La via jainista per la pace, l’armonia e la giustizia sociale
Dr. Sohan Lal Jain Gandhi
Introduzione
Dal sanscrito e dall’hindi il concetto di “Dharma” è normalmente tradotto con la parola “religione”, ma in effetti non riesce ad esprimere il vero significato di questa parola. Infatti, il termine “religione” indica una fede in Dio o nelle divinità e riguarda gli atti connessi con il culto. Indica anche un apparato religioso come il cristianesimo, l’islam, etc. In questo contesto il termine “religione” sta per gruppo religioso. Al contrario “dharma” significa condotta giusta e pura ed è un termine privo di etichette. Samansuttam definisce “dharma” come la suprema positività. Le sue caratteristiche sono: (1) ahimsa (non-violenza), (2) samyama (autocontrollo), (3) tapa (austerità). Se una religione è priva di questi tre valori fondamentali della vita non può essere chiamata dharma.
Quando parlo della via jainista per la pace e l’armonia, è necessario per me spiegare fin dall’inizio che il jainismo non è una religione strutturata. È un modo di vivere che non ha obbligo di fedeltà a nessun dio. Jainista significa seguace di Jina – il supremo maestro consacrato che ha vinto sé stesso e ha ottenuto l’onniscienza (la conoscenza infinita). Egli è libero dal senso del possesso e dall’odio, e conosce la verità cosmica nella sua interezza. Secondo i jainisti è un essere liberato. Può essere Mahavira, Buddha o Siva. Il segno comune della perfezione in tutti gli esseri liberati è il totale annichilimento di tutte le forme di Kasayas (passioni). Il testo sacro del jainismo (navkar mantra) non identifica un Jina in particolare. Esso venera solo cinque tipologie di esseri spirituali che includono: (1) arahanta (coloro che hanno vinto i loro nemici interiori, quali l’ira, la passione carnale, l’inganno e l’orgoglio); (2) siddhas (anime incorporee liberate); (3) acharyas (maestri spirituali); (4) upadhyayas (maestri spirituali); (5) sadhus (tutti gli asceti del mondo).
I Jina sono anche noti come i Tirthankaras e i jainisti credono che i continenti di Bharata e Airavata dell’isola Jambu al centro dei cosmi sono governati da cicli di prosperità e sofferenza (utsarpini – metà ascendente, avasarpini – metà discendente) che consistono di sei ere (eoni) ciascuno. I ventiquattro Tirthankaras appaiono in ciascuna metà ascendente e discendente del ciclo temporale. Attualmente siamo nella quinta era della metà discendente del ciclo temporale e i ventiquattro Tirthankaras dell’attuale metà discendente sono nati nella terza e nella quarta era. Il primo Tirthankara della tradizione jainista è stato Lord Rishabh che pare sia nato nella terza era della metà discendente del ciclo temporale e gli ultimi due Tirthankaras – Lord Parsva Nath e Lord Mahavira sono nati nella quarta era della metà discendente del ciclo temporale. Lord Parsva è nato duecentocinquanta anni prima di Lord Maharavira. Il jainismo attuale è conosciuto a partire da Lord Maharavira – il 24° Tirthankara. Egli è nato nel 599 avanti Cristo durante il regno di Vaisali nella regione di Magadha (nel Bihar, in India). Era un contemporaneo di Buddha.
Il mio intervento intende presentare l’idea jainista di pace e di felicità e analizzare le cause della violenza, del cambiamento climatico e del degrado ecologico ed ambientale da una prospettiva jainista.
Il mio obiettivo è spiegare l’etica jainista della tolleranza, dell’interdipendenza, della reciprocità e del rispetto per ogni forma di vita e illustrare i suoi insegnamenti relativi alla non-violenza, al rifiuto del dispotismo e all’autocontrollo.
