Parlare del “potere della preghiera” è per molti aspetti un paradosso e una contraddizione in termini. Nella mia tradizione religiosa il linguaggio del corpo nella preghiera è chinare il capo, chiudere gli occhi e congiungere le mani: ma le mani giunte non sono capaci di azione; e neppure lo è il pregare in ginocchio o prostrati. Pregare è un'espressione di impotenza. Nel contempo i nostri cuori nella preghiera sono rivolti verso Dio, l'Onnipotente.
Ma questo aggiunge un altro paradosso nella nostra tradizione cristiana. Cos'è il potere di Dio, e come agisce e interviene nel nostro mondo? Con gli apostoli confessiamo che Cristo, Figlio di Dio, “venne nel nostro mondo nell'impotenza e svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, (…) umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte” (Fil 2,7-8). È strano in questo contesto parlare di forza.
Tuttavia, la testimonianza biblica e l'esperienza cristiana attestano il potere della preghiera. Questo potere è diverso da quello di cui generalmente leggiamo nei libri di storia: è un potere in cui la preghiera è più di una petizione a Dio. La notte, prima di andare a dormire, preghiamo: “Nelle tue mani, o Signore, rimetto il mio spirito, la mia vita”.
Preghiera è comunicazione con il nostro Padre nei cieli. Noi ascoltiamo Lui e la Sua parola, parliamo e rispondiamo, e ci affidiamo al suo amore che redime e che è piu forte della morte. Nella preghiera Dio ci guida a nuovi modi di essere e guida le nostre mani verso nuovi modi di agire.
Vorrei farvi un esempio di come il potere della preghiera abbia contribuito a cambiare la società norvegese due secoli fa. A quel tempo la Norvegia era il più povero paese d'Europa. Allora venne un contadino, Hans Nielsen Hauge. Un giorno, nei campi, cantando un inno, sentì una forte comunione con Gesù. Nella preghiera sentì la chiamata a lasciare la sua fattoria e a radunare persone per leggere la Bibbia e pregare.
Hauge camminò per le valli del nostro Paese, e un vasto movimento di laici crebbe sulla sua scia. Piu di una volta fu imprigionato, perché la sua attività rappresentava un’infrazione ai rapporti Stato-Chiesa dell’epoca. Radunava le persone nelle loro case ma le fattorie divennero troppo piccole e vennero costruite case di preghiera in tutto il paese. Ma questo non fu l'unico effetto:
• Hauge insegnò alla gente tecniche industriali e agricole, iniziando una rivoluzione industriale e agricola in Norvegia;
• sorse un ministero diaconale tra i malati e i poveri, che più tardi diede forma allo sviluppo del servizio sociale nel nostro Paese;
• furono istituite molte delle nostre attuali famiglie missionarie, operanti nel nostro Paese e all’estero;
• infine, la responsabilizzazione di donne e uomini alla leadership creò un terreno fertile per lo sviluppo della democrazia.
Il movimento era chiamato “movimento della casa di preghiera”. La preghiera ne era il cuore pulsante. Da un lato vi era la comunione personale e intima con Cristo e la risposta alla sua parola e alla sua chiamata; dall’altro, il suo effetto sorprendente – una rivoluzione industriale e agricola, organizzazioni missionarie e di volontari che lavoravano con i poveri e i malati, la responsabilizzazione dei laici e la preparazione del terreno per la democrazia. Non ho dubbi che Dio era presente in questo processo durato decenni, agendo negli individui e nelle comunità e guidando su nuove strade di vita e di azione.
Nel nostro contesto mi viene ricordato che questa storia è simile ad altri movimenti sulla scena contemporanea mondiale, dalle comunità di base in America Latina alle Comunità di Sant’Egidio in Europa e in altri continenti; e in questa tavola rotonda sono ansioso di ascoltare ed imparare dalle testimonianze e riflessioni delle altre tradizioni religiose.
