La solidarietà, una parola chiave per il nostro tempo ?
1. La solidarietà, « la piccola sorella povera » dei quartieri perduti della Repubblica
Tenersi insieme, in solidum, essere solidi perché ciascuno trovi il suo posto nella società degli uomini : la solidarietà è una parola chiave in questo senso, perché oggi più che mai delle forze agiscono precisamente nel senso opposto, ed essa si trova quindi veramente malmenata.
Le persone, i gruppi, le istituzioni e la società in generale soffrono di una mancanza reale di solidarietà. Tuttavia si sono lanciate mille iniziative, si possono opporre mille progetti a queste forze, e la Comunità di Sant’Egidio stessa è un esempio dalla lunga vita a questo proposito, per manifestare questo slancio solidale incontestabile ed efficace. Tuttavia, la solidarietà è la sorella povera della famiglia umana. Numerose ragioni all’origine di questo dato di fatto, numerosi elementi di riflessione di nature diverse e di livelli diversi ne schizzano il quadro:
- l’individualismo delle società post-moderne che provoca il moltiplicarsi delle situazioni di disperazione nell’ambiente urbano e rurale (solitudine e senso di solitudine, celibato non desiderato, divorzio, abbandono, disgregazione del legame familiare),
- il ripiegamento identitario e le rivendicazioni delle proprie convinzioni, comprese quelle in seno al cristianesimo che creano tensioni in seno alle comunità di pensiero, tra le confessioni, tra le religioni, a volte coi poteri pubblici.
- la consapevolezza viva che il futuro è il luogo di una minaccia e di una sventura, più che di una felicità o di un progresso, col timore di vedere la situazione della generazione successiva conoscere una situazione meno favorevole di quella di oggi,
- la paura di una sorta di declassamento delle società, di un degrado dei sistemi e delle istanze di regolazione sociale, con il problema cruciale della possibilità del crollo del potere pubblico e della cancellazione progressiva o perfino della scomparsa dello stato, di cui alcune zone del mondo sono già teatro,
- il divario crescente tra livelli di vita dei ricchi e dei poveri, anche nei paesi del Nord, la pauperizzazione di settori della società (giovani, anziani, immigrati…), di regioni (Sahel, Africa centrale, Sud-est asiatico, …) amplificata dal senso di non padronanza dell’economia che è diventata, per certi aspetti, una specie di « economia da casinò» (J.Attali) in cui i paesi rischiano ormai il fallimento (Argentina)…
La solidarietà, sorella povera dei quartieri perduti della Repubblica, commuove per la sua forza di resistenza e per la sua resilienza. Ma l’emozione – in questo caso l’indignazione – non basta. D’altra parte il movimento degli indignati ha mostrato i suoi limiti: l’emozione manca di respiro e di spazio. In effetti dopo l’emozione viene il tempo della riflessione e dell’azione. E allora si pone immancabilmente il problema del radicamento nella durata, il problema dei finanziamenti, dell’istituzione, dei partner, degli appoggi nella città… La solidarietà è deliberatamente un problema politico.
2. La solidarietà alla prova delle istituzioni : l’esempio molto insufficiente del dialogo ecumenico e interreligioso
In realtà, dal momento in cui si prende un’iniziativa, si pone il problema dell’istituzione : chi invita al primo incontro? Dove avrà luogo l’incontro? Da 25 anni esiste il Consiglio delle Chiese Cristiane in Francia (CECEF) che riunisce le delegazioni di rappresentanti ortodossi, protestanti e cattolici. Questa istanza co-presieduta dai capi delle Chiese è un luogo istituito di incontro e di dialogo e comprende la solidarietà nel suo campo di lavoro. Oltre ai dialoghi teologici e ecclesiali abituali, oltre alle questioni di informazione e ai diversi progetti degli uni e degli altri, il CECEF propone la destinazione dell’offerta delle Chiese cristiane raccolta in occasione della Settimana di preghiera universale per l’unità dei cristiani, ogni anno dal 18 al 25 gennaio. Nel 2014, l’offerta è destinata alla solidarietà verso i cristiani d’Egitto. Il CECEF ha ricevuto a tal proposito una delegazione di cristiani egiziani di diverse confessioni e ha potuto misurare durante la sessione organizzata per questo, la realtà della situazione religiosa in questo paese. Nel 2015 l’offerta sarà destinata ad azioni legate alla salvaguardia dell’ambiente, un’altra forma di solidarietà in cui è considerata la dimensione della creazione.
