Per prima cosa, vorrei ringraziare gli organizzatori per l’invito a partecipare in questo panel. Lo apprezzo molto perché mi dà l’occasione di condividere delle riflessioni con i gli altri oratori e con voi tutti su un tema di grande rilevanza: preparare l’umanità per il futuro, attraverso l’educazione dei bambini alla Pace, nel mondo globale n cui viviamo. E’ anche un onore poter sottolineare l’importanza del esperienza di 50 anni di Sant’Egidio, che si è distinta nel mostrare agli educatori diversi percorsi per rendere questo obiettivo una realtà. Strade percorse da cui possiamo imparare. Certamente, la Comunità di Sant’Egidio ha costruito un grande lavoro educativo che ci mostra l’importanza di impegnarsi nel trasformare l’educazione in un’educazione integrale che ha la Pace come conseguenza: la Pace che i bambini vogliono e necessitano per crescere.
Lo sviluppo delle Scuole della Pace, descritte in modo sublime nel libro di Adriana Gulotta (Gulotta, 2018), ci fa confrontare con la necessità di sentire voci diverse, ugualmente interessanti e significative. Da queste voci, impariamo a costruire l’Educazione alla Pace.
1. La prima voce è la voce degli stessi bambini. La voce dei bambini che partecipano alla Scuola della Pace, che Andrea chiama più precisamente “un mondo di bambini” – questa voce è preponderante sulle altre: bambini di paesi e culture diverse, da condizioni svantaggiate, in molti in caso esposti alla violenza ed al conflitto; le loro voci, il loro modo di guardare, i loro sentimenti, le loro storie di trasformazione. Sono bambini cui la cultura della pace ha dato le parole per parlare. Ed hanno espresso il desiderio di imparare. Parlano, ridono, spiegano, sono felici. ‘Forse le nostre città non hanno gioia perché non c’è infanzia’ dice Adriana Gulotta. Ci sono centinaia di storie di successi, storie vere di superamento di condizioni svantaggiate, storie commoventi. Tutto quello che riguarda i bambini, o persone fragili che soffrono problemi ingiusti, toccano e si connettono direttamente con il cuore. Sant’Egidio ci porta la voce commovente di bambini e bambine e ci aiuta a capire perché i bambini hanno bisogno della pace.
2. La seconda voce che viene da Sant’Egidio è la voce autorevole di Andrea Riccardi. Lui e altri giovani iniziarono a Roma la prima scuola popolare, lasciando i ghetti dei centri città per andare nelle periferie. Erano giovani studenti che volevano combattere contro l’esclusione dei bambini. Hanno iniziato con i dopo-scuola, ma subito sono entrati nelle case dei bambini per scoprire la precaria situazione delle loro famiglie. Appartengono ad una generazione idealista, influenza dal maggio del ’68, anni di ideologie e di teorie, di rivolte studentesche. Eppure, si concentravano sull’amicizia e la solidarietà, non erano contro nessuno. Erano anche motivati dall’ottimismo post-conciliare della Chiesa: i tempi dei preti operai in Francia, dei preti che si stabilivano nelle periferie della città, per esempio di Madrid e Barcellona. Erano pedagogicamente ispirati da Milani e dall’esperienza di Barbiana dove i ragazzi più grandi insegnavano ai più piccoli, dando la precedenza alla parola. La parole sostituisce la violenza: la parola motivata dall’Amore. Sono riusciti a modificare il futuro dei bambini sottraendoli alla marginalizzazione e dandogli il linguaggio e la cultura. Hanno scoperto il potere della parola, della presenza amichevole. Una prospettiva ispirata dal personalismo comunitario tipico della riflessione cristiana del tempo (Mounier, Marcel, Maritain,…). Andrea Riccardi ha accompagnato la comunità nella sua espansione in 70 paesi con 70.000 bambini, molti dei quali esposti a violenza e conflitto. Per quella ragione, il nome del movimento fu Scuola della Pace. Il suo obiettivo è di dare centralità alle periferie costruendo comunità. Andrea Riccardi è una voce fondamentale e significativa del nostro tempo e per il nostro mondo, una voce dal cristianesimo che va anche oltre coloro che sono al di fuori del circolo dei già convinti.
