sono in pericolo.
Quando Gesù contestò il potere politico o la legittimità delle istituzioni e della élite la sua denuncia profetica provocò immediatamente la reazione più violenta.
Così oggi in paesi con governi reazionari e totalitari un testimone cristiano che si erga a difesa dell’equitá nell’ordine sociale viene schiacciato.
Infine quando Gesù si pose al livello di Dio, i capi religiosi lo accusarono di blasfemia e lo condussero a morte.
Siamo al punto cruciale di credenza, fede e culto. Mentre è comprensibile che la sfida ai modelli economici o l’opposizione all’autorità politica generi la resistenza dei poteri prevalenti, tutt’altro è che la fedeltà al proprio Dio porti alla persecuzione e al martirio.
L’ostilità a una fede cristiana vivace e impegnata è inevitabile. Ma ora devo fare un’ammissione importante: io vengo dal Canada, il paese che lo US News and World Report valuta al terzo posto nella classifica della vivibilità. Dunque il martirio non fa parte della mia esperienza. Mi metto umilmente ai piedi di chi invece conosce la frusta, di chi sa cosa vuol dire affrontare la morte.
Pur con la limitazione della mia esperienza siamo qui per riflettere sull’ammonizione biblica di Cristo ad essere fedeli nella vita e nella testimonianza.
Dare un senso
Ci sono due posizioni che possiamo assumere. Una è quella di farci galvanizzare dalla lotta dei nostri fratelli e di difenderli dalle accuse nei tribunali e nei confronti dei governi e dell’opinione pubblica. Devono sapere che possono contare su di noi, che faremo di tutto per mitigare le loro sofferenze e la loro persecuzione. Alle loro famiglie tragicamente ferite dalla separazione o dalla morte dobbiamo dare ogni possibile sostegno, spirituale e materiale.
Fermo restando l’obbligo evangelico a soccorrere chi è in pericolo, c’è una seconda posizione che possiamo assumere: quella di essere controcultura rispetto alla tendenza odierna all’autoincensamento e all’interesse personale. Nel mondo domina l’istinto di autoconservazione, il porre il proprio Io sempre al primo posto. NewsWe usa il termine narcisismo, che ci viene dalla mitologia greca. Ricorderete che Narciso si innamorò della propria immagine riflessa sull’acqua.
Una revisione biblica
Di fronte all’autoincensamento dilagante, la testimonianza di chi dà la propria vita per il Vangelo è profetica. Rlleggiamo nel libro di Ebrei l’elencazione dei tanti che persero la vita
[Eb. 11]
And what more shall I say? … who through faith conquered kingdoms, administered justice, and gained what was promised; who shut the mouths of lions, quenched the fury of the flames, and escaped the edge of the sword; whose weakness was turned to strength; and who became powerful in battle and routed foreign armies. Women received back their dead, raised to life again. There were others who were tortured, refusing to be released so that they might gain an even better resurrection. Some faced jeers and flogging, and even chains and imprisonment. They were put to death by stoning; they were sawed in two; they were killed by the sword…. — the world was not worthy of them… These were all commended for their faith, yet none of them received what had been promised, since God had planned something better for us so that only together with us would they be made perfect. Heb. 11.
Che vuol dire “essere degni di loro”? È chiaro che non è facile seguire Gesù. Egli stesso ci ha avvisato molte volte.
[Mat. 5.10, 16.24]
La Croce
Nessuna sorpresa. Gesù ce lo ha detto chiaramente. Così pure S.Paolo:
Perché il messaggio della Croce è follia per quelli che periscono, ma per noi che veniamo salvati è il potere di Dio.
La croce, questo simbolo, come sarà stato visto, allora?
Per il potere militare di quei tempi essere crocefisso voleva dire essere stato condannato per sedizione, per aver cercato di rovesciare il governo. Per i regnanti era la punizione per il peggiore dei crimini, il simbolo del loro potere assoluto su chi avesse tentato di deporli.
