l. Il collegamento tra la parola ecumenismo e la parola carità è in fondo un pleonasmo linguistico. L'ecumenismo è, esso stesso, un movimento della carità. A lui dobbiamo il fatto che cristiani di diverse Chiese e comunità ecclesiali non si considerano più come nemici e neppure più come semplici persone che vivono le une accanto alle altre, le une di fronte alle altre, ma piuttosto si percepiscono, si riconoscono e si apprezzano come fratelli e sorelle nella fede in virtù del loro battesimo comune. Pertanto, dall'inizio del movimento ecumenico, si fa una distinzione tra ecumenismo della carità ed ecumenismo della verità e si parte dal presupposto che la prima forma è condizione indispensabile per la seconda e che entrambe si chiamano e si appoggiano a vicenda. Il motivo più profondo del legame che l' ecumenismo ha con la carità risiede nel fatto che l'ecumenismo, come ricerca dell'unità nella fede che è andata persa nel corso della storia a causa di tragici sviluppi, è una priorità che sta a cuore a nostro Signore Gesù Cristo, il quale, nella sua preghiera sacerdotale, ha implorato il Padre affinché tutti i suoi discepoli siano una cosa sola. Se l'ecumenismo non è semplicemente inteso in maniera filantropica ma viene motivato davvero cristologicamente, altro non può essere che partecipazione alla preghiera sacerdotale di Gesù e dunque disponibilità a conformarsi al desiderio di Gesù di unità nella carità e a far propria la sua preghiera. È dunque dalla preghiera sacerdotale di Gesù che si può comprendere al meglio cosa significa ecumenismo della carità.
2. Nella preghiera di Gesù emerge innanzitutto che Gesù non comanda l'unità ai suoi discepoli e neppure l'esige da loro, ma prega per essa. Tale costatazione implica per l'ecumenismo che la preghiera per l'unità dei cristiani è il segno distintivo fondamentale di tutti gli sforzi ecumenici e rappresenta il primo servizio della carità di cui i cristiani si fanno vicendevolmente dono. Nel conformarsi alla preghiera di Gesù, la nostra preghiera per l 'unità è già una prova di carità ed esprime la convinzione che non siamo noi a fare l'unità ma possiamo soltanto riceverla in dono da Dio. La carità ecumenica dà prova di sé innanzitutto nel fatto che annunciamo Dio come donatore di unità, come ha osservato Papa Benedetto XVI durante la celebrazione ecumenica nella Chiesa dell'ex-convento degli Agostiniani a Erfurt in occasione della sua visita in Germania lo scorso anno: "Il nostro primo servizio ecumenico in questo tempo deve essere di testimoniare insieme la presenza del Dio vivente". Nella rivelazione cristiana, la carità non è una mera qualità che appartiene tra le altre a Dio e con la quale Dio ama noi uomini. La Sacra Scrittura identifica, piuttosto, Dio stesso con la carità ed esprime tale concetto nella celebre affermazione: "Dio è amore" (l Gv 4, 16). Di questa definizione di Dio, che è certamente la più bella, noi non possiamo semplicemente prendere atto in maniera teorica e poi iscriverla all'ordine del giorno, magari all' ordine del giorno ecumenico; piuttosto, possiamo testimoniarla solo tramite una credibile testimonianza di carità tra battezzati, tra Chiese e Comunità ecclesiali cristiane. L'impegno ecumenico e la convivenza ecumenica sono precisamente la finestra attraverso la quale gli uomini oggi devono poter vedere il Dio della carità.
3. Il Dio che noi nella comunità ecumenica dobbiamo annunciare non è un Dio lontano dal mondo od una mera ipotesi sull'origine del cosmo. Questo Dio, piuttosto, ha un volto e lo ha mostrato a noi uomini nel fatto che è diventato uno di noi in Gesù Cristo, il quale desidera attirarci nel suo amore verso il Padre. Nella sua preghiera sacerdotale, Gesù prega dunque in modo molto preciso per l'unità dei discepoli: "perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me" (Gv 17,22). Nel ravvisare nell'unità trinitaria di amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo il più profondo fondamento dell'unità dei discepoli, Gesù ci indica il cammino da seguire per vivere l'ecumenismo della carità tra noi cristiani e testimoniarlo quotidianamente. Se infatti la vita intratrinitaria è il modello cristallino dell'unità tra i discepoli, allora l'unità impetrata altro non può essere che unità nella diversità con un arricchimento vicendevole e il vero fulcro della carità nel senso del riconoscimento dell'altro precisamente nella sua alterità, consiste nel fatto' che sempre più noi cristiani ci rispettiamo e ci riconosciamo come veri cristiani, il che implica molto più di una semplice tolleranza, ovvero, in tutta la nostra diversità, una comune adesione a Gesù Cristo e, di conseguenza, gli uni agli altri. Una testimonianza comune della carità di Dio è allora possibile soprattutto se i cristiani e le diverse Chiese agiscono secondo la regola di vita ecumenica che consiste nel partecipare anche alla vita delle altre comunità ecclesiali, e questo in un luogo concreto come in ogni luogo, nella gioia come nella sofferenza. L'ecumenismo della carità significa quindi che là dove una comunità ecclesiale si rallegra, le altre si rallegrano con lei e là dove una comunità ecclesiale soffre, le altre soffrono con lei.
