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Anna Ikeda

Coordinatrice del programma per il disarmo, Ufficio per gli affari delle Nazioni Unite della Soka Gakkai Internazionale
 biografia
Buongiorno a tutti. È un grande onore unirmi a questo forum per conto della mia organizzazione, Soka Gakkai International. Vorrei ringraziare la comunità di Sant’Egidio e il dottor Bartoli per il loro invito e per aver organizzato questa sessione. Vorrei anche ringraziare i miei correlatori, le cui osservazioni come pure il loro lavoro sono contributi incredibili alla nostra visione condivisa. 
 
La Soka Gakkai International (SGI) lavora per l’abolizione delle armi nucleari da molti decenni. Il nostro lavoro in quest’area ha preso origine da una dichiarazione fatta dal secondo presidente del movimento Soka Gakkai, Josen Toda, nel settembre 1957. Nella sua dichiarazione, Toda ha chiesto in maniera appassionata l’abolizione delle armi nucleari, insistendo sul nostro inviolabile diritto di vivere in quanto cittadini del mondo. Egli affermava che desiderava attaccare il problema alla radice, e “esporre e strappare gli artigli che stanno nascosti nel più profondo di armi simili.” 
 
Ogni vita umana è infinitamente nobile e preziosa; ognuno di noi ha un potenziale senza limiti. Questo è il nucleo del nostro credo come buddisti, ed io credo che sia un valore universale della maggior parte delle religioni mondiali. Allo stesso tempo, nella filosofia buddista, riconosciamo che ognuno di noi possiede un potenziale distruttivo, per ignorare e prendere alla leggera le vite altrui. Noi chiamiamo questa negatività interna “oscurità fondamentale.” Quindi, nel nostro movimento buddista, la sfida dell’abolizione del nucleare non è una teoria astratta o esclusivamente una strategia correlata alla sicurezza. È intrinsecamente una sfida umana, una competizione tra la nostra dignità umana e l’oscurità interiore. 
 
C’è una testimonianza di una sopravvissuta alla bomba atomica di Hiroshima, Reiko Yamada, che non dimenticherò mai. 
 
Lei ha detto: “Una cara amica che abitava vicina a me stava aspettando sua madre che doveva rientrare a casa con i suoi quattro fratelli e sorelle. Più tardi, mi ha detto che il secondo giorno dopo il bombardamento, un grumo nero che si muoveva strisciò in casa. Subito pensarono che fosse un cane nero, ma presto si resero conto che si trattava della loro madre; lei collassò e morì quando infine raggiunse i suoi figli. Cremarono il suo corpo nel cortile.”
 
Chi merita di fare una simile morte? Nessuno! Eppure il nostro mondo continua a spendere miliardi di dollari per mantenere i nostri arsenali nucleari, e i nostri leader a volte insinuano di esser pronti ad utilizzarli. È assolutamente inaccettabile.  
 
Sentimenti simili sono stati espressi dai downwinders (abitanti di aree che hanno subito un fall-out atomico in occasione dei test di armi nucleari, NdT) negli Stati Uniti, da generazioni di sopravvissuti ai test nucleari in Kazakhstan, nelle Isole Marshall, e altri. Essi sentono che le loro comunità [erano state considerate] superflue. E continuano a soffrire degli effetti delle armi nucleari ogni giorno. 
 
Nelle parole dell’hibakusha [sopravvissuti alla bomba atomica, in giapponese, NdT], troviamo la risposta fondamentale al perché le armi nucleari debbano essere abolite, che cioè “Nessun altro dovrebbe mai soffrire ciò che abbiamo sofferto noi.” Tuttavia, le loro voci non vengono ascoltate da coloro che si trovano in posizioni di potere. Nella Commissione Preparatoria per la conferenza di revisione dell’NPT (Trattato di Non-Proliferazione Nucleare) di quest’anno, che si è conclusa il mese scorso, gli Stati in possesso di armi nucleari hanno continuato a propugnare un sistema di difesa che si basa sulle armi nucleari, sottolineando l’importanza della deterrenza nucleare. All’inizio di questo mese, il parlamentare Michael Turner, presidente della Commissione Speciale Permanente della Camera dei Rappresentanti statunitense sui Servizi Segreti, ha pubblicato un editoriale sul New York Times, chiedendo maggiori investimenti per il programma americano sugli armamenti nucleari.
 