Il concetto jainista di pace e armonia
I jainisti credono che la causa principale dei conflitti e dei disordini del mondo attuale risieda nell’attivismo sfrenato di mente, parola e corpo. Nella mente umana può apparire dapprima un pensiero buono o cattivo. Se è controllato ed epurato dal male, la pace prevarrà naturalmente. Possiamo coesistere e crescere solamente se c’è pace. La pace che illumina la mente è un valore fondamentale per la nostra sopravvivenza, come dice il testo sacro del jainismo:
je ya Buddha aikkanta
je ya Buddha anagaya
santi tesim paithanam
bhuyanam jagai jaha
(la pace è il fondamento di tutti i Buddha – Tirthankaras- che sono venuti in questo mondo o che stanno venendo così come il fondamento di tutti gli esseri viventi è questa terra).
Quando un uomo è preso dalle quattro tenaci passioni (ira, orgoglio, inganno e bramosia) diventa aggressivo e ricorre alla violenza fisica per soddisfare i suoi desideri lussuriosi. Disordini, conflitti e guerre hanno una storia molto antica. Si dice che dall’avvento della civiltà siano state combattute più di seimila guerre, con il risultato di migliaia di morti. Abbiamo perpetuato la storia delle guerre combattute nei campi di battaglia, ma non c’è memoria delle infinite dispute e dei conflitti che abbiamo con il nostro prossimo nei rapporti reciproci.
Gli psicologi affermano che l’aggressività è l’inclinazione fondamentale dell’uomo. I semi di guerra giacciono nella mente dell’uomo, ma germogliano e crescono solo quando sono stimolati dalle passioni. È in questa fase che l’idea di armarsi appare nella mente umana e degenera fino all’uso delle armi. Quando c’è una fase di disordine il numero delle armi di distruzione di massa cresce. Quando il disordine diminuisce inizia la discussione sulla limitazione delle armi. La principale causa del disordine nel mondo è la passione imperialistica di possesso dell’uomo. Avidità di ricchezza e violenza sono intimamente connesse. Nei tempi antichi le guerre erano combattute principalmente per le donne e per la terra. L’imperialismo ideologico ed economico è uno dei principali fattori che conduce alla guerra.
In questa prospettiva diventa molto importante il principio jainista di dichiarare guerra a sé stessi e vincere sé stessi. L’anima occupa il posto più importante nel jainismo. La crescita delle passioni la ricopre di strati carmici che possono essere rimossi sopprimendo o eliminando le nostre passioni. È una sorta di guerra con sé stessi. In questo senso tutti i Tirthankaras sono i vincitori di queste battaglie spirituali. Il cuore del grande Imperatore Asoka, che combattè la guerra di Kalinga con migliaia di morti, era pieno di disgusto e di angoscia. Questo lo ha condotto alla sua battaglia interiore che lo ha trasformato in un crociato della non-violenza. La chiave jainista per il raggiungimento della pace universale risiede nella nostra abilità di superare le passioni. Quando parliamo di disarmo e di pace mondiale, dobbiamo concentrare la nostra attenzione sul decentramento del sistema economico, del potere politico e sulla violenza. Alla base della pace o dell’assenza di pace c’è la classificazione dell’uomo in tre categorie:
1. Coloro che sono molto ambiziosi, possessivi, ingiusti e che sono profondamente immersi nel pantano dell’iniquità, della bramosia e dello sfruttamento, appartengono alla prima categoria.
2. La seconda categoria consiste in quelli che sono meno ambiziosi, meno inclini al possesso delle ricchezze e credono in una condotta giusta. Essi si mantengono nel dharma e si guadagnano il proprio sostentamento con mezzi retti.
3. La terza categoria consiste nei non-violenti, in coloro che non hanno brama di possesso, nei giusti.
Sono gli appartenenti alla prima categoria di esseri umani che dichiarano guerra per soddisfare il loro desiderio di ricchezza, di sopraffazione sessuale e di potere politico. Essi producono armi. Lord Maharavira dice: “una mente viziosa, un parlare vizioso, un corpo immerso nel vizio e nella assenza di astinenza, conduce agli armamenti”.
