16 Settembre 2019 17:30 | Universidad Eclesiástica San Dámaso, Aula Pablo Domínguez
Intervento di Arie Folger
All’inizio degli anni novanta c’è stato un momento di euforia nel mondo occidentale. La guerra fredda era finita, l’Occidente aveva vinto e molti paesi del blocco orientale erano diventati società liberal-democratiche di libero mercato. Sembrava imminente un’era di pace permanente, la Fine della Storia nella definizione di Francis Fukuyama.
Purtroppo, è piuttosto l’opposta e meno rosea previsione di Samuel Huntington, lo Scontro di Civiltà, che si è realizzata. Assistiamo al riemergere di nuovi conflitti ispirati da antichi pregiudizi e animosità.
Come gente di fede siamo naturalmente portati a pregare, a implorare il Padre nostro che dai Cieli ci benedica con pace e fratellanza. In un mondo sempre più secolarizzato, in cui la pratica della preghiera è andata progressivamente smarrita nell’ultimo secolo, la religione potrebbe offrire alle sfide contemporanee risposte finora trascurate; può la preghiera essere la risposta al desiderio di pace dell’umanità? La preghiera può certamente portare la pace interiore, ma potrebbe anche scatenare ondate di sentimenti fraterni?
Anche se la preghiera, come argomenterò fra poco, può effettivamente aiutare nella ricerca della pace, vorrei mettere in guardia da un eccessivo ottimismo sulla sua efficacia nella risoluzione dei conflitti. Il profeta Isaia ammonì il popolo di Giuda con queste parole:
[Is. 1,10-15]
Ascoltate la parola del Signore, capi di Sodoma!
Prestate orecchio alla legge del nostro Dio, popolo di Gomorra!
«Che m'importa dei vostri numerosi sacrifici?», dice il Signore,;
«io sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate;
il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri,
io non lo gradisco.
Quando venite a presentarvi davanti a me,
chi vi ha chiesto di contaminare i miei cortili?
Smettete di portare offerte inutili;
l'incenso io lo detesto;
e quanto ai noviluni, ai sabati, al convocare riunioni,
io non posso sopportare l'iniquità unita all'assemblea solenne.
L'anima mia odia i vostri noviluni e le vostre feste stabilite;
mi sono un peso che sono stanco di portare.
Quando stendete le mani, distolgo gli occhi da voi;
anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto;
le vostre mani sono piene di sangue.
Prestate orecchio alla legge del nostro Dio, popolo di Gomorra!
«Che m'importa dei vostri numerosi sacrifici?», dice il Signore,;
«io sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate;
il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri,
io non lo gradisco.
Quando venite a presentarvi davanti a me,
chi vi ha chiesto di contaminare i miei cortili?
Smettete di portare offerte inutili;
l'incenso io lo detesto;
e quanto ai noviluni, ai sabati, al convocare riunioni,
io non posso sopportare l'iniquità unita all'assemblea solenne.
L'anima mia odia i vostri noviluni e le vostre feste stabilite;
mi sono un peso che sono stanco di portare.
Quando stendete le mani, distolgo gli occhi da voi;
anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto;
le vostre mani sono piene di sangue.
Isaia parla a un popolo profondamente religioso. Fanno sacrifici, si recano spesso al Tempio per chiedere la benedizione divina, osservano il Sabato e le altre festività, pregano regolarmente e intensamente, si riuniscono per leggere la Bibbia e trarre ispirazione dalla Parola.
Eppure il profeta riporta loro l’ammonizione di Dio che nasconde il suo viso. Li apostrofa come “capi di Sodoma” e “popolo di Gomorra”, dalle mani coperte di sangue. Dunque la devozione da sola non può guarire il mondo, dobbiamo anche agire contro l’ingiustizia, o saremo complici dell’iniquità, come dichiara Isaia:
[ibid. 16-18]
Lavatevi, purificatevi,
togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni;
smettete di fare il male;
imparate a fare il bene; cercate la giustizia,
rialzate l'oppresso,
fate giustizia all'orfano,
difendete la causa della vedova!
