Coltivare «l’audacia della Pace», in risposta all’invito della Comunità di Sant’Egidio, porta a guardare il nostro mondo con lucidità. Questo sguardo fa davvero apparire la frantumazione della famiglia umana fino al cuore stesso delle nazioni. Ora, le differenze religiose e culturali sono state spesso percepite come fermenti di divisione. Ma proprio perché noi pensiamo che esse possano invece costituire delle vie di unità diamo volentieri il nostro contributo a questo forum. Vorrei quindi sottolineare come prima cosa che questo dialogo a cui noi partecipiamo stamattina illustra in modo perfetto questa possibilità di intesa reciproca resa più facile dalla nostra sensibilità religiosa e dall’apertura a una trascendenza.
A un gruppo di giovani francofoni riuniti a Lisbona nel cuore dell’estate per le Giornate mondiali della gioventù, ho proposto proprio di considerare il dialogo come il primo strumento offerto all’ispirazione cristiana per creare e intrattenere un’amicizia sociale. Come riassume il Santo Padre Francesco in apertura dell’enciclica Fratelli Tutti, si tratta di « partire dalle mie convinzioni cristiane, che mi animano e mi nutrono, di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà. » (Fratelli Tutti 6)
Questo dialogo fraterno che mi sembra costituire la base di ogni pace richiede in primo luogo di radicarci nella creazione, la nostra casa comune. La famiglia umana, che deriva la sua origine dal progetto unico di Dio, vi si raccoglie, vi si disperde, si contende i suoi beni, si affronta in liti inutili, o costruisce dei ponti per colmare gli antagonismi… ma la fede cristiana ci mette davanti l’esempio del Cristo venuto « per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi » (Giovanni 11, 52). Su questa base si fonda la dichiarazione del Concilio Vaticano « che offre all'umanità la cooperazione sincera della Chiesa, al fine d'instaurare quella fraternità universale che corrisponda a tale vocazione. Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l'opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito. (Gaudium et Spes 3,2) ».
Dialogare nella verità
Come ho sottolineato, questa missione interroga il senso stesso del dialogo. Lo spirito del mondo infatti valorizza soprattutto disaccordi e conflitti. E troppo spesso si confonde il dialogo veritiero con un semplice scambio di opinioni, più o meno verificate. L’esigenza è quella di conoscere sé stessi, di essere onesti sulla propria identità, di sapere dove si è. Così il dialogo manifesta un’intenzione giusta, quella di cercare insieme una via che porti verso il bene comune e la risoluzione delle tensioni. Ciò si caratterizza innanzitutto per la volontà di accogliere il punto di vista dell'altro. Ma si tratta anche di dialogare per favorire l’emergere della verità, una verità che non sia solo la dura realtà, ma la verità della dignità umana. A questo scopo ciascuno deve rifiutare le manipolazioni e accettare l’apertura a una verità trascendente che, nel rispetto dei presupposti di un dialogo vero, non è incompatibile con la società pluralista a cui apparteniamo. A Bussy-Saint-Georges, non lontano da Parigi, si trova una Esplanade des Religions et des Cultures, iniziativa che non cede nulla al sincretismo ma incoraggia ciascuno a conoscere meglio la fede dell’altro per costruire la pace e l’armonia. È l’esempio di una concordia possibile e del ruolo essenziale che le religioni possono giocare.
I prossimi incontri mediterranei
Tra qualche giorno papa Francesco si recherà a Marsiglia per gli incontri mediterranei. E’ la terza tappa di questi incontri, promossi dalla Conferenza episcopale italiana, il primo dei quali a Bari nel 2020 e poi a Firenze nel 2022. La loro ambizione è attirare l’attenzione sul bacino mediterraneo e sulle cinque rive che lo costeggiano, Nordafrica, Vicino Oriente, mar Egeo e mar Nero, penisola balcanica e Europa meridionale. Cito ora il mio confratello, l’arcivescovo di Marsiglia, il Cardinale Jean-Marc Aveline che ha proposto che il terzo incontro si tenga nella sua città per proseguire un processo di riflessione e di azione che possa creare la coesione :
« Oggi i paesi del Mediterraneo devono confrontarsi con problemi sociopolitico-religiosi la cui portata oltrepassa di molto lo spazio geografico mediterraneo. Penso al conflitto tra israeliani e palestinesi, allo scontro tra sunniti e sciiti, alle tensioni tra Armenia e Turchia o tra Marocco e Algeria. Come non ricordare anche la drammatica situazione dei migranti, le difficoltà economiche e sociali in cui si trovano le popolazioni di molti paesi rivieraschi, le minacce che su tutto questo spazio vengono dai cambiamenti climatici, con tutte le problematiche ambientali che ne derivano, soprattutto l’accesso all’acqua, e ancora l’infragilimento dei rapporti tra credenti di diverse religioni »
Nel corso della settimana dal 16 al 23 settembre non si incontreranno solo un centinaio di vescovi di tutti i paesi del Mediterraneo ma anche dei giovani che accetteranno di dialogare con loro. Tra questi giovani ci saranno Israeliani e Palestinesi, Greci e Turchi, Algerini e Marocchini e altri. Ci saranno anche dei giovani migranti che parteciperanno ai lavori di questa importante riunione.