Vi si afferma che la deterrenza nucleare è essenziale per la sicurezza nazionale, ma la rinnovata corsa alle armi nucleari suggerisce la domanda: Di chi si protegge la sicurezza, e a quale costo? Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Guterres ha giustamente ammonito che le armi nucleari “non offrono alcuna protezione, solo carneficina e caos.” Fintantoché le armi nucleari esisteranno, finiranno un giorno per essere usate. Il risultato non sarebbe soltanto la distruzione derivante dall’esplosione e il danno diffuso e a lungo termine causato dalle radiazioni, ma anche ciò che gli scienziati chiamano l’inverno nucleare e la carestia nucleare —il collasso della produzione alimentare globale che risulterebbe dai cambiamenti climatici provocati dalle detonazioni nucleari. Nessuno sulla terra resterebbe immune da un seppur limitato scontro nucleare. 
 
La Proposta di Pace dell’SGI del 2022, che vede come autore il nostro ex presidente internazionale Daisaku Ikeda, ha esortato al dovere di “disintossicarci” dalle attuali dottrine di sicurezza dipendenti dal nucleare. Come genti di fede e comunità di pace, abbiamo la responsabilità di prendere parte a questo processo di disintossicazione, e di risanare il nostro mondo. Come l’ambasciatore austriaco Alexander Kmentt, che è stato il Presidente del Primo Meeting degli Stati Parte del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) ha detto, “Se si discute delle armi nucleari solo tra gli esperti militari, è praticamente impossibile liberarsi dell’idea della deterrenza nucleare. La si deve vedere nella prospettiva legale, dal punto di vista morale ed etico.” 
 
Papa Francesco ha dichiarato “immorale” sia l’uso che il possesso di armi nucleari. La nostra organizzazione è stata una delle 13 organizzazioni cooperanti nella conferenza del 2017 “Prospettive per un Mondo Libero da Armi Nucleari e per il Disarmo Integrale” tenuta in Vaticano, dove il papa ha affermato: “Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un’etica di solidarietà.” 
 
L'SGI, come membro di una società civile e di una comunità di fede, ha pienamente sostenuto il TPNW fin dall’inizio. L’adozione del TPNW deve così tanto agli hibakusha e a coloro che appartengono alle comunità colpite, le cui testimonianze hanno fornito un’argomentazione indiscutibile per denunciare le conseguenze umanitarie degli armamenti nucleari e per eliminare tali armamenti. Il Trattato cerca di affrontare i danni causati alle vittime e all’ambiente attraverso gli obblighi espressi negli Articoli 6 e 7. Come SGI, abbiamo anche lavorato all’implementazione dell’articolo 12 del Trattato, quello sull’universalizzazione, incoraggiando gli Stati a firmare e ratificare il Trattato.
 
Nell’attuale situazione globale in cui le nazioni stanno espandendo e modernizzando I loro arsenali nucleari, e con il crescente rischio dell’uso di armi nucleari, l’SGI ha sostenuto un impegno a Non Usare per Primi le Armi Nucleari come mezzo per la riduzione del rischio e la costruzione della fiducia. Questo impegno sarebbe un passaggio fondamentale verso la riduzione del ruolo delle armi nucleari nella sicurezza nazionale e servirebbe da impulso per far avanzare il disarmo nucleare. 
 
Ma fondamentalmente, abolire gli armamenti nucleari significherebbe trasformare le idee sulla nostra sicurezza. Richiederebbe di stabilire il rispetto per la dignità della vita come premessa fondamentale delle nostre società, così come ispirare la speranza che un simile cambiamento è possibile. Per questa ragione, come SGI, noi abbiamo sempre sottolineato l’importanza dell’educazione, così che divenga senso comune che i sistemi di sicurezza nazionale basati sulla violenza di massa non sono accettabili. Conoscere le esperienze dal vivo dei sopravvissuti è fondamentale in simili sforzi educativi.
 
Per concludere, vorrei condividere un’intuizione di Daisaku Ikeda che ho sempre amato:
 
Ci sono coloro che ci dicono che l’umanità è condannata alla guerra e alla violenza, che è radicato nella nostra natura odiarci e ucciderci l’un l’altro. Tali persone vi diranno che sono semplicemente “realisti.” Spero sinceramente che mai vi sottometterete a un simile “realismo” — non per quel che riguarda le vostre stesse vite, non per quel che riguarda il mondo. Se esaminate simili osservazioni con attenzione, troverete generalmente che coloro che le fanno hanno semplicemente deciso — in modo arbitrario e spesso egoistico —- cosa è realistico e cosa non lo è. Essi tagliano fuori e negano le possibilità illimitate della realtà, per adattarla al loro proprio pessimismo e alla loro ristrettezza di vedute.
 
L'unica assicurazione che le armi nucleari non vengano usate, è la loro totale eliminazione. Non permettiamo a nessuno di dirci che è impossibile. Osiamo immaginare la pace e un mondo libero dalle armi nucleari, credendo pienamente nella capacità e creatività umana di farlo. Grazie infinite.