UOMINI E RELIGIONI: INCONTRO INTERNAZIONALE 2009,
CRACOVIA (POLONIA)
7 settembre
MEMORIA E PROFEZIA:
L’EREDITÀ SPIRITUALE DI GIOVANNI PAOLO II
MEMORIE GIAPPONESI
(Franco Sottocornola, sx
Shinmeizan, Giappone)
1. Un incontro significativo
Come molte altre persone, ho avuto anch’io il privilegio di incontrare più volte e in diverse occasioni, Sua Santità Giovanni Paolo II. Il più indimenticabile di questi incontri fu quello che ebbe luogo nell’aprile 1989 in piazza S. Pietro. Dopo l’udienza generale, il Santo Padre incontrò personalmente alcuni ospiti. Il Ven. Furukawa, capo del Tempio buddhista Seimeizan-Schwetizer (nella città di Tamana, provincia di Kumamoto) ed io eravamo tra quegli ospiti. Di fatto, fummo i primi a cui il Santo Padre si rivolse.
In quell’occasione, ebbi il piacere di presentare al Papa il Ven. Furukawa con cui, nel 1987, nei pressi della città di Tamana, avevo dato vita al Centro di dialogo interreligioso Shinmeizan. Il Papa fu molto amichevole e stringendo tra le sue mani le mani giunte del Ven. Furukawa, parlò con noi per un po’ accogliendo i nostri doni. Tra questi, vi erano la prima traduzione italiana (fatta dal nostro Centro) del Tannisho, un classico del Buddhismo giapponese della Terra Pura commentato dal Ven. Furukawa.
Mentre il Santo Padre si volgeva verso un altro gruppo, il Ven. Furukawa mi pregò di rivolgergli un’ultima questione. Non sapendo come attirare l’attenzione del Santo Padre che si stava ormai allontanando da noi, non ebbi altra scelta che afferrare il suo braccio. Mentre egli si volgeva verso di me con uno sguardo interrogativo, io tradussi la domanda del Ven. Furukawa: “Santo Padre, perché le religioni non sono state capaci, non sono capaci, di fermare le guerre in questo nostro mondo?” Vidi i begli occhi penetranti del Papa farsi tristi, e assentendo mormorò qualcosa tra sé come se facesse a sé stesso quella domanda. Anche ora mi pare di vedere il suo sguardo triste e udire la sua silenziosa risposta all’inquietante domanda del Ven. Furukawa.
Quello stesso anno, il 1989, il Ven. Furukawa e Shinmeizan furono invitati dalla Comunità di Sant’Egidio a partecipare all’incontro internazionale “Uomini e Religioni” che si svolse a Varsavia. Dietro a quell’invito, vi è una storia.
Nel 1987 avevo invitato in Giappone S.E. Mons. Rossano - già Segretario del Segretariato per i non cristiani – perché tenesse due corsi sul dialogo interreligioso insieme al Ven. Furukawa. Quello stesso anno, la Comunità di Sant’Egidio decise di dare un seguito all’evento di Assisi (1986) iniziando la serie di incontri annuali di preghiera per la pace che stiamo celebrando anche quest’anno, qui a Cracovia. Nell’agosto dello stesso anno, inoltre, quattro membri della Comunità vennero in Giappone per partecipare al primo incontro di preghiera per la pace organizzato sul Monte Hiei per volontà del Capo supremo del Buddhismo Tendai, il Ven. Yamada Eitai.
Mons. Rossano, al tempo consigliere spirituale della Comunità di Sant’Egidio, ricordando la sua recente visita in Giappone e desideroso di coltivare la sua amicizia con noi, suggerì ai quattro giovani rappresentanti di Sant’Egidio di venire nella città di Tamana, sull’isola di Kyushu per visitare il tempio Seimeizan-Schwetizer, dove vivevo in quel tempo. Fu così che Fabio Riccardi, Alberto Quattrucci, Francesca Grande e Valeria Martano vennero al Tempio Seimeizan-Schweitzer del Ven. Furukawa e stettero con noi per alcuni giorni.
Ricordo ancora, molto bene, il primo incontro con i rappresentanti di Sant’Egidio di cui ammirai l’entusiasmo giovanile e il coraggio. Ricordo, ad esempio, come avendo saputo che in alcune isole remote della Prefettura di Nagasaki vivevano ancora gruppi di cosiddetti “cristiani nascosti”, i quattro, con alcune sommarie indicazioni che avevo dato loro e con ammirevole coraggio, riuscirono a raggiungere da soli quelli piccole isole lontane, trovare quei “cristiani nascosti” ed entrare in contatto con loro.
