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Brian C. Stiller

Global Ambassador della Alleanza Evangelica mondiale, USA
 biografia

 Fratelli e sorelle miei,

Mentre oggi ci incontriamo con il cuore rivolto al Dio della creazione affinché instilli nei cuori dei popoli del mondo una inclinazione alla pace, nessuno di noi qui è incurante dell'enorme distrazione per la leadership, la politica e gli sforzi umani, rappresentata dall'egoismo.
Ciò che è vera, e allo stesso tempo potente, è la presenza e la volontà del Dio che serviamo. In quanto cristiano, sono ogni giorno consapevole della presenza della Santissima Trinità e dell'opera dello Spirito Santo di Dio.
 
Il velo che ci separa dalla vita e dal Dio della creazione è davvero sottile. La fragilità di questa separazione viene negata se non ridicolizzata da un mondo materialista che pensa solo in termini di costrutti fisici, riducendo la vita ad una interazione di strutture atomiche, che ignorano o sottovalutano il cuore dell'uomo. Lo spirito umano, così come viene inteso dalla tradizione cristiana, è fatto a immagine del Creatore. Non è qualcosa da prendere alla leggera. E' mistico, legato al trascendente e potente nella sua azione nel mondo fisico e spirituale.
 
Ci siamo riuniti avendo in mente la preghiera. Fin da subito, i miei genitori hanno insegnato a noi bambini cosa fosse la preghiera, la sua importanza nella vita quotidiana e l'effetto domino della sua pratica.
 
Lasciate che vi conduca attraverso due esempi di ciò che significa per me coinvolgere il Santo Dio della vita, con i mezzi messi a disposizione dalla pratica della preghiera.
 
Avevo otto anni quando vivevo nella grande prateria, nella regione agricola del Canada occidentale. Mio padre - e vi parlo del 1950, ben prima dei trapianti di organo - fu colpito da una malattia renale mortale: gli furono diagnosticati pochi mesi di vita. Ricoverato in ospedale, mi fu consentito di entrare nella sua stanza solo di tanto in tanto. Per la maggior parte del tempo, restavo fuori, guardando verso di lui mentre sedeva accanto alla finestra.
 
Spesso ho sentito il suo nome sussurrato in preghiera, poiché nella nostra chiesa Pentecostale, le persone esprimevano la fiducia chiara e inequivocabile nel fatto che Dio avrebbe potuto – e non soltanto avrebbe voluto - guarire. Era più di quanto potessi comprendere, se non che mio padre era molto malato e temevo che non avremmo più potuto trascorrere altre giornate di pesca insieme.
 
Una domenica mattina, la nostra chiesa nazionale stava tenendo la sua riunione annuale nel Saskatoon. Era il servizio della comunione - la versione protestante della Santa Comunione. Prima che il servizio avesse inizio, qualcuno decise che era giunto il momento di agire. Si recarono in ospedale, prelevarono mio padre dalla sua stanza e lo condussero al servizio. Prima della comunione, fecero come indicato da San Giacomo: "chi è malato, chiami presso di sé i presbìteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà”. (Giacomo 5,14-15 )
 
Fu riportato all'ospedale e, nel giro di poche settimane, il medico rimase così meravigliato dal suo recupero tanto che lo rimandò a casa, come se non fosse stato mai affetto da questa malattia renale.
 
Offro questo racconto personale perché la preghiera non è un esercizio cerimoniale o tanto meno meccanico, che riafferma una tradizione, o è frutto di una consuetudine. E' potente, efficace, ed è un dono così grande che ho il sospetto che la maggior parte di noi qui abbia appena scalfito la superficie di ciò che Dio ha in serbo per coloro che riporranno la propria fede nel suo amore e nella sua presenza interattiva.
 
Il secondo riferimento è più recente.
 
