Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia,io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene.
Romani 12,17-21
«Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male.»
Cari amici, fratelli e sorelle, Questa esortazione dell'Apostolo Paolo sotto forma di appello alla "saggezza pratica" risuona con forza nei nostri cuori, nell’oggi della nostra Europa lacerata e disorientata, nell’oggi della nostra Europa, che tuttavia attende e prepara a breve le condizioni del suo futuro. Già, al tempo dell'apostolo Paolo, le crisi che attraversarono l'Impero Romano, che investirono la sua stessa capitale, Roma, ma anche le prime comunità cristiane già divise, queste crisi non mancarono di ferire e angosciare anche i più fiduciosi.
Oggi, nel momento in cui siamo riuniti per dirci di nuovo e per ripetere al mondo la nostra comune vocazione, che è quella di costruire ponti, passaggi, stringere legami di fratellanza, la parola dell'apostolo è di nuovo di una bruciante attualità e ci mette fretta.
Saremo sopraffatti dal male? Lasceremo che la Buona Notizia del Vangelo e le parole di pace delle confessioni che si sono raccolte qui, siano schiacciate e sommerse dalle cattive notizie che sono divenute così numerose?
La cattiva notizia di un populismo sfrontato che schernisce, che è ridicolo ma è anche tanto malvagio quanto pericoloso per la pace del nostro continente; le cattive notizie delle crescenti iniquità e il divario di reddito tra ricchi e poveri, la perdita di credibilità dello Stato di diritto nelle nostre democrazie; la cattiva notizia di violenze e conflitti, della corruzione, del ripiego identitario, dei fondamentalismi, o ancora quella già fatale dei cambiamenti climatici ...Credere, in questo caso, non sarà abbastanza, cari amici, fratelli e sorelle, se credere significa solo celebrare, pregare, cantare, ballare e sperare.
"Credere è pensare", diceva Ricœur.
Questo sforzo di intelligenza critica, questa chiamata instancabile all'intelligenza personale e collettiva che consiste nel "leggere tra le righe" per "rileggere" insieme i nostri testi basilari, questo incoraggiamento a fare, in un certo senso, "atto di religione" prima che tutto sia diviso e difficile, questo sforzo è diventato necessario.
La religione non è un baratro, come si sente dire intorno a noi, non lo è, non deve farsi assimilare all’oscurantismo. E va ricordato, nelle nostre società, diventate fortunatamente secolari e al tempo stesso, purtroppo, un po’ dimentiche della loro origine e della profondità spirituale della loro tradizione: la religione è dalla parte della ratio quando deve essere udibile e accettata dal mondo
Fides et ratio si parlano, infatti, come due sorelle gemelle, litigano ma in segreto si amano anche perché sanno che sono indispensabili l’una all’altra.
Pensare, quindi, pensare a cosa succede in questo mondo, discorrere, indovinare, individuare le sfide del domani, e agire nella concretezza delle nostre vite, nel segreto dei nostri cuori, nei nostri gesti più semplici, questa è la sfida: quella di uno sguardo benevolo invece di uno sguardo indurito, quella di una parola che accompagna e edifica invece di una parola che giudica, quella di un impegno per la vita e per il bene, invece di una perdita di tempo in azioni vuote.
Qui oso citare, cum grano salis, il grande riformatore Giovanni Calvino che, nel suo famoso commentario alla Lettera ai Romani, scrisse nel 1540: "Chiunque cerchi di vincere il male con il male, potrà riuscire a vincere in malvagità il suo nemico, ma ciò gli arrecherà rovina e confusione! ". Quante nostre chiese, nel corso della storia o in tempi più recenti, sono coinvolte in questo. E quanto la loro parola è stata screditata dal male che hanno fatto e, peggio ancora, dal danno che generano anche oggi!
Le chiese, di tutte le confessioni possibili, e anche le altre religioni sono coinvolte, senza eccezioni, a questa chiamata alla prudenza e alla saggezza stessa e soprattutto quando l'apostolo Paolo ci avverte chiedendoci precisamente di non farci un’idea troppo alta di noi stessi, come è scritto sorprendentemente nel versetto che precede i versetti appena citati (Rm 12, 16).
Questo invito alla saggia prudenza, a dire il vero, riguarda tutti, ma anche tutti coloro che devono parlare pubblicamente o esercitare una responsabilità, anche coloro che hanno un incarico di responsabilità.
Le dichiarazioni eccessive, le alzate di tono, le posture virili di politici o religiosi a volte persi in un’ effimera sensazione di onnipotenza, frasi ad effetto a lungo premeditate, slogan, risposte semplici date con spigliatezza e senza vergogna, a problemi complessi, come tutti sanno - immigrazione, asilo, povertà, violenza, multiculturalismo, confronto interreligioso, negazione dei diritti umani, ecc. - tutto ciò non impressiona l'apostolo Paolo, oserei dire, al centro della nostra meditazione.
Tutto questo non ci deve paralizzare.
La parola del Vangelo, dolce e ferma, lucida e benevola, critica e intelligente, allerta e orienta il nostro mondo senza stancarsi.
Se ratio e fides bisticciano, se cercano assieme, dialogando, di essere sagge e lucide, la follia del Vangelo è comunque all’opera.
L'apostolo, pertanto, ha ascoltato il Cristo, oppure qualcuno senza dubbio gli avrà riferito le sue parole: è la follia del sermone sulla montagna, è l’apertura, la folgorazione di una promessa che si manifesta: "Vincete il male con il bene!”. È la caritas che si ricongiunge alle due sorelle, la più giovane, forse... che dà senso all’insieme come una trinità luminosa e aperta.
Tutto è aperto, infatti. Qualsiasi iniziativa che renda giustizia a questa promessa è lecita. Tutto è possibile, anche se non tutto è utile. Ognuno è chiamato, sollecitato ad agire. Sant'Egidio lo è stata cinquant'anni fa, i riformatori 500 anni fa, i premi Nobel per la pace, gli anonimi, in gran numero, che hanno fatto ciò che era necessario per salvare i perseguitati, le famiglie che accolgono gli esuli, gli infermieri, i medici, i ricercatori, i magistrati, gli agricoltori, gli artisti, i militari, gli insegnanti, i professionisti, gli artigiani e i commercianti, gli agricoltori di ogni paese, gli amministratori, i legislatori, tutti coloro che le lettere di Paolo chiamano "i santi", cioè tutti coloro e tutte coloro che sono stati chiamati, a volte senza nemmeno saperlo, al servizio della Gloria di Dio.
Senza il ricorso forzato alla violenza, senza discorsi o atti di odio, senza l’appello immondo alla vendetta, senza il sogghigno del demagogo che ha il vento in poppa, e senza il tono terribilmente violento e inquietante dello scherno. Quanti hanno messo in pratica questa incredibile parola, parola che ci viene chiesto di trasmettere, tutti loro e anche tutti voi qui raccolti, se accettate e ascoltate questa parola: "Non essere sopraffatto dal male, ma sconfiggi il male con il bene".
Amen.