24 Settembre 2024 09:30 | Collège de France – Amphithéâtre Guillaume Budé
Intervento di Indunil J. K. Kodithuwakku
Indunil J. K. Kodithuwakku
Segretario, Dicastero per il Dialogo Interreligioso, Santa Sedebiografia
Il nostro mondo è di nuovo in fiamme: guerre e conflitti stanno devastando il globo. Il nostro pianeta è in fiamme: sperimentiamo sempre più gli effetti negativi del riscaldamento globale. La violenza contro gli esseri umani è legata alla violenza contro la terra. La disumanizzazione dell'altro si traduce nell'incapacità di vedere l'altro come un fratello o una sorella, di considerare l'altro come sgradito nel mio mondo. Questa ideologia ostile dell'“alterità” incita all'inimicizia e alla polarizzazione e le ferite che ne derivano possono continuare per decenni e possono essere ereditate e trasmesse di generazione in generazione, portando a un decadimento della prospettiva morale dell'“altro”. L'atto di uccidere diventa quindi un atto per sradicare il nemico percepito nell'altro. Non c'è dolore per la perdita di vite umane e, in alcune situazioni, si prova addirittura piacere per la sofferenza o la morte di altri o, peggio ancora, si sostiene “hanno avuto ciò che si meritano”. Questo rivela una profonda crisi morale perché l'umanità ha perso l'empatia. Inoltre, a volte siamo responsabili della “violenza del silenzio”. L'interferenza, per interessi geopolitici, nei conflitti locali da parte di chi ha il potere, e le guerre per procura, provocano ulteriore violenza e guerra. Anche l'aumento del nazionalismo e del populismo, così come il radicalismo e l'estremismo, minacciano la pace nel mondo. Oggi, anche l'intelligenza artificiale non regolamentata è in grado di destabilizzare il mondo.
Tutti immaginiamo un mondo senza guerre e senza violenza. In effetti, la maggior parte dei nostri fondatori e maestri religiosi ha da tempo immaginato un mondo senza guerre, dove la pace e l'amore sono i principi guida dell'esistenza umana. Gesù Cristo, nostro maestro e guida, ha esemplificato questo profondo insegnamento attraverso la sua vita e il suo sacrificio. Come vittima della violenza, ha sperimentato in prima persona la brutalità e l'ingiustizia che così spesso affliggono il nostro mondo. Eppure, di fronte a questa sofferenza, Gesù ha scelto un cammino di pace e di perdono, estendendo l'amore anche a coloro che lo perseguitavano. I suoi insegnamenti: “Amate i vostri nemici” (Mt 5,44) e “Beati gli operatori di pace” (Mt 5,9) risuonano come potenti inviti a trascendere le nostre differenze e a cercare la riconciliazione e la comprensione. La vita di Gesù dimostra che la pace non è passiva; richiede un impegno attivo, il coraggio di opporsi all'ingiustizia e la volontà di coltivare l'amore anche nelle circostanze più difficili.
Questo messaggio di pace e amore trova eco negli insegnamenti di altri leader e tradizioni religiose. La sfida che dobbiamo affrontare oggi è quella di prendere questi insegnamenti senza tempo e applicarli in un mondo che è ancora spesso dilaniato dai conflitti. Una delle tragiche ironie del nostro tempo è che, mentre tutte le principali tradizioni religiose invocano la pace, la compassione e la dignità della vita umana, alcuni abusano degli insegnamenti religiosi per giustificare la violenza.
Tuttavia, nonostante queste sfide poste dalla violenza religiosa, è essenziale riconoscere e celebrare gli sforzi in corso dei leader religiosi e delle comunità che sono profondamente impegnati nella costruzione della pace attraverso la guarigione, la riconciliazione e la giustizia. Siamo testimoni dell'opera di trasformazione di iniziative di ispirazione religiosa, che cercano di riparare le ferite dei conflitti e di costruire ponti tra comunità divise, tra Paesi e nel mondo in generale. Dobbiamo continuare a sognare con la mente, il cuore e le mani per costruire una cultura di pace. In questo preciso momento storico, dobbiamo ribellarci contro ogni tipo di tribalismo, e disegnare un nuovo progetto di vita, facendo quanto segue:
1. Identificare le cause: Tutti noi siamo influenzati dallo spirito e dai costumi del nostro tempo e del nostro luogo. Tuttavia, dobbiamo rigettare le dannose correnti di pensiero prevalenti, ed essere capaci di nuotare controcorrente. Abbiamo bisogno di strumenti adatti a permetterci di cogliere, con imparzialità di giudizio, le cause profonde dei conflitti locali e globali: fattori socioeconomici, culturali, religiosi, regionali, locali e geopolitici. La pace fiorisce in condizioni di verità, giustizia, amore e libertà e per questo sono necessari cambiamenti strutturali e sistemici.