Prima di venire a Cracovia per prendere parte a quest’incontro internazionale, il 4 agosto ho potuto partecipare - insieme a Maria De Giorgi, confondatrice e vice direttrice del Centro Shinmeizan, che è qui con noi oggi e che fin dall’inizio ha partecipato a questi incontri, al 22° Summit interreligioso del Monte Hiei, celebrato ogni anno in continuità con il grande evento di Assisi del 1986. Quest’anno la Chiesa Cattolica era rappresentata da S.Em. il card. Jean Louis Tauran, Presidente, e da mons. Andrew Thanya-anan Vissanu, sottosegretario, del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.
Ora, come allora, i nostri ricordi ritornano agli inizi di questi incontri che ogni anno attualizzano il grande evento di Assisi del 1986 in varie città d’Europa e in Giappone, sul Monte Hiei, tenendone vivo lo spirito. Questi incontri hanno la loro radice nella decisione profetica e coraggiosa di Giovanni Paolo II di convocare i rappresentanti delle religioni mondiali per rafforzare la speranza e riunire le forze in un impegno comune di pace per «porre fine alle guerre nel nostro mondo».
Questo è uno dei primi e fondamentali obiettivi del dialogo tra le religioni: la cooperazione interreligiosa, il dialogo basato sull’amicizia e l’amore, unici valori portanti su cui è possibile costruire la ricerca comune della verità. Dialogo, prima di tutto, è, infatti, volontà, capacità e pratica del “parlare insieme” , del “cercare insieme” la soluzione ai conflitti umani, senza ricorrere alla violenza e alla guerra. Questo spirito, questa volontà, questo impegno è una rilevante parte dell’eredità spirituale di Giovanni Paolo II.
2. La visita di Giovanni Paolo II in Giappone
Quando Giovanni Paolo II venne in Giappone nel febbraio del 1981, sfortunatamente non potei incontrarlo personalmente. Proprio alcuni giorni prima del suo arrivo, ero stato eletto Superiore regionale dei Missionari Saveriani in Giappone e questioni urgenti mi impedirono di partecipare ai tre grandi eventi che segnarono la visita papale. Potei, però, non solo seguire le notizie, ma anche “sentire l’onda” del suo passaggio e, soprattutto, cogliere l’eco della straordinaria impressione che lasciò in tutto il Paese.
Tokyo
La prima tappa fu Tokyo. Il suo primo incontro con il Giappone, un Paese dove i Cristiani, tutti insieme, cattolici, protestanti e ortodossi, raggiungono appena l’1% della popolazione totale, ebbe luogo in uno stadio dove solo 7000 giovani furono ammessi. Lo stadio, naturalmente, era pieno. L’evento fu trasmesso per televisione. La maggior parte dei giapponesi vedeva per la prima volta un Papa anche solo per televisione. Nessuno avrebbe potuto prevedere la reazione che ci sarebbe stata. Una parte del programma prevedeva l’esibizione di un coro di bambini della Scuola materna che mano nella mano si muovevano in cerchio cantando canzoni polacche. Il coro e la danza erano guidate da Agnes Chang, una cantante molto popolare in quegli anni. Ad un certo punto, Giovanni Paolo II si alzò improvvisamente, scese i pochi scalini che lo separavano dall’arena e, prendendo per mano Agnes Chang e un bambino, si unì alla danza e al coro. Quella scena rubò il cuore non solo dei 7000 giovani presenti, ma anche di quanti stavano guardando la televisione e di tutto il Paese. Giovanni Paolo II aveva conquistato il cuore dei giapponesi.
Hiroshima
La tappa successiva fu Hiroshima, la città della prima bomba atomica, testimonianza viva degli orrori e dell’assurdità della guerra. Lì, il Santo Padre, dopo aver visitato il museo dell’atomica che fu sganciata sulla città il 6 agosto 1945, si rivolse non solo alle persone che si erano riunite per incontrarlo, ma al mondo intero, parlando agli americani in inglese, ai russi in russo, all’intero mondo in una dozzina di lingue, stigmatizzando le guerre e i vari conflitti, chiedendo e pregando per la fine di ogni lotta fratricida.
Per i giapponesi fu una scena inedita. Quest’uomo parlava con forza, coraggio e una misteriosa autorità a tutte le persone del mondo. La maggior parte dei giapponesi ebbe per la prima volta la percezione della ‘cattolicità’ della Chiesa di Cristo, e del ruolo mondiale del Vescovo di Roma, della sua capacità di parlare alle persone, di dialogare, di comunicare, non solo nelle molte lingue che lui conosceva, ma soprattutto, nella lingua che tutti conoscono meglio: la lingua del cuore.
Nagasaki
La terza e ultima tappa della visita fu Nagasaki. Era un giorno molto freddo. La neve, fatto raro a Nagasaki, era caduta abbondantemente. Il Papa e decine di migliaia di cattolici avevano sfidato le avversità atmosferiche e si erano riuniti in uno stadio aperto per la solenne celebrazione.
