Mi è stato chiesto di partecipare a questa tavola rotonda in quanto metropolita del patriarcato ecumenico per accennare alcune parole sul concetto: L’ecumenismo della misericordia. Sono riconoscente poiché oggi possiamo coniugare questi due elementi, poiché non possiamo dimenticare l’importanza dell’Ecumenismo nei nostri giorni. È vero che abbiamo bisogno del dialogo interreligioso, ma è fondamentale non trascurare l’ecumenismo, il vero ecumenismo, quello che è vissuto profondamente. È con molto dolore che lo dico qui: abbiamo visto alcune Chiese ortodosse locali – dette patriarcati – assentarsi dal Grande Concilio Panortodosso a Creta a motivo … dell’ecumenismo! Che passo indietro!
Il titolo della riunione di oggi potrebbe forse creare confusione ad alcuni di voi. Quale potrebbe essere il rapporto tra l’ecumenismo e la misericordia? Tuttavia le due nozioni sono strettamente legate poiché nel cuore del vero ecumenismo si trova la misericordia divina, la fede che il nostro Dio è il Dio dell’amore e della Misericordia che ci chiama tutti all’unità e alla compassione. L’ecumenismo vero e autentico è un appello a tutti i fedeli di Gesù Cristo a ritrovarsi in ciò che è l’essenziale della fede cristiana che era il tesoro comune per tutti i cristiani almeno per i primi dieci secoli e che ci unisce ancora malgrado le nostre divisioni e le nostre differenze. Al cuore di questo tesoro spirituale che noi condividiamo si situa l’amore ineffabile di Dio e la sua grande misericordia. Nel culto della Chiesa Ortodossa si ripete senza sosta questa antica preghiera semplice e piena di senso: “ abbi pietà di noi o Dio secondo la tua grande misericordia, ascoltaci e abbi pietà”. E i santi della Chiesa in Oriente e in Occidente vivevano in questa filantropia di Dio che si manifesta in ogni istante e di cui la più grande rivelazione è quella dell’incarnazione e del sacrificio sulla croce. Come dice San Giovanni nel terzo capitolo del suo Vangelo “ Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, affinché chiunque creda in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio infatti non ha inviato il figlio nel mondo per condannare il mondo ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui (Gv 3, 16-17).
L’amore di Dio che si traduce in misericordia divina non è un’idea astratta o una teoria. Per i grandi santi della Chiesa questa misericordia è qualcosa di tangibile. È uno stato di grazia che riempie i cuori e le esistenze. È una conoscenza profonda della natura divina. San Silouane l’Athonita, un grande spirituale ortodosso diceva: “ Ho 72 anni, presto morirò e scrivo, per voi, della misericordia di Dio il Signore mi ha donato di conoscere attraverso lo Spirito Santo; e lo Spirito Santo mi ha insegnato ad amare tutti gli uomini. Oh! Come vorrei mettervi su una montagna alta, perché dalla sua vetta voi possiate vedere il viso dolce e misericordioso del Signore, e i vostri cuori esultino di gioia”.
La misericordia di Dio deve essere trasmessa al mondo intero attraverso i fedeli e in primo luogo dai membri del clero. San Policarpo, il vescovo di Smirne, che ha donato la sua vita come martire nel 167 dopo Cristo diceva: “i presbiteri, anche loro, devono essere compassionevoli, misericordiosi verso tutti; che riconducano tutti i dispersi che visitino tutti i malati senza dimenticare la vedova, l’orfano, il povero; ma non pensino troppo in fretta male di qualcuno e non siano rigidi nei loro giudizi, sapendo che noi siamo tutti peccatori”.
E San Gregorio di Nissa aggiungeva: “Il Signore dell’universo vuole la misericordia e non il sacrificio e la nostra compassione piuttosto che migliaia di agnelli grassi. Presentiamogli dunque la nostra misericordia attraverso le mani di questi infelici che oggi giacciono a terra, affinché il giorno in cui noi partiremo da qui, loro ci facciano entrare nelle dimore eterne, nel Cristo stesso, nostro Signore al quale appartiene la gloria per i secoli. Amen”.
Quando l’amore e la misericordia di Dio riempiono il cuore del fedele, allora il suo cuore diventa una fonte di misericordia verso tutti, senza distinzione. Ama con tutto il cuore tutti, tutta l’ecumene.
Sant’Isacco il Siro, donando il senso di un cuore misericordioso, dice tra gli altri:”Non cercare di distinguere colui che è degno da colui che non lo è. Che tutti gli uomini siano uguali ai tuoi occhi per amarli e servirli. Così tu potrai condurli tutti al bene. Il Signore non ha condiviso la tavola dei pubblicani e delle donne che erano sulla cattiva strada, senza allontanare da lui gli indegni? Così tu accorderai gli stessi benefici, gli stessi onori all’infedele, all’assassino, ancor più perché lui è un fratello per te, poiché partecipa all’unica natura umana. Ecco figlio mio un comandamento che ti dono: che la misericordia prenda sempre il tuo equilibrio fino al momento in cui tu sentirai in te la misericordia che Dio prova verso il mondo”.