Sul piano interreligioso, la Conferenza dei Responsabili dei Culti in Francia (CRCF) riunisce i responsabili cristiani (cattolici, protestanti, ortodossi), ebrei (Concistoro e Crif), ortodossi (greci, russi), buddisti e musulmani (CFCM). E la solidarietà si esprime attraverso numerosi temi che riguardano la società : dialogo tra confessioni e religioni, promozione della tolleranza, condivisione libera e in un clima di fiducia sulla situazione attuale (questioni etiche e giuridiche, attualità, antisemitismo, appuntamenti significativi come la Conferenza dell’ONU Parigi 2015 sul clima, ecc.). Le poste in gioco del lavoro di questo tipo di istanza sono numerose, ma tra di esse si può notare, a proposito del problema della solidarietà :
-Una migliore conoscenza reciproca dei diversi interlocutori e responsabili religiosi, che è importante nella costruzione del vivere-insieme, grazie in parte alla regolarità degli incontri.
-Un apprendistato del lavoro in comune e conseguentemente la facilitazione dei rapporti interpersonali e intercomunitari. Questa condivisione di un ordine del giorno e questa facilitazione dei rapporti sono elementi decisivi durante momenti di tensione o di crisi. Durante l’intervento dell’esercito israeliano a Gaza a luglio la CRCF ha così potuto diffondere un messaggio che richiamava la necessità di questo vivere-insieme e il rifiuto di importare o di strumentalizzare i termini del conflitto in Francia.
Sia nel CECEF che nel CRCF, non siamo ancora giunti a porre il problema di una visione possibile di un’azione solidale comune su questo o quel tema. E’ vero che ogni confessione e ogni religione dispone delle proprie reti di mutuo aiuto, delle sue opere e istituzioni che lavorano nei vari campi interessati (povertà, medico-sociale, immigrazione, gioventù, anziani, handicap, prigioni, missione, cooperazione, ecc.) E’ probabile che il compimento di un simile progetto, se auspicato da tutti, sia di portata simbolica molto forte.
Per il momento, si pongono due domande davanti all’insufficienza dell’esempio del dialogo interconfessionale e interreligioso :
-La realtà di queste istanze religiose di concertazione non corre il rischio di essere percepita o di comprendersi (a torto !) come la costituzione di una sorta di « fronte delle religioni » in una società che vuol essere, a ragione, laica? Questa domanda apparentemente franco-francese può anche risuonare in contesti nazionali diversi in cui la presenza delle religioni è un tema preoccupante quando diventa occasione di rivendicazioni, di riaffermazioni identitarie, e di pretese comunitariste che mettono in pericolo il bene comune e la pace sociale …
-Nei dibattiti etici che attraversano la società, le religioni legate dalla loro partecipazione a istanze comuni sono chiamate per forza a dare le stesse risposte? I dibattiti sull’immigrazione, sull’esclusione, sul matrimonio per tutti, sull’omosessualità, sulla gravidanza per conto di altri, … mostrano che le cose non stanno così. Peggio, le linee di divisione che i dogmi mantengono con virtuosismi sono superate da reali dissensi in seno alle stesse comunità e dal crollo delle certezze o dei discorsi classici. Inoltre, la solidarietà interconfessionale o interreligiosa trova a volte abbastanza presto i propri limiti.
Per concludere su questo punto, la questione della solidarietà tra religiosi si pone anche sul piano internazionale e rimanda alle missioni di quelle strutture (Conferenza delle Chiese europee, Consiglio ecumenico delle Chiese…) e alla loro capacità di mobilitare le energie sul piano locale. L’assemblea del CEC a Busan, nel novembre scorso, ha rivelato le ricchezze ma anche le fragilità di questi progetti di solidarietà, così come la loro mancanza di ecumenismo. La crisi siriana e la crisi irachena, la comparsa dello Stato islamico nel Levante, la mancanza di preparazione dei cristiani davanti a una situazione così tragica e complessa, tutto ciò mostra quanto il cammino sia ancora lungo perché le iniziative improvvisate, auto-promozionali, in poche parole maldestre e poco concertate, lascino finalmente posto a un vero spirito di solidarietà a monte di ogni azione, alla concertazione preliminare, cioè al principio stesso dell’iniziativa solidale.
3. La verità di ogni azione di solidarietà, è che tocca e rinnova in profondità sia coloro a cui è destinata che coloro che la attuano.
