Dal punto di vista della Bibbia, per la quale il mondo è la “Creazione” – l’autentica manifestazione di Colui che è Creatore onnipresente e Guida dell’Universo – qualsiasi degradazione non solo della persona umana ma anche del nostro ecosistema è un’offesa terribile a Dio; il mondo naturale - e soprattutto ciò che ne è l’apice, il genere umano – rivela la sua gloria e la sua benevolenza, e gli dà testimonianza.
Perciò, la presente crisi ambientale deve essere da noi considerata alla stregua di una crisi religiosa che richiede che gli uomini di religione e di fede siano in prima fila nel ricordare la nostra responsabilità, come obbligo religioso, nel proteggere e risanare il nostro ambiente – come hanno fatto l’attuale papa ed i suoi predecessori.
Inoltre, la crisi ambientale ci pone una sfida esistenziale, nella quale si gioca nientemeno che la nostra sopravvivenza, e la responsabilità verso i nostri figli e le generazioni future. Mi ricordo di un evento, più di un decennio fa, durante l’annuale conferenza del Consiglio Internazionale dell’ “International Council of Christians and Jews” (Consiglio Internazionale dei Cristiani e degli Ebrei), che verteva sul tema della giustizia. Ho dedicato parecchio tempo alla sfida posta dal degrado ambientale e della giustizia ecologica. Alla fine della mia presentazione due professoresse, specializzande in relazioni cristiano-ebraiche, mi hanno chiesto perché avessi dedicato tanto tempo a tale argomento in una conferenza ebraico-cristiana. A quanto pare, non ero stato tanto bravo nell’esporre la mia presentazione! Tuttavia ho risposto chiedendo loro: quale può essere il valore della collaborazione tra cristiani ed ebrei se non abbiamo una casa dove questa collaborazione possa avere luogo? Non è un azzardo sostenere che tutte le altre questioni, per quanto importanti possano essere, possono essere paragonate ai lavori di riparazione delle sedie sul ponte del Titanic, mentre ci stiamo dirigendo verso l’iceberg che sta per distruggerci.
C’è un antico racconto ebraico che parla di alcune persone in una barca a remi; uno di loro comincia a fare un buco sotto il proprio sedile. Gli altri gli gridano: “smettila, cosa stai facendo?” Lui risponde: “Non sono affari vostri, sto facendo il buco sotto il mio sedile, non sotto il vostro!”. Naturalmente loro rispondono: “Così affonderemo ed affogheremo tutti!” Nessuno, e sicuramente nessuna religione, possono essere moralmente esonerati da questa sfida: siamo tutti sulla stessa barca. Ed infatti il libro della Genesi dichiara che siamo qui nel giardino della Creazione affinché lo “coltivassimo e lo custodissimo”, cioè assicurassimo la sua produttività sostenibile ed il suo futuro.
Secondo l’ultimo Global Risk Report (Rapporto sui rischi globali) del Word Economic Forum (Forum economico mondiale), il fallimento nell’intraprendere azioni contro il cambiamento climatico - associato a fenomeni metereologici estremi ed alla perdita di biodiversità – è il rischio più severo tra quelli che minacciano l’umanità.
La pandemia di Covid-19 ha messo chiaramente in evidenza la “rottura” del rapporto con la natura.
Passi avanti nelle scienze, resi possibili dalla collaborazione internazionale, ci hanno aiutato a creare vaccini ed altri trattamenti che possono contribuire ad affrontare la crisi sanitaria. Ma il mondo continua ad essere vulnerabile alle pandemie.
Sia la perdita subita da vari ecosistemi, che l’incremento del commercio di specie selvatiche aumentano la probabilità che patologie possano fare il salto da animale all’uomo.
Vari studi mostrano come l’allevamento intensivo, industriale, è il fattore predominante nel riscaldamento globale e nella distruzione dell’ambiente.
L’agricoltura ed il sistema di produzione alimentare sempre più intensivi richiedono un uso sempre maggiore di terra e sono il principale fattore che spinge la deforestazione.
Ciò riduce lo spazio vitale per gli animali selvatici, il che significa che questi entrano più frequentemente in contatto con gli esseri umani, e ciò a sua volta aumenta la probabilità che agenti patogeni entrino in contatto con noi e ci infettino. Inoltre, molte malattie zoonotiche prosperano nelle condizioni di clima sempre più caldo, causato dal cambiamento climatico indotto dall’essere umano. Gli allevamenti intensivi, industriali, sono stati paragonati a pandemie generate dall’uomo in attesa di scoppiare; le grandi quantità di antibiotici che vengono consumate dagli esseri umani ne minano fortemente le resistenze, mentre le grandi quantità di ormoni somministrate a questi animali per renderli resistenti alle patologie vengono anche trattenute nella carne che poi consumiamo – e vi è una chiara associazione tra questi e l’insorgere di tumori.
Già da decenni tra gli scienziati si parlava di queste reazioni a catena innescate da danni all’ambiente, ed ora ne vediamo l’impatto nel mondo reale – questo comprende il sorgere di nuove malattie infettive, con frequenza sempre maggiore.
Con più di metà del PIL globale che deriva da industrie che dipendono dalla natura, come l’edilizia ed il settore alimentare, la necessità di azioni che salvaguardino e risanino la natura sono diventate più urgenti che mai, in quanto non solo sono necessarie per ottenere un mondo sano, ma anche per la resistenza dell’economia globale.
Sfortunatamente, la consapevolezza di questi rischi legati alla natura non sono ancora stati tradotti in azioni che possano aiutare a scongiurare pandemie future.
