Il drammatico bisogno di pace dell'umanità ha suggerito a San Giovanni Paolo II, trent'anni fa, di convocare i leader religiosi e spirituali di tutto il mondo per una preghiera per la pace ad Assisi.
Oggi, trent'anni dopo, il mondo non è cambiato, la violenza e l'odio continuano a lastricare la loro strada terrificante, e crimini tremendi ci scioccano quotidianamente, giorno dopo giorno.
L'incertezza diventa sempre più una delle caratteristiche della realtà umana. L'Unione Europea, che era stata costruita con sforzo e passione allo scopo di cancellare una volta per sempre l'odio tra le nazioni europee rivali, ha mostrato negli ultimi anni seri sintomi di collasso. Quello che sembrava essere un modello ben consolidato di interazione internazionale, nel presente sta vacillando. La Brexit ne è un chiaro esempio.
Nel nome di Dio, degli individui sono pronti ad avvicinarsi ad altri esseri umani e a pugnalarli a morte. Guerre spietate continuano in molti posti del mondo, e la comunità delle nazioni si rivela completamente incapace di fermare questo dramma. Un egoismo cieco ed esacerbato continua ad essere il principale fattore decisionale della nostra attuale realtà umana.
Alcuni individui che proclamano idee razziste, fortemente nazionaliste e segregazioniste, occupano posizioni di leadership in nazioni di democrazia consolidata, così come in altre, che stanno costruendo a loro volta un contesto democratico.
L'incertezza rispetto al futuro che si prepara e l’assenza di chiare regole etiche rispettate da popoli e nazioni, costituiscono il miglior scenario per l’ascesa di leader demagogici e corrotti che impongono realtà demenziali all'interno dei loro popoli e delle loro nazioni.
Trent'anni dopo il primo incontro ad Assisi, non possiamo dire che l'umanità abbia sostanzialmente cambiato il suo atteggiamento, ma la voce che richiama alla giustizia, alla pace e all'amore tra le persone, che è emersa da allora, non è stata messa a tacere e il fuoco spirituale acceso allora ci fa riunire oggi.
Tutti gli sforzi di portare pace tra gli esseri umani sollevano immediatamente la domanda: una realtà di pace è realmente e autenticamente raggiungibile per noi? O la questione è una mera Utopia sognata da individui sensibili con una grande immaginazione ed una grande mancanza di realismo? Alla fin fine, siamo forse noi, in ultima istanza, un assai sofisticato animale incapace di superare la cruda legge darwiniana della sopravvivenza?
Per i credenti nel Dio trascendente della Bibbia, fare e perseguire la pace è una delle imprese più importanti che Dio esige da parte di ognuno. Nel libro dei Salmi al capitolo 34 (12-15) leggiamo: “Venite, figli, ascoltatemi: vi insegnerò il timore del Signore. Chi è l'uomo che desidera la vita e ama i giorni in cui vedere il bene? Custodisci la lingua dal male, le labbra da parole di menzogna. Sta' lontano dal male e fa' il bene, cerca e persegui la pace".
Da questi versetti capiamo che il raggiungimento della pace richiede un processo, in altre parole: sapere come agire nel fare il bene, nell'offrire uno stimolo e un aiuto per la moltiplicazione della pace per l'intera Umanità. Ciò richiede un arduo lavoro sulle nostre anime.
Ma che tipo di lavoro dev’essere fatto per trasformare ogni individuo e un'intera società, fornendo loro i necessari anticorpi che li rendano capaci di dominare le proprie passioni distruttive?
L'umanesimo intellettuale che ha segnato la cultura europea nel XVIII, XIX e parte del XX secolo, ha pure considerato la costruzione della pace come una delle sfide principali, che avrebbero dovuto e dovrebbero essere raggiunte attraverso un processo intellettuale. Nel 1932, l'allora appena creato Istituto Internazionale di Cooperazione Intellettuale della Lega delle Nazioni, propose ad Albert Einstein di condurre uno scambio epistolare con una personalità di propria scelta per analizzare un tema selezionato dallo stesso Einstein. Egli scelse Sigmund Freud, e il tema prescelto fu “C'è un qualche modo per allontanare l'umanità dalla minaccia della guerra?” Le lettere furono pubblicate nel 1933, a Parigi, col titolo: Warum Krieg? [Perché la guerra?]
Einstein analizza il problema della violenza o degli impulsi distruttivi nell'essere umano da diversi punti di vista. Parte dall'organizzazione politica mondiale e dai trattati che mirano ad evitare i conflitti internazionali. Una volta dimostrata la loro fragilità, finisce con la domanda su come dominare gli impulsi distruttivi che sono parte costitutiva della psiche dell'essere umano. Einstein scrive a Freud con la speranza di riceverne una qualche risposta atta a sviluppare un percorso che permetta la costruzione di un uomo civilizzato, che aborrisca la violenza.
La risposta di Freud non è ottimistica. Egli sottolinea l'importanza degli impulsi per l'essere umano, l'impulso di vita e l'impulso di morte, Eros e Thanatos. Freud conclude che attraverso un processo di civilizzazione l'essere umano può acquisire gli strumenti necessari ad essere in grado di dominare Thanatos. Ma, da un altro punto di vista, egli enfatizza i grandi problemi legati a questo processo.