E’ una frase del filosofo Paul Ricoeur che illustrerà questo discorso riguardo all’azione solidale verso gli immigrati. Ma questo esempio, a dire il vero, vale per ogni altra situazione. Ecco cosa dice: « L’accoglienza degli immigrati all’epoca della crescita fa esattamente parte della storia che raccontiamo su noi stessi, a proposito dei decenni fortunati. Accoglierli oggi come concittadini a pieno titolo, almeno per la seconda generazione, è considerarli protagonisti della stessa storia che raccontiamo su noi stessi. L’intolleranza verso di loro è più di un’ingiustizia, è un non riconoscimento di noi stessi in quanto personaggio collettivo nel racconto che instaura la nostra identità narrativa. »
Così, l’atto solidale (dell’accoglienza degli immigrati, ad esempio) non ha incidenza solo su queste popolazioni ma anche sul nostro modo di vivere e comprendere la nostra storia e la nostra identità. L’atto solidale chiama dunque a un destino comune e nuovo, in modo che né i beneficiari né gli attori non sono più gli stessi ma in qualche modo sono trasformati da un riconoscimento nuovo di ciascuno. Da quel momento è importante prendere coscienza dell’impatto delle azioni solidali sulla storia in quanto tale. Esse dunque non agiscono alla periferia o ai margini delle società e della loro storia ma al loro stesso cuore, non sono solo atti suppletivi o supplementi d’anima per persone o comunità in cerca di emozioni, o di azioni che procurerebbero auto soddisfazione o buona coscienza :
Esse creano senso e segnano la vitalità di una società che impara a trasformarsi, a rinnovarsi, a cambiare viso e orizzonte. Esse preparano le identità aperte di domani a lottare contro i riflessi identitari ed egoisti di oggi.
Qui, si ricorderà che l’impegno dei giovani nelle azioni di solidarietà è un argomento pedagogico importante : ciò che avrà segnato un giovane in un tale impegno, non è in fondo (o quasi !...) il tipo di impegno, ma la sua capacità di entrare in una storia e di uscirne diverso, la presa di coscienza da parte sua che siamo tutto tranne che fissi, definitivi, fermi nelle nostre certezze e nelle nostre idee, ma chiamati senza sosta ad adattarci, ad aprirci ad altre comprensioni della nostra realtà, a scrivere una storia che non è ripetizione di quella di ieri.
Da quel punto se le promesse di trasformazione interne alle Chiese e alle comunità stesse, coinvolgono senza difficoltà – e non in punta di piedi ! – in progetti solidali comuni, si immaginano anche le promesse di trasformazione delle società in cui testimoniano … Molte azioni hanno testimoniato nel corso dei tempi di questo potere di trasformazione –di conversione- e non si tratta di valorizzare questa piuttosto che quella. Si tratta più profondamente di capire che la lotta contro la povertà, l’esclusione, la discriminazione, l’ingiustizia, l’accoglienza dello straniero, la visita al detenuto, il sostegno scolastico, l’aiuto all’handicap, la lotta per l’uguaglianza dei diritti o il sostegno alla causa ambientalista, tutti questi temi e molti altri ancora hanno a che fare con il politico e la responsabilità pubblica. Il gesto solidale è in se stesso richiesta ai poteri pubblici che sono stati manchevoli.
Questo dato di fatto pone deliberatamente la solidarietà nell’immenso campo della cittadinanza e la legittima.
4. L’appello, il digiuno, l’aiuto giuridico, il progetto di sviluppo, l’azione urgente : la solidarietà è sentinella, e dà l’allarme quando la sofferenza è troppo grande.
Una delle azioni esemplari di solidarietà del protestantesimo francese che ha lasciato un segno negli animi è quella condotta dal 1939 dalla Cimade (Comitato Inter Movimento a favore degli Evacuati), un organismo che ha accolto prima di tutto i rifugiati dell’Alsazia-Lorena che fuggivano dal nazismo, che in seguito ha nascosto e salvato gli ebrei durante la guerra, e di anno in anno ha incontrato tutte le disgrazie di questo mondo (dalla guerra d’Algeria all’esilio cileno, dai rifugiati del Vietnam ai richiedenti asilo dell’Africa sub-sahariana fino ai rifugiati d’Asia ed ora del Medio Oriente). Interviene oggi, in modo concertato e riconosciuto, nei centri di raccolta in cui sono rinchiusi, prima dell’espulsione o della procedura di regolarizzazione, tutte le persone in situazione irregolare che cercano di salvare il loro futuro venendo in Europa. Il suo rapporto annuale è una miniera di informazioni sulla situazione dei migranti in Francia, e la competenza della sua azione è riconosciuta dai poteri pubblici. E’ a modo suo una sentinella ed è il motivo per cui è in rapporto costante con molti partner e con il Ministero dell’Interno in particolare. Come non vedere nel numero crescente dei suoi volontari (credenti o no, ma spesso giovani, e particolarmente motivati) il segno di un’urgenza da affrontare che supera ampiamente i confini di un paese e anche di un continente? Come non comprendere che il problema dell’immigrazione è un tema prioritario che tocca tutti gli aspetti della società (educazione, salute, giustizia, economia, habitat, cultura, ecc.) ?