4. Mentre la gioia condivisa è perlopiù facile, la vera sym-patheia rappresenta una grande sfida. Solo essa però è l'autentico banco di prova della carità ecumenica, come ci mostra Cristo stesso, che ha totalmente concretizzato il suo amore per noi uomini donando per noi la sua vita sulla croce. La croce è il segno più evidente del fatto che Dio non si è accontentato di dichiarare il suo amore per noi uomini soltanto a parole, ma ha lui stesso pagato per esso un caro prezzo. Sulla croce Dio ha messo fine all'inimicizia tra gli uomini ed ha fondato la riconciliazione. Il vero ecumenismo della carità continua dunque a nascere sotto la croce, dove Dio chiama i suoi ali ' unità. E precisamente oggi Dio mostra inesorabilmente all'ecumenismo il suo posto sotto la croce; noi siamo chiamati insieme ad accettare questo posto, a restare sotto la croce, ad imparare in modo nuovo a rimanere fedeli alla croce. Ciò ha per conseguenza soprattutto il fatto che l'ecumenismo cristiano deve oggi sviluppare una particolare sensibilità per la situazione di quelle persone che sono costrette a sperimentare nella loro vita la sofferenza e la croce e deve riconoscere nei volti di costoro il volto dolorante del crocifisso. L'opzione prioritaria per i poveri scoperta nel movimento ecumenico ha bisogno oggi in modo particolare di un approfondimento cristologico. Infatti tale opzione è radicata nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi uomini per renderei ricchi attraverso la sua povertà (cfr 2 Cor 8,9). Tale opzione prioritaria per i poveri è urgente al momento anche tra i cristiani stessi, poiché il cristianesimo oggi giorno è la religione più perseguitata nel mondo e poiché tutte le Chiese e le Comunità ecclesiali hanno i loro martiri, tanto che si può parlare di un vero e proprio ecumenismo dei martiri. Essendo il cristianesimo diventato nuovamente una Chiesa di martiri alla fine del secondo millennio e all'inizio del terzo, l'ecumenismo dei martiri rappresenta un'importante prova per l'ecumenismo della carità. Esso ci invita a riscoprirci nuovamente in Simone di Cirene e ad aiutare altri cristiani a portare la loro pesante croce.
5. Soprattutto l'ecumenismo degli afflitti e dei martiri ci rende consapevoli del fatto che l'ecumenismo della carità non può chiudersi in se stesso ma deve irradiarsi nel mondo, come ci mostra Gesù, che ha pregato per l'unità dei suoi discepoli "perché ... il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Gv 17,23). Con questa proposizione finale (''perché"), Giovanni ci dice che l 'unità dei discepoli di Gesù non è un fine in sé, ma è al servizio della credibilità della missione di Gesù e della sua Chiesa nel mondo. Questa finalità della ricerca ecumenica dell'unità ci viene ricordata con particolare enfasi anche dalla prima Conferenza sulla Missione nel Mondo tenutasi ad Edimburgo nel1910. Ai partecipanti era ben chiaro lo scandalo insito nel fatto che le varie confessioni cristiane si facevano concorrenza nel lavoro missionario ed in tal modo danneggiavano la credibilità dell'evangelizzazione cristiana. Da allora, con il riconoscimento che la divisione dei cristiani costituisce il maggiore ostacolo per la missione nel mondo, l'evangelizzazione è diventata in maniera sempre più evidente un importante tema all'ordine del giorno ecumenico. Anche e precisamente nel mondo di oggi la testimonianza cristiana deve avere una chiave musicale ecumenica, affinché la sua melodia non sia cacofonica ma sinfonica. In particolare, il progetto di una nuova evangelizzazione, necessario davanti alla secolarizzazione così avanzata nelle nostre società, può essere realizzato e assunto in maniera credibile attraverso una responsabilità ecumenica soltanto se si attua in quell'ecumenismo della carità che vuole essere testimonianza dell'amore di Dio, manifestatosi in Gesù Cristo. Ma l'ecumenismo può essere lievito dell'amore di Dio nel mondo odierno soltanto se, nel suo stesso spazio vitale, agisce secondo la regola comprovata: unità nelle cose essenziali, libertà in caso di dubbio, ma in tutto carità. È la prassi della carità nell'ecumenismo e la sua testimonianza all' esterno che proveranno se il legame tra la parola ecumenismo e la parola carità è davvero un pleonasmo linguistico.