Poi venite, e discutiamo», dice il Signore;
«anche se i vostri peccati fossero come scarlatto,
diventeranno bianchi come la neve;
anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana.
togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni;
smettete di fare il male;
imparate a fare il bene; cercate la giustizia,
rialzate l'oppresso,
fate giustizia all'orfano,
difendete la causa della vedova!
Poi venite, e discutiamo», dice il Signore;
«anche se i vostri peccati fossero come scarlatto,
diventeranno bianchi come la neve;
anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana.
Se la preghiera da sola non può darci la pace, quale visione meravigliosa offrono i profeti? Un monumento nella piazza Dag Hammarskjöld, di fronte al palazzo delle Nazioni Unite a New York, riporta la indimenticabile profezia di Isaia:
[ibid. 2, 4]
trasformeranno le loro spade in vomeri d'aratro,
e le loro lance, in falci;
una nazione non alzerà più la spada contro un'altra,
e non impareranno più la guerra.
e le loro lance, in falci;
una nazione non alzerà più la spada contro un'altra,
e non impareranno più la guerra.
Il monumento in realtà riporta solo metà della citazione, ci offre una visione e una speranza, ma omette la ricetta essenziale per la realizzazione di quell’utopia, che si trova invece nel brano che precede quel testo:
[ibid. 2:3-4]
Molti popoli vi accorreranno, e diranno:
«Venite, saliamo al monte del SIGNORE,
alla casa del Dio di Giacobbe;
egli ci insegnerà le sue vie,
e noi cammineremo per i suoi sentieri».
Da Sion, infatti, uscirà la legge,
e da Gerusalemme la parola del SIGNORE.
«Venite, saliamo al monte del SIGNORE,
alla casa del Dio di Giacobbe;
egli ci insegnerà le sue vie,
e noi cammineremo per i suoi sentieri».
Da Sion, infatti, uscirà la legge,
e da Gerusalemme la parola del SIGNORE.
Egli giudicherà tra nazione e nazionee sarà l'arbitro fra molti popoli…
È quando il popolo cerca l’insegnamento di Dio e i suoi valori che ricava anche le indicazioni utili per risolvere i conflitti invece di fare la guerra. Allora finalmente fonderà le armi per farne aratri e falci.
La preghiera non basta; è la ricerca degli insegnamenti di Dio che cambia il mondo e porta la pace.
E tuttavia la preghiera è un catalizzatore di cambiamento. Preghiera in ebraico, lehitpallel, è una forma riflessiva, che sembra implicare una richiesta a Dio non di soddisfare un desiderio ma di farsi trasformare. Quando ci rivolgiamo a Dio in preghiera ci prepariamo mentalmente a una udienza col Re dell’universo, il Padre nostro che è nei Cieli. Questa preparazione mentale, se fatta bene, può renderci più umili, grati, generosi e quindi pronti a perdonare.
C’è una storia affascinante nel Talmud sulla preghiera che recitiamo dopo un pasto col pane. La preghiera esprime pura gratitudine e non si riferisce al cibo in particolare. In origine il ringraziamento dopo il pasto conteneva solo tre benedizioni, che recitiamo anche oggi, ma non la quarta. Ma poi intervenne un evento molto tragico. Nei primi due secoli dell'Era Comune la tensione era fortissima fra un popolo ebraico monoteista e indomito e una Roma imperialista e politeista. Per due volte le tensioni sfociarono in aperta ribellione da parte degli zeloti e per due volte i Romani impiegarono tutta la loro potenza militare per schiacciare la ribellione, prevalendo alla fine dopo molto spargimento di sangue.
Durante la seconda guerra giudaica i Romani assediarono e distrussero la città di Beitar. Migliaia di Ebrei furono massacrati, i loro corpi sparsi nei campi e fra le rovine. Oltre a Beitar quasi mille città e villaggi e gran parte della Giudea furono distrutti. Chi poté, fuggì, chi sopravvisse dovette dubitare che gli Ebrei potessero ancora esistere. In tanta tragedia i rabbini ravvisarono un miracolo: sei giorni dopo la distruzione di Beitar gli Ebrei poterono seppellire i morti. Che i pochi superstiti dovessero farsi carico di un numero sconvolgente di cadaveri dovette apparire ai più un evento tragico. Ma i Saggi ebraici vi scorsero invece il fatto che anche nelle più grandi tragedie ci sono cose di cui essere grati, c’è Dio che tocca i nostri cuori e ci ridà speranza. Decretarono perciò che da allora in poi ogni Ebreo che spezzasse il pane avrebbe aggiunto una benedizione di ringraziamento alla preghiera dopo il pasto. Così ogni ebreo afflitto avrebbe ricordato che la vita continua e che c’è sempre di che essere grati e di che sperare.