All’epoca di Maharavira si credeva che quelli che erano uccisi in guerra o in battaglia rinascevano in paradiso. Maharavira si oppose a questa credenza. Quando Gautam gli chiese la sua opinione, egli disse: “Gautam, quelli che sostengono questo non sono nel giusto”. La successiva rinascita dell’uomo è determinata dalle sue buone o cattive azioni. Maharavira sapeva che è impossibile per il capo di un clan astenersi completamente dalla violenza, così egli stabilì per lui dodici piccoli voti. Uno di questi anuvrats (piccolo voti) dice: “non ucciderò un innocente o in altre parole non ucciderò nessuno deliberatamente”. Come capo di un clan è possibile che un uomo debba combattere una battaglia ma esso non può pretendere di rinascere in cielo solo perché è morto combattendo. È lo stato della sua anima mentre muore in battaglia che deciderà della sua prossima rinascita. Maharavira cita gli esempi di due guerrieri del suo tempo.
Uno di loro era il discepolo Varun che obbediva agli ordini della sua repubblica e del suo esercito e prese parte alla battaglia. Egli aveva fatto voto di non uccidere per primo il suo nemico. Così quando venne incitato dal suo sfidante a scoccare la freccia, egli disse:”io non colpirò per primo. Non uso un’arma contro chi non mi ha colpito”. Lo sfidante divenne furioso e lo attaccò con armi terribili, ferendolo. Ora toccava a Varun rispondere, egli prese il suo arco, scoccò la freccia e lo uccise in un colpo solo. Ma Varun era stato colpito a morte e sapeva che sarebbe presto morto. Quindi scese dal suo carro, poggiò a terra il suo arco e si inchinò a tutti gli arhats. Poi fece il voto di non mangiare e non bere fino al suo ultimo respiro. La sua anima era piena di pensieri puri quando morì. Così egli rinacque dio in cielo. Se tutti facessero voto di non colpire nessuno per primo, il mondo sarebbe risparmiato da guerre e conflitti.
Solo un piccolo voto, “non ucciderò nessuno che non mi abbia arrecato alcun danno”, può creare la pace universale nel mondo. Il jainismo esorta tutti a intraprendere una battaglia interiore contro le passioni e l’attitudine al male e ad astenersi dalle guerre verso l’esterno e dalla violenza fisica. Fare guerra a sé stessi è un atto propizio, mentre non c’è alcun beneficio dalla guerra contro gli altri. Solo chi conquista la sua anima, con la sua anima raggiunge la felicità.
Lord Maharavira dice che uno può vincere milioni di persone in una battaglia, oppure vincere sé stesso. Se mettiamo a confronto le due vittorie, comprenderemo che la vittoria suprema è quella che si raggiunge vincendo sé stessi.
I jainisti sono dell’opinione che la pace può prevalere nell’universo non attraverso le bombe atomiche o altre armi di distruzione di massa ma attraverso l’autocontrollo e la non-violenza.
L’approccio jainista alla pace e alla giustizia sociale
Come già esposto nel paragrafo precedente, sia la guerra che la pace hanno origine nell’animo dell’uomo. Per creare la pace dobbiamo iniziare a un livello personale. Se ognuno ha un’attitudine retta, raggiunge uno stato di equanimità verso tutti e si comporta in modo etico, la società sarà naturalmente libera dalla violenza. Il dott. Nathmal Tatia, uno studioso del jainismo di fama internazionale, scrive nell’introduzione al Tattvartha Sutra che i valori fondamentali sanciti dalle scritture jainiste sono: (1) non-violenza (2) rifiuto del dispotismo e del possesso. Cito le sue parole:
“La non-violenza consolida l’autonomia di vita di ogni essere umano. Il rifiuto del dispotismo consolida l’autonomia di pensiero di ogni individuo. Il rifiuto del possesso consolida l’interdipendenza di tutta l’esistenza. Se consideri che ognuno ha una vita autonoma non calpesterai il suo diritto ad esistere. Se consideri che ognuno è un individuo pensante non calpesterai il suo pensiero. Se consideri che non possiedi nulla e nessuno, non calpesterai il pianeta. Nel secondo secolo, quando il monaco-filosofo Umasvati scrisse il Tattvartha Sutra, questi principi erano l’unica strada per una pace mondiale. Oggi ancor di più. Questi sono gli unici valori che possono salvare l’umanità da azioni fatali quali la guerra, lo sfruttamento economico e la distruzione dell’ambiente”.