Giovanni Paolo II presiedette l’Eucaristia durante la quale, con un atto significativo e commovente, accolse nella Chiesa un gruppo di “cristiani nascosti” che ancora non avevano riconosciuto nella Chiesa cattolica la Chiesa dei loro antenati, ordinò nuovi sacerdoti e celebrò altri riti liturgici: tutti in giapponese! Questo fu un fatto inatteso e sorprendente.
Seppi, poi, da persone informate, che il Santo Padre si era preparato per mesi celebrando la Messa in giapponese nella sua cappella privata. Questa attenzione alla cultura e alla lingua del Paese ospitante commosse profondamente i cattolici giapponesi felici di sentire il Papa parlare nella loro lingua.
Non so chi preparò il viaggio del Papa, ma so che fu un vero trionfo, sebbene gran parte del successo dipese dalla capacità personale di Giovanni Paolo II di entrare in contatto con le persone, di comunicare, di toccare i cuori.
Il dialogo, infatti, è basato soprattutto sulla capacità e sull’arte di comunicare con l’altro, di far sentire l’altro in contatto con noi. A sua volta, poi, la comunicazione dipende dall’amore, quell’amore vero che tocca il cuore dell’altro ed è capace, per così dire,di colmare la distanza esistenziale che ci divide. Giovanni Paolo II fu un maestro in quest’arte della comunicazione e un esempio di “dialogo”.
3. “Ecclesia in Asia”
Dal mio punto di osservazione giapponese, vorrei ricordare un altro fatto molto significativo del pontificato di Giovanni Paolo II che ha toccato la vita della Chiesa in Giappone come delle altre Chiese d’Asia: la convocazione di assemblee speciali del Sinodo dei Vescovi dei vari continenti in preparazione al grande Giubileo dell’anno 2000. Anche questo fu un avvenimento senza precedenti.
Fui veramente impressionato dal modo in cui il Santo Padre preparò l’anno del grande Giubileo fin dall’inizio del suo pontificato, ma specialmente dal 1994. C’era qualcosa di grande nelle idee, nelle visioni e nelle profezie di questo grande Papa. Una di queste grandi idee fu appunto la convocazione dei “sinodi continentali”.
L’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Asia si tenne a Roma dal 18 aprile al 14 maggio 1998. Evidentemente, non è mia intenzione qui entrare in uno studio dettagliato della preparazione e della celebrazione del Sinodo. Ciò su cui invece vorrei mettere l’accento è la rilevanza che il tema del dialogo interreligioso ha avuto nell’Assemblea. Dei quattro temi più ricorrenti (dialogo interreligioso, inculturazione, poveri, laici), il dialogo interreligioso fu quello che in assemblea ebbe il maggior numero di interventi (22,5% del totale).
L’esortazione apostolica, “Ecclesia in Asia”, che riunì i risultati e le conclusioni raggiunte dai Vescovi nei loro dibattiti, fu personalmente presentata da Giovanni Paolo II a New Delhi il 6 novembre 1999.
L’esortazione tratta del dialogo interreligioso soprattutto al paragrafo n. 31 dove Giovanni Paolo II, dopo aver chiarito il concetto di dialogo, riafferma con forza la sua importanza e l’impegno della Chiesa Cattolica in esso riferendosi esplicitamente alla Dichiarazione “Nostra Aetate” del Concilio Vaticano II che egli chiama “la magna charta del dialogo interreligioso per il nostro tempo”. Continua, quindi, dando suggerimenti e consigli pratici per la pratica del dialogo interreligioso in Asia.
A conclusione di questo paragrafo, il Papa fa un esplicito riferimento al primo incontro interreligioso tenuto ad Assisi nel 1986, il grande evento a cui lui stesso aveva dato vita: “Un evento – afferma il Papa stesso – che mostra come gli uomini e le donne religiose, senza abbandonare le loro tradizioni, possono impegnarsi a pregare e lavorare per la pace e il bene dell’umanità”. “La Chiesa – conclude Giovanni Paolo II – deve continuare a lottare per preservare e promuovere a tutti i livelli lo spirito dell’incontro e della collaborazione tra le religioni”.
Conclusione
La mia speranza e il mio desiderio sono che, in un futuro non troppo lontano, i due principali eventi che tengono vivo lo “spirito di Assisi”, ossia gli Incontri organizzati in Europa dalla Comunità di Sant’Egidio e il Summit del Monte Hiei promosso dal Buddhismo Tendai in Giappone, possano confluire in una comune celebrazione da tenersi in Asia. E questo, non solo per tener vivo lo spirito di “Assisi 1986” ma anche la memoria del grande uomo che l’ha voluto, dando così compimento alla sua profezia: “Il dialogo è una via verso il Regno e darà sicuramente i suoi frutti anche se tempi e momenti sono riservati al Padre” (RM 57).