Non vi è persona che non desideri la pace, sia essa un credente o non credente. Tuttavia, nel caso di un credente, egli ha una visione più chiara della “pace”, sulla base del proprio credo.
Uno degli obiettivi del Tenrikyo è la realizzazione del mondo di pace, che noi chiamiamo Yokigurashi Sekai, ossia il “mondo della Vita di Gioia”. La “Vita di Gioia” è un mondo in cui, noi figli di Dio-Genitore, il “Dio delle Origini” e il “Dio vero”, viviamo non solo in un clima di reciproco aiuto, ma dove ogni singola persona modera i proprio desideri e il proprio egocentrismo.
Tuttavia, guardando la realtà, il desiderio che non conosce la moderazione conduce gli uomini a scelte sbagliate, da cui nascono i conflitti che mettono a repentaglio la sopravvivenza stessa della natura, che è la culla della vita, chiudendo percolosamente le porte al futuro dell’umanità stessa. La tendenza a pensare che “tutto vada bene, se va bene per il singolo uomo” ha come conseguenza il progressivo indebolimento delle relazioni umane, a partire dalle relazioni all’interno della famiglia, scuotendo così le fondamenta della società stessa.
Dinanzi alla realtà di oggi, il leader del Tenrikyo, Zenji Nakayama, che noi chiamiamo con l’appellativo di Shimbashira, ci dice (cito): “E’ nostro compito, come fedeli che seguono il Tenrikyo, lavorare per la salvezza del mondo, trasmettendo le vere intenzioni di Dio Genitore e aiutando coloro che, senza alcuna guida spirituale, sono preoccupati dall’incertezza del futuro.” Non solo, dice che è arrivato il momento per noi fedeli del Tenrikyo, la missione dei quali è la realizzazione del mondo della Vita di Gioia, di portare avanti il nostro lavoro con maggiore presa di coscienza del nostro obiettivo, in modo che si possa realizzarla.
Inoltre lo Shimbashira ha dato delle chiare indicazioni a noi fedeli su come dovremmo lavorare concretamente per salvare gli altri (cito) : “Il lavoro per salvare gli altri inizia con l’avere premura per coloro che ci stanno intorno. Se incontriamo persone che soffrono per malattia o altri problemi, preghiamo affinché vi sia una soluzione, parliamo a loro in modo attivo e diamo una mano per aiutarli. Possiamo amministrare lo Sazuke ai malati con cuore sincero, ascoltare e capire cosa possa passare per la mente di coloro che sono preoccupati e disperati. Allo stesso tempo possiamo trasmettere loro la volontà di Dio Genitore e li possiamo guidare affinché possano cambiare il loro atteggiamento spirituale. Continuiamo ad aiutarli finché anch’essi non inizino a lavorare per la salvezza degli altri.”. In questo modo ha chiesto a ogni singolo fedele del Tenrikyo di essere attivi nel salvare gli altri, che in questo momento stanno soffrendo per le varie difficoltà.
Il tema della tavola rotonda di oggi è “Speranza e pace: le religioni in Giappone”. Leggendo il versetto 13 della Prima Lettera ai Corinzi, ci capisce come il termine “speranza” sia centrale e carica di significato per il cristiano, così come lo sono i termini “fede” e “amore”. Nonostante le persone possano sentirsi minacciate per un avvenire sconosciuto e debbano affrontare le difficoltà, se ci unissimo e ci aiutassimo a vicenda, mantenendo accesa la fiamma della speranza, allora la speranza potrebbe diventare una grande forza che ci porterà a superare gli ostacoli.
Cambiando discorso,l’agosto scorso, un gruppo di alunni e docenti della scuola secondaria inferiore Seibu Gakuen Bunri Junior High School, Giappone, ha visitato il Vaticano. In quell’occasione Papa Francesco disse loro che (cit): “Il dialogo è molto importante per la propria maturità, perché nel confronto con l’altra persona, nel confronto con le altre culture, anche nel confronto sano con le altre religioni, uno cresce: cresce, matura”, che “Non si può avere pace senza dialogo. Tutte le guerre, tutte le lotte, tutti i problemi che non si risolvono, con cui ci scontriamo, ci sono per mancanza di dialogo”, sottolineando così l’importanza del dialogo con gli altri per la realizzazione della pace.
Sono fermamente convinto che l’incontro di oggi di noi rappresentanti religiosi e il nostro confronto sulle varie situazioni sociali siano fondamentali per affrontarli e indirizzarli secondo la vera volontà di Dio, insita in esse. Allo stesso tempo credo che questo sforzo sia importante anche per la nostra stessa maturità spirituale e possa aumentare la capacità di trovare una speranza di vita.