Secondo la dottrina jainista dell’anekanta, o non-dispotismo, la verità ha molte facce. Gli antichi profeti hanno studiato la natura della realtà che circonda l’universo e ne hanno evinto alcune affermazioni. Secondo il jainismo tutte queste affermazioni sono vere dal loro punto di vista ma sono verità parziali. Rifiutare i punti di vista proposti da altri e affermare che solo quello che diciamo noi è giusto non è solo sbagliato ma anche poco etico. I conflitti hanno origine proprio quando diveniamo dogmatici. Il dott. Tatia dice che i punti di vista sono prospettive diverse attraverso le quali un fenomeno può essere interpretato. Un altro valore fondamentale propugnato dal jainismo è il non-possesso. L’ideale è la totale astinenza da ogni forma di possesso – casa, oro, argento, animali e tutte le proprietà, ma per un capofamiglia (capo-clan) ciò non è possibile. Così Lord Mahavira chiede ai suoi fedeli di fissare un limite alla loro inclinazione al possesso. La ricchezza non è un tabù per un capofamiglia ma egli dovrebbe far voto di non arricchirsi oltre il limite che si è volontariamente imposto. Questo voto di ridurre progressivamente il possesso personale spiana la strada alla giustizia sociale. L’istinto del possedere deve essere tenuto a freno. I jainisti credono in tre componenti fondamentali del cammino spirituale: una fede retta; una conoscenza retta e una condotta retta. Solo attraverso una coscienza sincera possiamo stabilire il nostro cammino spirituale. Un seguace del jainismo deve innanzitutto conoscere queste tre componenti della verità. Un laico jainista deve conoscere anche le sette categorie della verità, che sono:
1. le anime (entità senzienti, sensibili)
2. le entità non sensibili
3. l’afflusso di particelle karmiche verso l’anima
4. il legame delle particelle karmiche con l’anima
5. l’arrestarsi dell’afflusso di particelle karmiche
6. lo svanire delle particelle karmiche
7. la liberazione dalla schiavitù mondana (karmica)
La cosa più importante per un laico jainista è coltivare una fede retta ed essere in grado di comprendere queste 7 categorie che si riferiscono alla verità. Tutto ruota intorno all’anima. Si dice che il mondo sia un infinito jivas. Ognuno deve avere una corretta conoscenza delle anime e delle entità inanimate. L’interazione tra anima e materia è la natura della vita di questo mondo. Solo attraverso l’interazione con la materia l’anima acquista la capacità di parlare, di respirare, di pensare. Altrimenti queste attività non sarebbero possibili. L’altro principio che soggiace alle categorie di verità è la legge di causa-effetto che guida l’universo attraverso il karma. I disordini sociali nascono dall’incapacità degli individui di rendersi conto che sono essi stessi responsabili dei problemi. Tutte le forme di vita presenti nel pianeta sono interdipendenti. Esiste un problema ecologico solo perché non riconosciamo la nostra interdipendenza. Una delle sutre più famose della filosofia jainista è quella delle anime che si rendono servizio l’un l’altra. Tutto ciò che vediamo su questo pianeta è sia autonomo che interdipendente. La perseveranza dell’uomo, le sue debolezze e le sue passioni sono causa ed effetto del karma. Sono queste le vie d’accesso attraverso cui il karma entra in un’anima e la lega a sè. Il mondo è dominato da quattro passioni – ira, orgoglio, inganno e avidità– che accrescono la violenza individuale e collettiva. Sono i maggiori ostacoli sulla via della pace a un livello personale e globale. La non-violenza è il solo modo di distruggere le particelle karmiche. Astenersi dalla violenza è il punto di partenza ed il valore centrale del jainismo. Possiamo concludere che la via per la pace secondo il jainismo consiste in una illimitata non-violenza, nella tolleranza incondizionata e nel rispetto per la vita. Il jainismo sostiene che tutte le forme di vita che abitano la terra sono sacre e non devono essere uccise. Riconoscere che tutte le forme di vita presenti sul pianeta sono interdipendenti –al punto che non possiamo sopravvivere se non collaboriamo- può aiutarci a raggiungere la pace nel mondo.