3. Terza voce: la voce dei giovani volontari. Giovani che si confrontano con la realtà dei bambini. Giovani che si prendono la responsabilità dei loro problemi, che si avvicinano alla loro realtà, che diventano amici, seguendo un desiderio di solidarietà, di condivisione, che è un desiderio umano di connettersi con la profondità dell’animo umano. Giovani che vogliono ascoltare, dare il loro tempo, in alcuni casi persino dare la loro vita. Esperienze di generosità, gratuità, affetto, gioia di vivere. Esperienze di amicizie, coinvolgimento personale, del dono incondizionato, della condivisione. I bambini hanno imparato con loro ad essere amici. La sua presenza incrollabile ci ricorda che nessuno è condannato. Ci mostrano, attraverso il loro lavoro, che ci sono molte ragioni per essere ottimisti, e ci danno il concreto esempio del perché per cambiare la società dobbiamo iniziare dai bambini. Adriana Gulotta ci ricorda che la Montessori disse: nella vera educazione, anche l’adulto fa esperienza della trasformazione. I giovani anche sono cambiati. Un secondo aspetto è che hanno dimostrato come le persone posso efficacemente modificare le cose. La pace ha una base personale. Cominciando con il cambiare noi stessi, ‘tutto può cambiare’, ci ricorda Riccardi.
4. Quarta voce: la voce della Comunità di Sant’Egidio. Il lavoro di 50 anni, arricchito dall’idea della vita comunitaria, dove il Vangelo letto e la preghiera sono esperienze in comune. Una voce che mostra la necessità di accogliere chiunque, di creare spazi sicuri di supporto alla vita, di scommettere nelle periferie. Per esempio a Barcellona ci sono cinque scuole, attività parrocchiali, servizi per i senza fissa dimora e la vicinanza agli anziani. La comunità ha sviluppato una pedagogia vera di gratuità e vicinanza; una pedagogia dell’accompagnamento. Hanno imparato a leggere la realtà, a vedere i segni dei tempi, a vedere l’universale nel locale. Focalizzandosi sul servizio ai poveri. Possiamo dire: ‘Dai loro frutti, li riconoscerai’ oppure ‘la fede senza le opere è morta’ (Lettera di Giacomo 2: 14-26). Agendo hanno imparato ed educano se stessi, ed allo stesso tempo vivono. Collegano formazione ed esperienza, riflessione e preghiera. Agiscono come un soggetto globale e locale allo stesso tempo.
5. La voce del mondo. Più che una voce è un urlo. Sant’Egidio ci invita a conoscere il mondo con gli occhi dei bambini. Un mondo che è globale, multietnico, multireligioso, con differenze culturali e socioeconomiche. Con alcune società potenti che relegano i bambini ai margini, al silenzio, che talvolta li sfrutta, che li umilia. Il mondo è a volte una scuola di violenza da cui i bambini devono essere salvati. La voce del mondo è a volte il culto della forza, il disprezzo dei bambini e dei deboli, il disprezzo dei perdenti, la legge del più forte, la violenza, l’abuso, la cultura del nemico (dove l’altro è la causa dei miei problemi). La Comunità ha incontrato la camorra, le maras in El Salvador, la guerra in Kosovo, i campi rifugiati in Congo, i bambini soldato in Uganda, i bambini invisibili (non registrati e quindi che non esistono) che il programma BRAVO rende visibili e salva dall’anonimato in Burkina Faso, Mozambico, Malawi; ma anche i bambini di strada, i ‘ meninos’, i bambini stregoni in Congo, i bambini senza famiglia, i pazienti malati di AIDS. Quanti problemi! Quanta sofferenza! Quante situazioni in cui i diritti dei bambini non sono rispettati! Quanti bambini senza infanzia! Ma il mondo significa anche le periferie di Bruxelles, Parigi, Madrid o Barcellona. Riccardi dice che il convivere è una questione anche europea. Lo spazio dei bambini (promuovere la salute, la scuola, il cibo, le registrazioni anagrafiche) umanizza la famiglia, l’ambiente e le città. In questi contesti, la pace deve essere insegnata e praticata. Educare è quindi costruire la pace. Il futuro è nelle mani dei bambini (Manifesto 1998).