Con questi racconti non sto dimenticando il popolo siriano, il Medio Oriente e le aree dove si soffre per la guerra, la fame e la povertà. Non siamo capaci di risolvere i problemi del male con l’intelletto. Ma Dio ci ha chiamati a vincere il male attraverso il bene e a lottare “contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” con la verità e la giustizia, con il Vangelo della pace e della preghiera allo Spirito, come dice Paolo (Ef, 6,12). Per me questo ha un duplice significato, rispetto alla preghiera intesa come speranza, come coraggio di sperare.
1. Nel1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, i giovani della Giamaica – dall’altra parte del mondo – pregavano per un vescovo norvegese imprigionato per la sua lotta contro il regime nazista. Alla fine la guerra terminò e lui fu liberato. Il Corpo di Cristo è una comunità universale, unita in preghiera, e insieme noi portiamo i pesi gli uni degli altri. Questo è ciò che dice la preghiera del Signore.
Noi sappiamo qualcosa sulla forza e la speranza che queste preghiere danno ai credenti che soffrono nell’oppressione. Molti esempi ci insegnano che l’intercessione per loro ha portato a un miglioramento e a una nuova libertà. Non dovremmo mai sottovalutare il potere della preghiera lottando contro le forze oscure di questo mondo. Nella preghiera personale e comune noi troviamo speranza.
2. Ma le forze del male continuano a infliggere ingiustizia, povertà e sofferenza a noi e a tutti gli esseri umani. La storia dei martiri nella storia cristiana e delle persone perseguitate a causa della loro fede aggiunge una dimensione piu profonda alla forza della preghiera. Quando Gesù era sulla via della croce, ammonì i suoi discepoli: “Rimanete nel mio amore!” e l’evangelista commenta: “Li amò sino alla fine”. Questa è anche la testimonianza dei martiri. Noi conosciamo alcuni dei loro nomi, ma la maggior parte di essi rimane nelle ombre della storia. Ma nelle loro vite scopro la forza piu sorprendente della preghiera e la sfida che ci pone.
Nella nostra impotenza noi preghiamo Lui che ci mantenga nelle sue mani nella vita e nella morte. Nella veglia e nell’attesa preghiamo con i poveri e i sofferenti che Dio possa conservarli nel suo amore, che è più forte della morte. Questa è anche la nostra supplica in circostanze meno drammatiche, per noi stessi e per gli altri. In questa preghiera la speranza nasce di nuovo.
Prima di concludere permettete che ritorni al mio paese, la Norvegia. Il numero di luoghi di preghiera si è ridotto in maniera significativa negli ultimi decenni. Oggi viviamo in una società ricca, ma siamo parte di un continente europeo in crisi finanziaria e sociale, culturale ed ambientale. E noi apparteniamo ad una famiglia globale che conosce sin troppo la guerra e il conflitto.
In tempi di crisi la gente si volge a Dio, grida a Dio. In Europa oggi è stato detto che la nostra crisi è di un genere più profondo, che abbiamo dimenticato Dio e siamo senza fede, speranza e futuro. Siamo diventati immuni e abbiamo smesso di ascoltarlo e di permettergli di forgiare le nostre vite e di aprirci a ciò che ci circonda e al Suo futuro, anche sulla strada della croce? Siamo diventati immuni alla sofferenza e alla povertà dei nostri vicini, non solo nelle immediate vicinanze, ma anche nel nostro villaggio globale?
In conclusione, perciò, devo anche chiedere se abbiamo perso di vista il significato della preghiera e del suo potere, non solo come intercessione, ma come relazione personale con Cristo, ascoltando la voce di Dio e lasciandogli forgiare la nostra vita quotidiana come persone e come comunità. La preghiera con i poveri e i sofferenti implica sempre che apriamo loro i nostri cuori, le nostre menti e le nostre mani. È in questo incontro ricco di preghiera con Dio che la speranza nasce di nuovo, convertendoci a nuovi modi di vivere e di agire.