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Laurent Ulrich

Arcivescovo di Parigi, Francia
 biografia
Signor presidente della Repubblica, signora Sindaco di Parigi, Eminenze, Beatitudini, Monsignori, egregi Grandi Rabbini e Rabbini, signore e signori rappresentanti dell'Islam, del Buddismo, dell'Induismo e delle Religioni Tradizionali, signore e signori dignitari religiosi, signor Segretario perpetuo dell'Académie Française, sacerdoti, frati e suore, signor Presidente della Comunità di Sant'Egidio e anche lei caro Andrea Riccardi, fondatore di questa Comunità, signore e signori, cari amici
 
in questo 2024 la Comunità di Sant'Egidio non poteva fare regalo più bello alla Francia e alla sua capitale accogliendo il nostro invito ad organizzare qui il suo incontro per la pace. Tengo dunque ad esprimerle la nostra gioia e la nostra gratitudine.
Sin dall'inizio di quest'anno, rivolgendomi alla diocesi di Parigi, sottolineavo la felice concomitanza dei Giochi Olimpici, della riapertura della cattedrale di Notre-Dame e di queste giornate dedicate alla ricerca della concordia tra i popoli. In occasione dell'apertura nella tregua olimpica per la quale, il 19 luglio, ho celebrato una Messa solenne, certo abbiamo dovuto deplorare che le nazioni continuassero i conflitti durante questo periodo che si è concluso qualche giorno fa. Ma la risoluzione dell'Onu che impegnava a questa tregua mirava comunque all’”edificazione di un mondo pacifico e migliore” grazie allo sport e all'ideale olimpico. Quanto a Notre-Dame, la mobilitazione universale che si è manifestata in occasione del suo incendio e che ha accompagnato il suo restauro, testimonia anch'essa quanto bene l'umanità può fare quando si riunisce intorno ad una causa giusta.
Se siamo capaci di riunire tutte le nazioni attorno all'ideale espresso dallo spirito olimpico, ma anche di costruire o di ricostruire delle cattedrali, allora immaginare la pace è sicuramente alla nostra portata. Si tratta certo di rendere concreta l'utopia poiché ogni azione, in questi tre ambiti, resta sempre da perfezionare. E se esiste un'opera da rimettere cento volte in cantiere è proprio quella della coesione, che in ambito sociale si chiama solidarietà. Noi cristiani vi leggiamo l'espressione di Dio che è carità; la Repubblica francese intende promuoverla nella fraternità che è la terza parola del suo motto ed ogni popolo la ricerca nell'amicizia sociale -espressione cara a Papa Francesco che ha appena terminato uno splendido viaggio nel sud-est asiatico - amicizia sociale senza la quale nessuna nazione potrebbe davvero esistere.
Mi è dunque particolarmente caro salutare qui, attraverso di voi, responsabili religiosi, politici, economici, sociali e culturali, altrettanti artigiani di un dialogo in tutti i campi che vi competono: se passa attraverso la giustizia e la verità, questo scambio non può portare che all'unità e alla pace.
Questo incontro internazionale, ospitato a Parigi per la prima volta, procede perciò sulle strade di pace che insieme ci sarà concesso di esplorare. Immaginare la pace in contesti di movimenti migratori, in zone dalle sfide complesse che con buona volontà cerchiamo di individuare, in circostanze nuove in cui sono necessarie la transizione ecologica e l'etica che si deve elaborare intorno all'Intelligenza Artificiale, nell'incontro e nel dialogo tra convinzioni filosofiche e religiose diverse, questo è il programma che questo Incontro si propone.
Cogliere questa sfida dell'immaginazione può sembrare molto strano nel paese di Cartesio; andare oltre la diffidenza di Pascal per l'immaginazione, che è ritenuta tanto ostile alla ragione, suscita uno stupore non meno profondo. Ma ci sono sempre stati in questa terra le Geneviève, i Vincenzo de’ Paoli, le Rosalie Rendu o i Federico Ozanam, e anime tanto ardenti da spostare le montagne di ciò che è ragionevole per realizzare una civiltà dell'amore del prossimo. Tutte le buone volontà che si riconoscono in questa aspirazione sanno dunque che alla saggezza dello spirito bisogna unire la ragione del cuore. 
Riconoscendo, tra molti altri, degli uomini e delle donne che hanno potuto servire il prossimo con il loro impegno, qui a Parigi e in nome della loro fede - fede che condivido con loro - desidero affermare che le convinzioni di ogni essere umano costituiscono una fonte di energia potente ed inesauribile al servizio della giustizia e della pace, se queste convinzioni non sono deviate dalla facile tentazione di un letale individualismo. Questo dimostra anche l’importanza di dare a ciascuno e a ciascuna la possibilità di un'educazione che permetta di realizzarsi, di un lavoro degno e di una vera libertà di coscienza. 
La lezione del passato ci mostra quanto le utopie abbiano saputo ribaltare le logiche più implacabili. Così ogni scuola di pensiero, ogni filosofia, ogni religione può contribuire a questo apportando il contributo della sensibilità che le è propria, nella ricerca di una verità che, lo crediamo, porta alla libertà. 
E poiché non si può vincere la miseria senza iniziare dall'ascolto di quelli che si confrontano con essa, né far cessare la guerra senza farsi portavoce dei popoli schiacciati dalla violenza - e ricordo una famosa conferenza del professor Andrea Riccardi in occasione del centenario della fine della prima guerra mondiale, in cui invitava a ricordare sempre la guerra per nutrire il gusto della pace - vorrei portarvi il ricordo della Terra Santa che ho visitato alcuni giorni fa. Colpiti dalla guerra, uomini e donne di buona volontà, nel servizio incondizionato a favore di tutti quelli che la Provvidenza manda loro, hanno saputo mostrarmi che, malgrado la stanchezza, non rinunciano ad educare i bambini e i giovani, a curare i malati e i moribondi, ad accogliere i neonati che abbiano o no una famiglia e a mantenere i legami che, al momento opportuno, potranno ricostruire la pace.
E ciascuno di noi, senza dubbio, pensa a un popolo fratello che soffre nel cerchio infernale della miseria e della guerra senza perdere la speranza. Questa speranza manifestata davanti all'assurdità della violenza non è essa stessa un segno? Il segno che, attraverso ciò che ciascuno è capace di realizzare, questa pace è alla fine meno utopistica e più naturale a per tutti i popoli rispetto all’assurdità della guerra e della miseria. Questa capacità di immaginare la pace con loro, noi gliela dobbiamo.