Potremmo sviluppare le stesse prospettive presentando altre azioni di solidarietà condotte dal protestantesimo europeo e francese (nei confronti dell’Africa dove le crisi centrafricana e del Mali, in particolare, sono state all’ordine del giorno delle azioni del Défap (servizio di missione franco-svizzero) e della Federazione protestante di Francia. Come non citare anche Haiti che ci impegna ormai da parecchi anni in un partenariato solidale? Come infine non evocare tutte le opere, gli stabilimenti sanitari e medico-sociali, le sue fondazioni e la rete associativa, che giocano il loro ruolo di solidarietà, ognuno con le proprie specificità, le proprie ricchezze, le proprie visioni?
Le due ultime allerte, le ultime azioni di appello che il protestantesimo ha posto in essere, le ha intraprese da una parte solo, dall’altra con partner religiosi diversi : prima di tutto, lo scorso giugno, è stata rivolta una lettera al Presidente della Repubblica per chiedergli di non intervenire nel conflitto siriano, e poi si è organizzata una conferenza stampa per lanciare il Digiuno per il Clima che Yeb Sano, cittadino delle Filippine, ha lanciato qualche settimana fa. Protestanti, cattolici, ortodossi, buddisti, musulmani, ebrei, con N. Hulot, inviato speciale del Presidente Hollande sul problema del clima, nella prospettiva della conferenza dell’ONU, COP 21, Parigi 2015 sul clima.
Vi sono personalmente impegnato come presidente della FPF.
5. Le tre domande vive rivolte alla sorella solidarietà :
In primo luogo, l’azione solidale è a colpo sicuro uno dei luoghi in cui si vive una posta in gioco di potere. Non il potere nel senso politico del termine ma nel senso simbolico: colui che « esiste » grazie a questa azione solidale o che crede di esistere, che fa scalpore e che cerca con avidità e orgoglio la prima pagina dei giornali o dei media in generale perché fa del bene, non è nella confusione tra l’”essere con gli altri” e l’ “essere per sé” ? Il principio dell’alterità non si trova umiliato dal principio di avidità che chiede sempre più immagine di sé, in una corsa vana alla prima pagina, alle citazioni più numerose sui server di comunicazione, e se possibile per le stesse persone, in una rivalità infinita ? Come se lo specchio della comunicazione diventasse più importante dell’azione, del progetto, della realtà, delle persone coinvolte …
In secondo luogo, la solidarietà rivela la fragilità dei nostri sistemi politici, e in particolare delle nostre democrazie. Nel momento in cui la stampa celebra gli “eroi dell’umanitario” (Huffington Post), nel momento in cui il solidale ha il vento in poppa, non è ora di chiedersi come siamo arrivati a questo punto? Come abbiamo potuto lasciare che tante società si disgregassero, che tante comunità umane si frammentassero, tante zone e quartieri delle nostre città si lacerassero, quasi abbandonate alla loro sorte e quasi disertate dalla Repubblica?
In terzo luogo, le religioni devono giocare il proprio ruolo, non solo sul piano spirituale, ma anche tenendo il loro posto in pubblico. Dopo tutto, le religioni non sono forse, come altre istanze simboliche, delle risorse pubbliche, delle risorse culturali e di diaconia a pieno titolo ? Come stare al servizio solidale della società senza dominarla (come chi dà lezioni) o essere rifiutati da lei (in nome di una laicità diffidente verso le religioni)?
6. Conclusione
La solidarietà è una parola chiave per il nostro tempo. Ma una chiave in un mazzo che ne implica molte altre come la responsabilità, l’impegno, la concertazione …
E’ la sorella povera della società degli uomini. Ma le sue madrine più ricche di lei, che sono la politica e l’economia, non devono disprezzarla o peggio appoggiarsi su di lei per riparare le proprie colpe.
Le Chiese e le religioni, da parte loro, fanno del loro meglio per comprenderla e aiutarla, ma restano fragili e talvolta bisticciano o si vivono come rivali …
Che ognuno nella società l’accompagni e segua la via che essa apre : vi troverà i segni di un domani possibile e di una terra ancora abitabile. Colui che si lancia nella solidarietà non è mai più solo.