Nel mondo di Freud ed Einstein la presenza di un Dio trascendente non esiste. La cultura e la civiltà sono ridotte a una decisione umana. Non c'è un altro essere, oltre l'intimo cerchio familiare dell'individuo, e la società di cui questo è parte, che richieda da lui un comportamento di giustizia e compassione.
Freud termina la sua risposta ad Einstein dicendo:
“Dei caratteri psicologici della civiltà, due sembrano i più importanti: il rafforzamento dell’intelletto, che comincia a dominare la vita pulsionale, e l’interiorizzazione dell’aggressività, con tutti i vantaggi e i pericoli che ne conseguono. Orbene, poiché la guerra contraddice nel modo più stridente a tutto l’atteggiamento psichico che ci è imposto dal processo civile, dobbiamo necessariamente ribellarci contro di essa: semplicemente non la sopportiamo più; non si tratta soltanto di un rifiuto intellettuale e affettivo, per noi pacifisti si tratta di un’intolleranza costituzionale, per così dire della massima idiosincrasia. E mi sembra che le degradazioni estetiche della guerra non abbiano nel nostro rifiuto una parte molto minore delle sue crudeltà. Quanto dovremo aspettare perché anche gli altri diventino pacifisti? Non si può dirlo, ma forse non è una speranza utopistica che l’influsso di due fattori - un atteggiamento più civile e il giustificato timore degli effetti di una guerra futura - ponga fine alle guerre in un prossimo avvenire. Per quali vie dirette o traverse non possiamo indovinarlo. Nel frattempo possiamo dirci: tutto ciò che promuove l’evoluzione civile lavora anche contro la guerra.
La saluto cordialmente e Le chiedo scusa se le mie osservazioni L’hanno delusa. Suo …”
Ottantaquattro anni dopo questi concetti sviluppati da Freud nella sua risposta ad Einstein, risulta evidente di per sé l’“attitudine culturale umana” e non il potere necessario a dominare gli impulsi distruttivi nell'essere umano. La Germania nazista ne è l'esempio più evidente. Una delle nazioni più civilizzate del suo tempo è stata trasformata da un regime di terrore in una fantastica macchina da guerra ed in un sofisticato strumento di annientamento nelle mani di governanti malati.
D'altra parte, il timore delle conseguenze di un [conflitto] futuro non è stato in passato, e non è nel presente, un reale deterrente contro la violenza e la guerra.
In accordo con la visione biblica dell'essere umano, l'unico modo in grado di dominare le pulsioni distruttive, trasformandole in costruttive, [e] consiste nello sviluppo del lavoro spirituale nell’intimo di ciascuno.
L'umanità richiede drammaticamente paradigmi di onestà, integrità, giustizia e compassione. La voce della morale deve avere molto più spazio sui media. Ogni tipo di aggressività e di attività terroristiche deve essere condannato senza alcun riguardo. Per coloro che realmente vorrebbero fare qualcosa di rilevante per avvicinare la pace alla realtà umana, devono essere considerati un peccato l'indifferenza e il non coinvolgimento nelle sofferenze del prossimo.
Una cultura senza la presenza di un esigente Dio di giustizia, in cui le regole e i valori da prendere in considerazione per quanto riguarda i comportamenti sono oggetto di relativismo, sarà incapace di sviluppare un’autentica realtà di pace.
Dal versetto 19,2 del Levitico impariamo una cosa molto importante su ciò che è necessario per costruire una società di pace e spiritualità. Il versetto dice: (Versione di Re Giacomo (KJV) :
“Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il SIGNORE, vostro Dio, sono santo”.
Mosè, e sicuramente molti altri nel popolo di Israele, ebbero esperienza di purezza e santità. Il grande leader dei Figli di Israele ha avuto un dialogo particolare con Dio, giacché a quel tempo Dio aveva necessità di incaricare Mosè della missione di trasformare tutto il popolo di Israele in una società di santi. La ragione è che la presenza di un certo numero di persone rette non è sufficiente per garantire una realtà di pace. La condizione necessaria, ma non sufficiente, per costruire la pace, è quella di avere una moltitudine, una società, la maggioranza dei cui individui cerchi la pace.
Trent'anni fa, persone molto spirituali si sono radunate ad Assisi con lo scopo di coinvolgere molti altri nell'impegno di diffondere la sfida del lavoro per la pace. Essi sapevano che nella solitudine potevano avvicinarsi a Dio, ma non potevano portare a termine la missione che l'Altissimo poneva loro innanzi in quanto leader spirituali. Oggi, trent'anni dopo, il mondo permane colmo dei fantasmi di odio, fanatismo, demagogia e crudeltà. Ma, nonostante tutto questo, alcune mete molto importanti sono state raggiunte, il messaggio della Bibbia è stato trasmesso, la speranza millenaria della pace, che è il nucleo centrale delle fedi ebraica, cristiana e musulmana, continua a palpitare nei cuori di molti.