Per la comunità degli studiosi la croce era ripugnante e assurda. Come persuadere un greco che Gesù, crocefisso dai Romani, fosse la via, la verità e la vita? Loro si aspettavano una brillante spiegazione coerente con la tradizione. La croce invece era follia.
Per i capi religiosi, secondo la legge di Mosè, un impiccato era un uomo colpito dalla maledizione divina. L’idea stessa che il Messia potesse essere messo in croce era blasfema. La croce era una pietra d’inciampo.
Un secolo fa per Nietzsche la croce era un segno di debolezza.
Oggi è un segno del mio potere, della mia autorevolezza, del mio benessere. Il simbolo e il messaggio antico della croce è stato strappato dal suo ancoraggio e trasformato in un luccichio di gioielleria, camuffando la sua realtà, la sua storia, la sua potenza e il suo richiamo.
Ma anche edulcorato e reso popolare, questo antico simbolo di una morte raccapricciante mantiene la sua potenza coinvolgente.
Esso ha due dimensioni: quella verticale descrive la venuta del Cristo nella vita, che chiamiamo incarnazione, perché è il momento in cui il Dio della creazione si fa carne e, venendo a vivere fra noi, diventa una presenza che redime.
Quella orizzontale è lo stendere le braccia, che ci fa sperimentare la realtà di essere seguaci di Gesù. Perché le sue ammonizioni e le sue promesse non sono solo parole, sono realtà. Le braccia tese sono inclusione, donazione, sofferenza, amore degli altri, che non si fermano finché il mondo intero non è nel suo abbraccio.
Riflessione
Questa riflessione sul significato della croce, su come Gesù si è incamminato verso la sua presenza minacciosa, ci permette anche di prefigurare cosa sentiremmo se oggi un martire venisse fra noi, cosa vorrebbe che noi capissimo.
Stiamo attenti a non banalizzare il significato dell’espressione “prendere la nostra croce” interpretandola come sopportazione delle cose spiacevoli che ci succedono. In realtà significa dare la vita in sacrificio, in testimonianza, in verità. Significa accettare la morte come conseguenza della fedeltà a Gesù.
Cosa sentiremmo?
Penso che verremmo riportati al Vangelo ad ascoltare il colloquio fra Gesù e il giovane che gli chiedeva come ottenere la vita eterna. Gesù rispose con i suoi due grandi comandamenti: amare Dio e amare il prossimo come noi stessi.
Il che fa scattare queste ovvie domande:
1. Che vuol dire nella vita quotidiana amare Dio con tutto il mio cuore, anima e forza?
2. Che vuol dire amare il mio prossimo come me stesso?
Sospetto che nessuno di noi qui si troverà di fronte al martirio. Ma ognuno di noi si trova quotidianamente di fronte a ciò che significa seguirlo. Martiri cristiani, che in molte occasioni e in molti luoghi sono onorati per il loro coraggio e determinazione. Oggi molti di noi cercano in vari modi di risolvere le condizioni che portano al martirio. Ci sono modi importanti in cui possiamo impegnarci, nel pressare governi, tribunali, leader politici, persino la folla e le milizie militari nel dare spazio al sacro. Con l'aiuto di Dio accelereremo quel lavoro.
Ma per la maggior parte di noi, il nostro ruolo nella testimonianza fedele dell’amore di Dio e del prossimo, potrebbe essere colto da questa preghiera di impegno del mio fratello nella fede Norm Allen:
Possa Dio benedirci con un disagio irrequieto di fronte alle risposte facili, alle mezze verità e alle relazioni superficiali, in modo che possiamo cercare la verità con coraggio e amare dal profondo dei nostri cuori.
Che Dio ci benedica con una santa rabbia per l'ingiustizia, l'oppressione e lo sfruttamento delle persone, così che possiamo lavorare instancabilmente per la giustizia, la libertà e la pace tra tutte le persone.
Che Dio ci benedica con il dono delle lacrime da versare con coloro che soffrono per il dolore, il rifiuto, la fame o la perdita di tutto ciò che hanno a cuore, in modo che possiamo allungare le mani per consolarli e trasformare il loro dolore in gioia. Amen
(Norm Allen)