L'anno scorso, noi - Alleanza Evangelica Mondiale - siamo stati invitati nel Sud Sudan. Il problema era che i cristiani stavano uccidendo i cristiani. Mentre erano in corso controversie sulla definizione dei confini nazionali, tra il Sudan e la nuova Repubblica del Sud Sudan, gli omicidi e i rapimenti di bambini rappresentavano il problema più grave per questa nuova e fragile nazione africana.
 
Ciò che ci sorprese, era l'ostilità che aveva portato a un'escalation di omicidi tra tribù, soprattutto nello stato del Jongeli, innescata da un problema annoso: furti di bestiame. Le mucche, la misura estrema della ricchezza personale, sono state la scintilla. Mentre le stime sono difficili da confermare, ben tre mila sud sudanesi erano stati uccisi, nei mesi precedenti, a causa di questo conflitto interno.
 
Le tribù nomadi sono radicate nelle loro abitudini inveterate, secolari e culturali, nonché in antichissimi risentimenti. Qui è il bestiame a definire la vita e a dare forma al senso del benessere. Tutto ciò conduce al cuore della vita tribale -  il matrimonio. Chi decide chi si sposerà con chi? E’ un problema. Ma, forse più importante, quante mucche mi porterà mia figlia? La dote diviene l'arbitro.
 
Il Vescovo Taban, della Chiesa Presbiteriana Evangelica del Sud Sudan, ha convocato capi tribù, anziani , funzionari governativi e pastori alla Conferenza per la Pace e la Riconciliazione a Jongeli.
 
Quando ci riunimmo, fummo tutti d'accordo sul fatto che la pace fosse migliore. Tutti sostennero l'invito di Cristo: "ama il tuo nemico". L'impegno verso questi valori fu forte e immediato. Ma le risposte furono meno chiare. Come per molti Paesi africani, le infrastrutture del Paese sono sottodimensionate, imbrigliate in secoli di identità tribali, abitudini inveterate e profondamente radicate nelle usanze e nelle aspettative.
 
“Che cosa ci vorrebbe?" ci siamo chiesti. Le missioni hanno operato in quest'area per anni. Nell’ottocento, le missioni cristiane – sia cattolici romani che protestanti – si sono radicate nel sud. Oggi, mentre molti praticano le religioni tribali, la fede cristiana è accettata come punto comune per avviare questo tentativo mirato all'ottenimento della pace.
 
In mezzo a tanto parlare, discutere, puntare il dito, risate e lacrime, cominciammo a pregare. Abbiamo pregato insieme. Abbiamo pregato in gruppi. Abbiamo pregato singolarmente. Abbiamo pregato da soli. Poi abbiamo cantato. E come cantava bene la gente!
 
Mi è stato chiesto: "Sei riuscito a concludere un accordo di pace?" "No, - ho risposto - ma hanno pregato insieme".
 
Mesi dopo ho ricevuto notizie da uno dei partecipanti, il quale mi ha detto che, dopo il nostro incontro di preghiera di pace, nessuno era stato ucciso per le ragioni che tanto avevano diviso.
 
So che non è la fine di questa storia. Ma San Paolo ci ha portato su un nuovo piano, che ci ricorda che: "in realtà, noi viviamo nella carne, ma non combattiamo secondo criteri umani. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali,  ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze."(2 Corinzi 10,3-4)
 
Mentre ci impegniamo in questi giorni, e nei mesi a venire, nella ricerca di soluzioni di pace a problemi enormi e apparentemente irrisolvibili, dobbiamo essere consapevoli del fatto che al nostro fianco, appena velato alla nostra vista, vi è il Dio della vita che ci invita, invero ci dispone a chiamare alla fede, invocando forza e capacità mentre cerchiamo di fare la volontà del Dio della pace.
 
Sforziamoci di essere coraggiosi nella fede mentre intercediamo per un mondo che vive in un profondo dolore, e per popoli che languono nel bisogno. La preghiera è l'invito di Dio per noi a impegnarci per ciò che è nel suo cuore, affinché la pace regni.