Non è un caso se i Santi, loro più di altri, hanno manifestato in pensieri e parole l’amore divino e hanno espresso attraverso la loro vita esemplare la bontà di Dio, sono ammirati e accettati in quanto Santi da tutti i cristiani, anche se ufficialmente non figurino nel calendario liturgico. È il caso di San Francesco d’Assisi che ha vissuto circa 150 anni dopo lo scisma o il caso di San Serafino di Sarov, un Santo ortodosso del 18° secolo. Quello che rende questi santi così amati, anche dall’altro lato della cristianità, è che hanno potuto rappresentare, ciascuno a suo modo, ma in una maniera chiara, la grande misericordia di Dio. Sono divenuti loro stessi testimoni di questa misericordia e potevano anche dispensare l’amore e la pace di Dio non solo alle persone che si avvicinavano a loro ma anche agli animali e a tutta la creazione.
Se meditiamo un po’ il grande mistero della comunione dei Santi d’Oriente e d’Occidente, comprendiamo che i muri della separazione delle nostre chiese non arrivano fino al cielo! Mi capita a volte di dover rispondere alla domanda: “A cosa serve l’Ecumenismo?” A mio parere il fine è di aiutare i cristiani di diverse denominazioni a coesistere, a riflettere e a pregare insieme, a amarsi per rendere testimonianza insieme come cristiani e per riflettere la Luce di Cristo nel mondo, che non lo conosce più, né lo cerca più o resiste alla Sua grazia.
L’ecumenismo prende tutto il suo senso nella misericordia. Se si guardano oggi i tanti drammi che si svolgono sulla nostra terra non si può che constatare che c’è una grande urgenza di intesa e di una buona collaborazione tra cristiani per alleviare il dolore e aiutare le persone che si trovavano nel bisogno. La povertà nel terzo mondo è sempre una priorità per la quale tutti i cristiani devono lavorare mano nella mano per mostrare che la misericordia di Dio può unirci per manifestare la bontà di Dio al nostro prossimo. Inoltre non dimentichiamo il quarto mondo: i poveri e i senza tetto che diventano sempre più numerosi nelle nostre società, vittime della crisi economica. Le nostre Chiese impiantate nei paesi cosiddetti civilizzati hanno dunque un’altra sfida. È solo unendo i nostri sforzi che noi possiamo efficacemente aiutare il nostro prossimo. E cosa dire delle ondate di rifugiati? Quando si vedono migliaia di persone disperate, cacciate dai loro paesi per la guerra la violenza e la paura, noi imploriamo per alcune gocce di speranza e di dignità umane. Nell’aprile scorso un grande segno di ecumenismo e di misericordia è stato dato da sua santità Papa Francesco, sua santità il patriarca ecumenico Bartolomeo e sua Beatitudine l’Arcivescovo Geronimo di Atene. I tre prelati, uniti dalla misericordia si sono recati sull’isola di Lesbo per sensibilizzare tutti i responsabili e il mondo intero verso il dramma dei rifugiati. Sua santità Papa Francesco ha anche dichiarato dopo questa visita storica: “la grande consolazione in questi istanti così tristi, è stata la forte prossimità umana e spirituale che ho provato con il patriarca Bartolomeo e l’arcivescovo Geronimo. Guidati dallo Spirito Santo noi prendiamo sempre più coscienza che noi, cattolici e ortodossi, abbiamo una responsabilità comune verso coloro che sono nel bisogno, in obbedienza all’unico Vangelo di Gesù Cristo!. “Assumerne una tale responsabilità è un dovere che tocca la credibilità stessa del nostro essere cristiani “.
Le nostre Chiese non si identificano per ragioni storiche o sociali, sono definite dal solo fatto che il mondo è chiamato e destinato alla salvezza in Dio. Sì, la Chiesa di Cristo – qui sottolineo il bisogno di una sola Chiesa - è nel cuore del mondo! Non dimentichiamolo mai: la Chiesa è innanzitutto una comunità eucaristica e per questo è anche un miracolo perpetuo. Al di là dei nostri problemi di divisione non perdiamo mai di vista il miracolo e il mistero della Chiesa: il fatto che malgrado le nostre debolezze umane la Chiesa resti sempre Dio con noi, l’icona della Santa Trinità; essa ispira ogni nostra azione, la liturgia dopo la Liturgia, cioè la misericordia.
Essere coscienti di questo è indispensabile per trasformare la vita umana… e così cooperare alla vera misericordia.