6. La voce del Vangelo, una voce modulata nello spirito di Assisi. Ad Assisi ebbe luogo nel 1986 un incontro delle religioni. Nel 2001 la nostra università partecipò all’incontro di Barcellona e quest’ anno continua a Madrid. Lo spirito di Assisi è lo spirito di San Francesco, della sua sensibilità, cortesia, umiltà, uno spirito di pace. Lo spirito di Assisi si manifesta nell’educazione, come educazione del convivere nell’incontro e nel dialogo. Tutte le religioni e le tradizioni filosofiche hanno in comune il rispetto, l’amicizia la generosità, la solidarietà con i deboli, la gratuità, o la regola d’oro kantiana. Assisi, è quindi, un luogo dell’incontro.
7. La voce dell’anima: una voce che ci ricorda il motivo dal suo essere, il buono, la pace, la consapevolezza; una voce che crede nei popoli, nei paesi, nella vita. Ci ricorda che dobbiamo costruire una civiltà del convivere mettendo i bambini al centro. La parola motivata dall’amore è diversa dalle parole più comuni ispirate dall’egoismo e dalle abitudini del passato. La pace deve essere insegnata e praticata. L’amicizia, la chiave per la felicità, mobilita energie di bene. E’ la forza dell’amore incondizionato, dell’amore genuino di superare una cultura egocentrica che ci è molto vicina. La voce dell’anima è a volte tenue ma ci ricorda il nostro impeto di umanizzazione. Una voce che ci chiama alla perfezione e ad un significato cui spesso non prestiamo la dovuta attenzione. Papa Francesco ci chiama alla santità nella sua esortazione apostolica Amoris Laetitia dove definisce “il grande lavoro” e il “capire la realtà dalle periferie”.
Ci sono diverse voci che vengono da Sant’Egidio: la voce dei bambini, di Andrea Riccardi, della Comunità di Sant’Egidio, dei giovani volontari la voce del mondo, la voce del Vangelo e lo spirito di Assisi, e la voce dell’animo umano.
Un simbolo unisce tutte le voci in una: la colomba della pace che esce dall’arcobaleno (il simbolo della Comunità di Sant’Egidio).
L’arcobaleno è lo spettro dei colori nel quale la luce si decompone. Un simbolo dell’Alleanza tra cielo e terra, come un luogo d’incontro. La terra già sappiamo come sia. Ma riflettiamo che la luce è decomposta in uno spettro di colori. I colori della luce sembrano rappresentare che siamo diversi nell’unità. Anche i valori dell’unità, della gratuità, della generosità, dell’eticità, del coraggio di superare le paure. Il risultato è l’insorgere della pace, il volo della colomba della pace. L’unità vuole la pace. I bambini vogliono la pace.
Queste voci e simboli ci spingono ad esaminare le nostre vite e a vivere questi valori, di sviluppare la gioia di vivere, con l’amicizia, e di andare nelle periferie sociali ed esistenziali, così presenti oggi. Sfortunatamente, la violenza, la xenofobia, il razzismo, l’esclusione dei deboli ed il guardare dall’altra parte quando ci sono conflitti umani, è parte della nostra realtà. Grazie, scuola della pace, per insegnarci a vivere fuori dal nostro ambiente sicuro!
La realtà del mondo è ineguale e poliedrica, come la definisce Papa Francesco. Lo Spirito è perfetto, placido, amorevole, premuroso. L’educazione è un punto di incontro tra queste due dimensioni. ‘Sentirsi un soggetto è necessario altrimenti cadiamo nella rassegnazione’ ci ricorda Riccardi (2018). Ci dice anche che l’utopia è necessaria come ‘valore di azione, anche se ha i suoi limiti’ (Riccardi, 2018). Quando combiniamo l’utopia e la realtà, trasformiamo l’educazione in educazione completa. L’educazione completa quindi significa (Gallifa, 2018):
- Pone la persona, consapevolmente, e l’amicizia al centro.
- Sviluppa comunità e culture, prepara la società al futuro.
- Facilita l’apprendimento pratico, l’azione trasformativa, dona la parola.
- Acquisizione e condivisione della conoscenza.
Sant’Egidio è una realtà su entrambi i livelli, lo Spirito, e la realtà del mondo; un esempio dell’autentica educazione completa per la pace: la pace che i bambini del modo hanno bisogno e che vogliono perché quello sarà il mondo dove vorranno vivere.
References
- Riccardi, A. (2018) Tutto può cambiare. Edizioni San Paolo
- Gulotta, A. (2017) Alla Scuola della pace: educare i bambini in un mondo globale. Edizioni San Paolo
- Gallifa, J. (2018) Educació Integral. Transformar l’Educació, formar la persona, millorar el món. Barcelona: Editorial UOC