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Serafim

Metropolita ortodosso, Patriarcato di Romania
 biografia
Vorrei innanzi tutto ringraziare la Comunità di Sant’Egidio, per l’invito a prendere la parola in questa tavola rotonda, dedicata alla preghiera che vince l’odio. 
 
Nella vita del credente, nulla è più importante della preghiera, che vince non solo l’odio ed ogni male, ma persino la morte! Questo perché la preghiera ci unisce a Dio e ci comunica la sua vita e i suoi doni: amore, gioia, pace, pazienza, bontà, benevolenza, fede, mitezza, dominio di sé (cf. Gal 5,22). Noi non viviamo davvero, se non in Dio! E tuttavia, nella nostra vita la preghiera è [l’elemento] più trascurato. Perché? Perché essa esige di concentrarsi nel [proprio] cuore, dove si raccolgono, come presso un focolare, tutte le forze, le energie dell’essere umano, tutti gli uomini e l’intero cosmo. L’uomo è davvero un microcosmo! Il cuore è anche la dimora di Dio, il suo luogo prediletto. Tuttavia, penetrare nel cuore, per avvertire la presenza di Dio e gioire dei suoi doni, non è cosa facile. Il nostro intelletto e i nostri pensieri si disperdono incessantemente, dal mattino alla sera, nelle cose esteriori: lavoro, studi, preoccupazioni della vita. E il cuore, trascurato e dimenticato, si indurisce, diventa insensibile al mistero di Dio e così pure al mistero dei nostri fratelli nell’umanità e al mistero della creazione. Perché tutto è mistero! E il mistero può essere afferrato solo dal cuore. Così, l’intelletto disgiunto dal cuore, disperso in mille cose, col tempo si esaurisce, ci affatica, ci rende malati. Non si può ritrovare l’equilibrio delle nostre energie interiori, che si raccolgono nel cuore, se non con la preghiera e la meditazione sulla Parola di Dio, che è essa stessa una preghiera. 
 
Ma per pregare bisogna essere motivati dalla fede; credere che Dio è il nostro Creatore, il nostro Padre che ci ama, ognuno di noi, del suo amore infinito e gratuito, così come siamo: buoni o cattivi, santi o peccatori… Per pregare bisogna anche avere coscienza del peccato e della propria indegnità, perché non esiste uomo che non pecchi. E il peccato non è un concetto giuridico: “hai violato la legge, devi essere punito”. No, Dio non punisce mai, nessuno, perché Egli è amore. E l’amore non punisce, non si vendica, non si ricorda del male, ma perdona e abbraccia il peccatore. Non è Dio a punire, ma il peccato stesso! In che modo? Dio ha impresso delle leggi nella natura di tutto ciò che esiste, affinché l’armonia regni nell’universo e in ogni essere. Gli astri rispettano le leggi di Dio inscritte nella loro natura: “ha fissato un decreto che non passerà” [lett.: “ha stabilito delle leggi ed essi non le trasgrediranno”] (Sal 148,6). Per questo nel cosmo regna l’armonia (la parola “cosmos” significa anche “armonia”) Soltanto l’uomo, dotato di libertà, non rispetta le leggi di Dio e, di conseguenza, in lui e nell’umanità non c’è armonia, non c’è pace, ma piuttosto disordine e guerra. Il peccato è dunque vivere contro la propria natura, trasgredire le leggi fisiche e morali (i dieci comandamenti) date da Dio proprio perché in noi regnino l’armonia, la pace, la salute dell’anima e del corpo. E se non rispettiamo la [nostra] natura, questa si rivolta contro di noi, s’indebolisce e ci fa soffrire. Tutte le nostre malattie, tutte le nostre sofferenze, fisiche e psichiche, sono causate dalla trasgressione delle leggi della natura e delle leggi morali. Afferma un detto saggio: “Dio perdona sempre, la natura non perdona mai”! Ed ecco il paradosso, il mistero: nella nostra condizione di peccato, che ci fa tanto soffrire, Dio non si allontana da noi ma, al contrario, ci è più vicino che mai. “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia„ (Rm 5,20). Nel mezzo delle nostre sofferenze, causate dal peccato, Dio ci abbraccia col suo amore infinito, ci dà coraggio e suscita in noi la consapevolezza del pentimento, del ritorno alla normalità e al rispetto delle leggi, fisiche e morali, di Dio. Nel pentimento, il credente riconosce e confessa il proprio peccato e la propria ontologica incapacità di salvarsi con le proprie forze, si umilia e, con preghiera ardente, chiede a Dio il suo perdono e il suo aiuto. 
 
Pregare non è sempre facile. Spesso il nostro intelletto e i nostri pensieri si disperdono altrove, proprio durante la preghiera. Bisogna fare uno sforzo di concentrazione, cioè rinchiudere l’intelletto e il pensiero nelle parole della preghiera, come dicono i Padri ascetici. Se preghiamo regolarmente, la preghiera si svolgerà sempre meglio, con più attenzione. In questo modo la preghiera ci diventa cara, perché entra nel cuore e il cuore si infiamma di amore verso Dio, verso gli uomini e verso tutto il creato. La preghiera ci dona così un cuore misericordioso. Alla domanda: “Cos’è un cuore misericordioso?”, sant’Isacco il Siro (VII secolo) risponde:
 
“È l’incendio del cuore per ogni creatura: per gli uomini, per gli uccelli, per le bestie, per i demoni e per tutto ciò che esiste. Al loro ricordo e alla loro vista, gli occhi versano lacrime, per la violenza della misericordia che stringe il cuore. 
 
A motivo della grande compassione, il cuore si scioglie e non può sopportare di udire o vedere un danno o una piccola sofferenza di qualche creatura. E per questo egli offre preghiere con lacrime in ogni tempo, anche per gli esseri che non sono dotati di ragione, e per i nemici della verità e per coloro che la avversano, perché siano custoditi e rinsaldati; e perfino per i rettili, a motivo della sua grande misericordia, che nel suo cuore sgorga senza misura, a immagine di Dio”. 
 
San Paolo ci esorta a “pregare ininterrottamente” (1Ts 5,17), in ogni momento e in ogni luogo: a casa, in chiesa, in viaggio, sul lavoro, ovunque. “In tutti i luoghi (…) benedici il Signore, anima mia” (Sal 102,22). San Giovanni Climaco (VI secolo) dice che la preghiera è il sostegno del mondo (il mondo non può reggere senza la preghiera), l’illuminazione dello spirito, la difesa contro le tribolazioni, l’estinzione delle guerre, la fonte delle grazie, l’ascia che tronca la disperazione, la messa al bando della tristezza… 
 
Nell’ufficio ortodosso si ascolta spesso [l’espressione]: “Ancora e ancora, preghiamo il Signore!”. È l’esortazione che rivolgo anche a voi tutti!