Nel capitolo 26 del Levitico vi è la promessa di piogge e raccolti abbondanti e di una vita lunga su questa terra come conseguenza dell’osservanza dei comandamenti di Dio, e la minaccia del contrario, se la Parola di Dio è ignorata e profanata.
Secondo Maimonide la Torah, la Bibbia Ebraica, utilizza il linguaggio degli uomini, cioè metafore, che possano essere comprese sia dai semplici che dalle persone sofisticate. Ed effettivamente molti dei commentatori rabbinici hanno saputo spiegare questo passo delle Scritture se non che esso volesse trasmettere l’idea più elevata secondo cui le nostre azioni hanno determinato conseguenze spirituali.
Vi è tuttavia chi ha notato come al giorno d’oggi possiamo comprendere questi testi in modo più letterale rispetto a prima, perché le conseguenze della condotta umana sul nostro ambiente sono in maniera impressionante più evidenti che mai.
La sete umana di guadagno, la presunzione senza limiti, l’insensibilità e la mancanza di responsabilità verso il nostro ambiente hanno inquinato e distrutto molte delle nostre risorse naturali, hanno interferito con il clima nel suo insieme, mettendo a repentaglio le piogge ed i raccolti e sono diventate una minaccia nientemeno che per il futuro di ogni vita senziente (v. il rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico http://www.ipcc.ch/ ). Inoltre, nella società moderna, un irresponsabile permissivismo senza regole ha portato non solo ad una sempre maggiore crudeltà verso la vita animale, sfruttata per il consumo umano, ma anche ad un aumento dello sfruttamento una parte sempre maggiore dell’umanità, a beneficio di gruppi molto meno numerosi di persone. Quantità impressionanti di esseri umani sono abbandonati alla povertà mentre altri vivono nell’abbondanza.
Uno studio recente ha calcolato che all’occidentale medio servono 40 ettari [100 acri] di terreno biologicamente produttivo per sostenere il suo consumo annuale di cibo, acqua, energia ed altre risorse. Tuttavia, se distribuiti omogeneamente, esistono soltanto 6 ettari [15 acri] di terra biologicamente produttiva per ognuno dei 6,5 miliardi di persone sulla terra. Ciò significa che l’occidentale medio consuma più di sette volte la sua quota di terreno disponibile. Se moltiplichiamo questo dato per centinaia di milioni di persone, si comprende bene quale sia il tributo della popolazione umana sull’ambiente.
Questi sono dati di fatto con cui devono confrontarsi le governance globali e le autorità nazionali; tuttavia, anche a noi come comunità, famiglie ed individui è posta la sfida di come impostiamo i nostri stili di vita e la nostra condotta.
Penso che a riguardo valga la pena di notare come una dieta basata sul consumo di vegetali non solo sia una risposta importante allo sfruttamento della vita senziente, al degrado dell’ambiente e di molto disagio tra la popolazione umana. Infatti, la riduzione del consumo di carne è anche urgentemente necessaria nelle società sviluppate per ridurre uno spreco che si ripercuote su altre parti del mondo. Per esempio, per produrre un chilo di carne di manzo occorre 17 volte tanta acqua quanto per produrre un chilo di grano. Un riorientamento ed un riutilizzo saggio e responsabile potrebbe darci il potere di ridurre la maggior parte della fame e della povertà che vergognosamente affliggono il nostro pianeta.
Perciò, il legame che vi è nella Bibbia tra le condizioni naturali e produttive da una parte e la nostra condotta morale dall’altra, nella nostra società contemporanea è molto attuale; da essa dipende la nostra capacità di vivere sulla nostra terra. Nel libro del Levitico, la Torah dice che il mancato adempimento della Legge Divina porterà la terra a vomitare i suoi abitanti.
Davvero la nostra capacità di vivere sulla nostra terra dipende dalla nostra capacità di osservare la parola di Dio e la sua Via.
Vorrei concludere con una citazione tratta dall’ambientalista Gus Speth che diresse il Programma di Sviluppo dell’ONU prima di diventare Preside della Facoltà di Studi Forestali ed Ambientali di Yale:
“Pensavo che i principali problemi dell’ambiente fossero la perdita della biodiversità, il collasso degli ecosistemi ed il cambiamento climatico. Pensavo che con trenta anni di buona ricerca scientifica avremmo potuto affrontare i problemi. Ma mi sbagliavo.
I principali problemi dell’ambiente sono l’egoismo, l’avidità e l’apatia… e per affrontarli abbiamo bisogno di una trasformazione spirituale e culturale, e noi scienziati non sappiamo come raggiungerla.
Ma le religioni sanno come raggiungerla, ed è proprio ciò di cui si dovrebbero occupare le religioni: della trasformazione spirituale, della promozione di valori etici positivi, che promuovano il rispetto per gli esseri umani e per la Creazione nel suo insieme – un’ecologia autenticamente umana. Di conseguenza è responsabilità di tutte le nostre tradizioni e di tutti noi quella di collaborare affinché la nostra forza sia di più che non la somma delle parti da noi espresse; così sarà possibile cambiare l’orientamento delle persone – soprattutto nel mondo occidentale - e spingerle a vivere secondo quanto insegnano le dottrine sociali – sublimi e sostenibili – delle nostre diverse tradizioni, che sono tradizioni che insegnano la modestia, l’autosufficienza, il rispetto per il benessere degli altri e per la Creazione di Dio nel suo insieme, e che operano a favore della sicurezza di noi stessi, a favore delle generazioni future, e che testimoniano la gloria dell’opera del Creatore e la Sua presenza nel nostro mondo.