Si tratta dell’inizio di un processo: esso unirà la riflessione accademica e teologica, la cooperazione sociale, culturale e spirituale tra i paesi interessati dalla realtà delle migrazioni. Infine sarà l’avvio di una collaborazione ecclesiale volontaria tra le diocesi del Mediterraneo. Il papa, dice il cardinal Aveline, non viene a Marsiglia per farsi guardare ma perché, insieme tra noi e con lui, si guardi il Mediterraneo, le sue sfide e le speranze per il suo avvenire. Uno spazio tanto frammentato può divenire una sorgente di speranza.
La dignità di ogni uomo e di ogni donna
Qui noi condividiamo la convinzione che nessuno è inutile, soprattutto chi vive nelle periferie dell’esistenza, chi normalmente non viene riconosciuto. Non vi è qui un criterio solido per valutare la verità di un’affermazione? Secondo l’espressione di papa Benedetto XVI: « Ciascuno è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno è voluto, amato, ciascuno è necessario. » Non si affermano allora dei principi universali?
Questa coscienza della dignità di ogni individuo apre dunque la via a una cultura dell’incontro, traduzione del dialogo sul terreno della vita concreta di ciascuno attraverso un impegno personale. Di fronte all’individualismo mortifero, questo patto culturale può riconoscere a ciascuno e a ciascun gruppo, anche etnico, un posto per costruire insieme un mondo di rispetto. Ciò implica che ognuno accetti di articolare i propri interessi nel senso della difesa fondamentale del bene comune. Bisogna che le strutture politiche ed economiche siano messe al servizio del bene comune, al servizio di ogni uomo, del suo sviluppo duraturo e non per la ricerca egoista di guadagni sempre più alti ma effimeri.
Patto sociale, patto educativo globale
Insomma, la costruzione della pace sociale implica in primo luogo di riconoscere in ogni uomo e in ogni donna un prossimo da rispettare. Essa presuppone dunque l’indulgenza che io ho chiesto ai miei compatrioti di coltivare in reazione alle violenze urbane che hanno incendiato la Francia all’inizio dell’estate. Mi piace sottolineare che ciò crea un’ammirazione per l’impegno di ciascuno a servizio della costruzione di questa pace: i rappresentanti politici eletti localmente, i medici di quartiere, gli insegnanti, gli operatori sociali che non si scoraggiano, le associazioni che creano e ricreano senza sosta il tessuto sociale. A questo si lega il patto educativo globale che papa Francesco ha proposto nel tempo di scoraggiamento legato ai lockdown imposti dalla recente pandemia. Questo patto indica sette impegni fondamentali, la persona al centro di ogni percorso educativo, l’ascolto dei bambini e dei giovani, la piena partecipazione delle ragazze all’istruzione, il posto riservato alla famiglia, l’attenzione ai più poveri, la ricerca del bene comune e la protezione della casa comune.
Dare dignità all’umanità di ciascuno, indipendentemente dalle sue origini ed opinioni, è effettivamente un’attitudine essenziale dell’essere e dell’agire cristiano. Senza angelismi, si tratta di esprimere nell’amore che possiamo avere gli uni per gli altri il riconoscimento di una comune umanità, consapevole delle differenze, rispettosa delle peculiarità, preoccupata di aiutare il prossimo nel bisogno, cercando ardentemente di superare ogni divisione. Questa è la portata della sfida ma le nostre risorse spirituali sono ben fondate per poter riconoscere e incoraggiare gli sforzi là dove servono e rendere grazie per coloro che li sopportano.