Quattro anni fa vi fu un forte sisma nell’Italia centrale.Mentre l’11 marzo 2011 in Giappone, vi fu il cosiddetto “terremoto del Giappone orientale”, un terremoto di magnitudo 9 che si dice arrivi una volta ogni mille anni, causando uno tsunami di ingente portata e migliaia di vittime. Inoltre, la combinazione del terremoto e dello tsunami ha danneggiato gravemente la centrale nucleare di Fukushima e le conseguenze della fuoriuscita della radioattività causata dal melt-down sono vaste.
Il 22 aprile 2011 Papa Benedetto XVI, in una intervista fatta nel programma di Rai 1 “A Sua Immagine. Domande su Gesù” alla domanda sul “perché anche i bambini devono avere tanta tristezza?”, fatta da una bambina giapponese di 7 anni, vittima del grande terremoto del Giappone Orientale, ha risposto nel modo seguente (cito):
“Anche a me vengono le stesse domande: perché è così? (.....) E non abbiamo le risposte, ma Dio sta dalla vostra parte. (....) Questa sofferenza non era vuota, non era invano. (.....) Stai sicura, noi siamo con te, con tutti i bambini giapponesi che soffrono. (.....) Preghiamo insieme.”.
Le parole del Papa “Questa sofferenza non era vuota, non era invano” è un punto di vista fondamentale per comprendere le sofferenze che possono insorgere durante la propria vita.
Dopo la mia partecipazione all’Incontro Internazionale di Pace, tenutosi a Cracovia nel 2009, questa è la seconda volta in cui partecipo a quest’incontro. In questo Incontro abbiamo avuto modo di visitare il campo di concentramento di Auschwitz, dove abbiamo fatto la marcia della pace. Immediatamente dopo l’incontro, sono rientrato in Giappone di corsa e ho dovuto fare il moderatore per un’intervista per una rivista pubblicata dal Tenrikyo, tra un professore universitario e il Rev. Yoshitaro Ueda, l’attuale direttore degli affari amministrativi del Terikyo.
Durante questa intervista si è parlato della vicenda del dott. Viktor Frankl, uno psicologo austriaco di origine ebrea, famoso per il libro “Uno psicologo nei lager”. Sopravvissuto all’esperienza del campo di concentramento, in questo libro scrisse sulle sofferenze subite. Scrive (cito): “non importa affatto che cosa possiamo attenderci noi dalla vita, ma importa, in definitiva, solo ciò che la vita si attende “da noi””.
Questa sua presa di coscienza, avvenuta in una circostanza estrema, ha qualcosa in comune con l’insegnamento del Tenrikyo, in cui ci viene insegnato ad accettare le difficoltà come “nodi”. I “nodi” sono delle situazioni che ci mettono alla prova affinché possiamo cambiare il nostro atteggiamento spirituale e lo stile di vita. Non solo, sono un’opportunità che ci viene data per la nostra maturità spirituale. Ciò che avviene “in quel momento, in quel posto, a una determinata persona” è in realtà il manifestarsi della volontà di Dio Genitore al proprio figlio, affinché possa vivere la Vita di Gioia. E’ quindi necessario non fuggire da questi “nodi”, ma bisogna affrontarli e la profonda comprensione che ne scaturisce diventa essa stessa un dialogo con Dio.
Il contrario della speranza è la disperazione. Frankl ha formulato la seguente equazione “sofferenza - significato = disperazione”. Viene comunemente chiamata l’ “equazione di Frankl”.
In merito a questa equazione, il Rev. Ueda sostiene che “se trovassimo un significato (un senso) più grande di quanto possa essere la sofferenza, allora la disperazione diventerebbe di piccola entità. Disperazione che può allora trasformarsi in speranza”. Ovviamente questa è una riflessione fatta sulla base dell’insegnamento del Tenrikyo, che ci insegna che “dai nodi nasceranno germogli”.
Di fronte a difficoltà in cui non sappiamo cosa fare o in situazioni difficili, gli uomini si sentono spesso smarriti, disperati e si arrendono. Tuttavia nel Tenrikyo ci viene insegnato che dobbiamo accettare le difficoltà come un’opportunità per maturare ulteriormente. Ciò significa che qualsiasi sofferenza può essere trasformata in speranza.
Arrivati a questo punto ci si potrebbe chiedere allora quale potesse essere, ad esempio, la speranza di coloro che hanno perso la vita nei campi di concentramento come Auschwitz. La speranza consiste nel compito dei sopravvissuti e di coloro che ne conoscono la tragedia di prendere la ferma decisione che non verrà commesso nuovamente lo stesso orrore, di agire affinché ciò non accada, riuscendo così a trasformare l’orrore in una speranza per tutta l’umanità.