2. Riconoscimento dei propri errori e pentimento: Possiamo essere stati parziali, prevenuti, indifferenti e persino violenti nelle nostre parole e azioni. Possiamo essere vittime, carnefici o taciti sostenitori della violenza. Dobbiamo guarire la nostra cecità e quella degli altri per modificare il modo in cui percepiamo, pensiamo e concepiamo l'altro e il pianeta. Poiché apparteniamo a un'unica famiglia umana e quindi tutti hanno pari dignità e rispetto.
3. Curare la fraternità ferita: La riconciliazione richiede: il superamento delle paure di dominio di un gruppo sugli altri; la giustizia economica; il risanamento della memoria; la condivisione del potere, evitando di farsi istigare da forze esterne. Tale processo di riparazione dovrebbe coinvolgere non solo i leader religiosi, ma anche la partecipazione attiva delle vittime, dei colpevoli e dei membri della comunità. La ricerca della pace comprende gli ambiti della prevenzione, della protezione e della mediazione.
4. Convertire l'inimicizia in amicizia: Dobbiamo ridurre la distanza tra i diversi gruppi della società. Questo obiettivo può essere raggiunto: sfruttando il potere trasformativo delle religioni; utilizzando l'educazione per convertire l'immagine del nemico attraverso programmi di studio volti a rompere i circoli viziosi della paura, degli stereotipi e della violenza. Occorre incentivare il ruolo delle le donne, dei giovani e dei bambini come costruttori di pace.
5. Il dialogo per la costruzione della pace: Il dialogo è l'antidoto alla guerra e ai conflitti perché può: trovare modi non violenti di risolvere i conflitti; costruire ponti; contrastare le teorie complottistiche e le voci infondate; promuovere la fiducia e l'amicizia reciproca; incentivare gruppi diversi a lavorare e camminare insieme. Siamo interconnessi e interdipendenti, quindi il dialogo deve essere esteso a: società civile, seguaci di altre tradizioni religiose, personale dei media, organizzazioni nazionali, regionali e internazionali, comunità accademiche e scientifiche e tutte le altre parti interessate a promuovere la pace. La diplomazia e il multilateralismo dovrebbero essere impiegati maggiormente negli affari internazionali.
6. Una narrazione per un nuovo umanesimo: La guerra è terribile. È necessario dare voce ai racconti dei sopravvissuti alle guerre (Hiroshima, Nagasaki, campi di concentramento nazisti e le guerre in corso) per dare una svegliata al nostro mondo, perché si opponga alla crudeltà della guerra. Le persone devono essere incoraggiate a visitare i musei della guerra, i parchi della pace, i cimiteri di guerra, perché conoscere la storia della guerra e la sua raccapricciante violenza potrebbe spingere le persone a evitare gli errori del passato. A tal fine è necessario raccontare le storie dei costruttori di pace non violenti per motivare gli altri a impegnarsi nella nonviolenza. Per coltivare la pace si possono utilizzare iniziative culturali e artistiche, lo sport, internet ed i social media.
7. Riconoscere il bene: Dobbiamo apprezzare le iniziative lodevoli di individui, comunità, governi, organizzazioni diverse che mirano a ridurre la povertà, assistere i migranti, fornire aiuti umanitari, promuovere il dialogo, ecc.
8. Pratica religiosa e purificazione: La preghiera può: trasformare un “cuore di pietra” in un “cuore di carne”; risvegliare la coscienza; scacciare i pensieri violenti; generare amorevolezza, misericordia e perdono; sradicare i mali sociali. Può renderci costruttori di pace.
In conclusione, gli insegnamenti di Gesù e di altri leader religiosi ci ricordano che un mondo senza guerra non solo è possibile, ma è anche il compimento della nostra vocazione più alta. Vivendo questi insegnamenti, contribuiamo alla realizzazione di questo sogno divino, avvicinando sempre più l'umanità alla pace che i nostri cuori desiderano e che le nostre fedi proclamano da tempo. Ascoltiamo il monito di Papa Giovanni Paolo II pronunciato ad Assisi nel 1986: “O impariamo a camminare insieme in pace e armonia, o ci estranieremo e rovineremo noi stessi e gli altri” (Basilica di Santa Maria degli Angeli, 27 ottobre 1986, n. 5). Portiamo avanti questa visione, fiduciosi nella convinzione che, insieme, possiamo creare il mondo che sogniamo: un mondo in cui la fraternità universale non è solo una speranza, ma una realtà.