September 23 2024 16:00 | Collège de France – Auditorium Navarre
Intervento di Élisabeth Béton-Delègue
Il tema di questa sessione, così come è stato formulato, è carico di significato: la pace, che alla fine del XX secolo, anzi ancora fino a qualche anno fa, era vista come un orizzonte comune per il nostro mondo ormai globale, non lo è più, e cede il passo a movimenti che si muovono in direzione opposta. In questo momento le sfide globali vitali per la sopravvivenza dell'umanità - il riscaldamento climatico, la scomparsa della biodiversità, le pandemie, i cui effetti sono tangibili su tutte le popolazioni del mondo - richiederebbero una mobilitazione globale e la sua mancata realizzazione è portatrice di instabilità e future crisi su larga scala. In termini geopolitici, l'ordine internazionale emerso dalla Seconda guerra mondiale, rimesso in discussione, svanisce a favore di un mondo caotico in cui si afferma il primato dei rapporti di forza sul rispetto del diritto, minando così il ruolo del multilateralismo delle Nazioni Unite che, seppur imperfetto, è stato baluardo di tutela dei deboli contro i forti. Questa “terza guerra mondiale a pezzi”, che Papa Francesco ha descritto con acuta lucidità nell'introduzione alla sua enciclica “Fratelli tutti” pubblicata nel 2020, è qui, sotto i nostri occhi, nella guerra condotta dalla Russia contro l'Ucraina e nella recrudescenza, nella sua forma più atroce, del conflitto israelo-palestinese, provocato dall'odioso attentato terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 con la cattura di ostaggi israeliani e le rappresaglie israeliane che fanno migliaia di vittime nella striscia di Gaza.
A questi grandi conflitti, che hanno maggiore risonanza internazionale, si aggiungono molte altre guerre di varia intensità e forma - l'Oslo Peace Research Institute ne elenca 59 nel 2023, il numero più alto dal 1946 - di cui si parla meno o per niente: la guerra tra Etiopia e Tigray, l'arco di crisi del Sahel, la Birmania... solo per citarne alcune, e poi le migliaia di vittime e sfollati di cui dobbiamo rendere conto e per i quali, davvero, la guerra è una fatalità.
Nel contempo, la guerra sta diventando proteiforme e sotterranea, scivolando nei campi aperti dalla tecnologia -lo spazio, la
cibernetica, le reti sociali – e gioca sulle emozioni delle persone nell'era della post-verità. E così, in queste “ombre di un mondo chiuso”, per citare ancora una volta Papa Francesco, dove la guerra e la violenza sono ormai disinibite, come possiamo immaginare la pace?
Ogni anno, da 38 anni, la pace è il tema degli incontri di Sant'Egidio, che offrono un momento privilegiato di scambio e di ascolto di voci da tutto il mondo, aperto a tutti. La ricerca della pace è infatti al centro dell'impegno di Sant'Egidio, una delle 3 P del suo logo - Pace, Poveri, Preghiera - e si declina in una serie di attività concrete in diversi ambiti: la diplomazia informale al servizio della risoluzione delle controversie, la sperimentazione di corridoi umanitari per l'accoglienza e l'integrazione dei rifugiati, la tessitura di una rete attiva di comunità in 70 Paesi.
La guerra non è una fatalità; immaginare la pace: questo è il tema di questo forum, che i relatori intorno a questo tavolo affronteranno a partire dalla diversità delle loro culture e provenienze, delle loro appartenenze religiose e non, delle loro esperienze ed impegni nei contesti geografici in cui vivono.