Nell’aprile 1981, quando Madre Teresa visitò il Giappone, si rivolse alle grandi aziende giapponesi, che volevano donarle ingenti quantità di denaro per aiutarla nelle sue attività di sostegno ai poveri e ai bisognosi in India, dicendo loro (cito): “I giapponesi dovrebbero dare la priorità all’aiuto verso i giapponesi in povertà, piuttosto che ai bisognosi indiani, perchè l’amore ha inizio a casa.” Aggiunse (cito): “La mia permanenza in Giappone è molto breve, quindi, nonostante abbia pensato di aiutare qualcuno, non l’ho ritenuto opportuno. Ma se avessi incontrato una donna stesa a terra, allora le avrei immediatamente parlato. In Giappone, che sembra tanto ricco, non pensate che ci possa essere un cuore arido? Uno spirito arido in cui ci si sente completamente inutili e non amati da alcuno? A differenza della povertà materiale, la povertà di spirito è qualcosa di molto serio. La povertà di spirito è ancor più profonda che non avere un pezzo di pane da mangiare. Voi giapponesi, cercate di non dimenticare la povertà di spirito nel vostro benessere.”. Un discorso questo che mi ha colpito profondamente.
Come Madre Teresa ha avuto modo di percepire, all’epoca la società giapponese viveva una fase di crescita economica a dir poco strabiliante. Ciononostante forse lo spirito dei giapponesi era inaridito. A 32 anni da questa visita, il Giappone sta vivendo un periodo in cui se da una parte il tasso di natalità sta progressivamente abbassando, dall’altra sta aumentando l’indice di vecchiaia. 1 persona su 4 è oltre i 65 anni, diventando così un Paese con un “iper-invecchiamento” demografico, mentre, a causa della persistente recessione, lo Stato ha circa 7,7 miliardi di euro di debito pubblico. (ca. 1000 miliardi di Yen) Si potrebbe pensare che proprio in queste difficoltà potesse aumentare l’aiuto reciproco, ma, l’egocentrismo alimentatosi dal benessere economico post-bellico e il suo radicarsi nel profondo delle persone, ha portato solo un indebolimento delle relazioni interpersonali e la scomparsa quasi totale dell’aiuto reciproco.
In questa situazione sociale, il terremoto del Giappone orientale avvenuto 3 anni fa, ha fatto sì che iniziassimo a cambiare il nostro modo di pensare e di vivere. Credo che molti giapponesi si siano resi finalmente conto che la natura, considerata come un elemento “amico”, potesse a volte diventare una minaccia e che la quotidianità fosse in verità sostenuta da una grande benedizione.
Inoltre, dinanzi alla sofferenza e alle difficoltà patite dalle vittime, sono arrivati aiuti non solo da tutto il resto del Paese, ma anche dall’estero. E’ come se si fosse risvegliato finalmente il “gene dell’aiuto reciproco”, che era sopito in fondo al cuore delle persone.
Nel Tenrikyo ci viene insegnato che “tutti gli esseri umani sono figli dello stesso Dio Genitore e sono tutti fratelli e sorelle. La Vita di Gioia, in cui gli uomini si aiutano in modo reciproco, è il desiderio di Dio e l’obiettivo finale della vita degli uomini.”.
La vera gioia di vivere non sta in quella in cui l’“io” è centrale, ma la si può assaporare nell’aiuto reciproco. Credo sia necessario ricordarsi sempre dello spirito dell’“aiuto reciproco”, mettendolo in pratica nel nostro quotidiano e diffondendolo sempre più a partire dalla nostra piccola cerchia. Questo deve avvenire senza che vi sia la necessità di vivere o vedere “situazioni di emergenza”, come nel caso del terremoto del Giappone orientale. Questo diventa ancor più importante in una società in cui i rapporti interpersonali diventano via via più deboli. La modesta, ma quotidiana attività di aiuto reciproco, che parte dall’interno della famiglia e del territorio in cui si vive, non è altro che dei passi fondamentali per giungere alla “Vita di Gioia” nel mondo.
Nel Tenrikyo ci viene insegnato che “la vera gioia sta nell’incoraggiare gli altri”. Noi fedeli, ognuno secondo le proprie attività e i propri ruoli, siamo chiamati a pregare e ad aiutare gli altri per incoraggiare i cuori delle persone del mondo e realizzare lo Yokigurashi, il “mondo della Vita di Gioia” su questa terra.