Emmons e Mishra hanno fatto una analisi psicosociale degli effetti della gratitudine, giungendo alla conclusione che “la gratitudine chiaramente accresce le risorse della società, rafforzando le relazioni e promovendo la socialità “. Secondo Robert Emmons, uno degli studiosi preminenti in questo campo, la gratitudine consente a una persona di:
. apprezzare il presente
. controllare l'emotività negativa (invidia, risentimento, depressione)
. resistere allo stress
. rafforzare i legami sociali e l'autostima
La preghiera da sola può non essere sufficiente a cambiare il mondo, ma può renderci grati e fiduciosi, premessa indispensabile del cambiamento.
Il rabbino Abraham Isaac Kook, primo rabbino capo ashkenazi di Israele, ha espresso con grande forza il rapporto fra il potere della preghiera di toccare il cuore di una persona e quello dell’anima di determinare il cambiamento.
Egli afferma:
La preghiera è per noi, e per il mondo intero, una necessità assoluta, oltre che il piacere più legittimo. L’anima nostra fluttua, avanza e arretra, mentre ricerchiamo in noi stessi e nel mondo quella perfezione che la mera esistenza fisica non può darci. Senza la preghiera ci troviamo spesso immersi in una grande sofferenza, in uno scoraggiamento che ci distraggono dal conoscere noi stessi e il nostro Creatore... la nostra vita interiore influenza il mondo esterno proprio perché la sua interiorità è parte del mondo e così le nostre preghiere spingono il mondo intero verso la gratificazione e una piena realizzazione... attraverso la preghiera una persona può elevare l'intera Creazione, unire in sé l’Essere, innalzare tutto e tutti alla Fonte della benedizione e della vita.
La preghiera da sola non può cambiare il mondo, ma quando aumentiamo la preghiera nel mondo, soprattutto la preghiera comunitaria, lo aiutiamo a diventare più grato, più fiducioso, più unito, più felice, un posto in cui possiamo effettivamente portare il cambiamento.
Seguendo l'esortazione di Isaia a non fare affidamento esclusivo sulla preghiera, ma a adoperarsi anche per combattere l'ingiustizia e difendere i diritti, la Conferenza dei Rabbini europei, insieme al Rabbinato capo di Israele e al Consiglio rabbinico d'America, in una dichiarazione sulle relazioni interreligiose fra Gerusalemme e Roma ha posto l’accento sulla azione interconfessionale in favore della società. Abbiamo dichiarato:
Il mondo occidentale, nella sua progressiva secolarizzazione, lascia da parte molti dei valori morali condivisi da Ebrei e Cristiani. La libertà religiosa viene così minacciata allo stesso tempo sia dalle forze del secolarismo sia da quelle dell'estremismo religioso. Auspichiamo quindi la collaborazione con la comunità cattolica in particolare e con le altre... comunità di fede... per assicurare il futuro della libertà religiosa, per sostenere i principi morali delle nostre fedi, in particolare la sacralità della vita e l’importanza della famiglia tradizionale, e per coltivare la coscienza morale e religiosa della società.
Condanniamo ogni violenza contro chiunque esercitata a causa delle sue credenze o della sua religione. Egualmente condanniamo ogni atto di vandalismo, di distruzione immotivata e di dissacrazione dei luoghi sacri di ogni religione.
Auspichiamo l’approfondimento del dialogo e della collaborazione fra di noi... per favorire la reciproca comprensione e il perseguimento degli obiettivi indicati. Cercheremo nuove vie per migliorare il mondo insieme: per camminare sulle strade del Signore, dar da mangiare agli affamati e vestire gli ignudi, portare la gioia agli orfani e alle vedove, dare rifugio ai perseguitati e agli oppressi e così meritare la benedizione divina.