30 Settembre 2013 16:30 | Basilica di Santa Maria in Trastevere
La fraternità cristiana e l’unità del mondo
Nel considerare la questione della fraternità cristiana, vi è una essenziale e fondamentale domanda- "È un istinto naturale dell'uomo considerare il resto del genere umano come fratelli e sorelle?" Inizialmente sembra che vi siano ben poche prove che esista un qualsiasi senso di solidarietà fraterna verso il resto del genere umano.
Il nostro istinto ci fa essere creature tribali (considerando la parola " tribale" nel senso più ampio). Ci sentiamo di avere un profondo legame di parentela con la nostra famiglia, con il nostro "clan", con quelli della nostra stessa fede, con quelli della nostra nazione e (cosa più pericolosa di tutte) con quelli della nostra stessa razza. Queste categorie spesso si sovrappongono - in particolare la fede, la razza e la nazionalità - e siamo felici di rafforzare queste sovrapposizioni con i nostri pregiudizi irrazionali e la nostra intolleranza. È certamente difficile sostenere che la nostra disposizione naturale ci fa credere di essere fratelli e sorelle di tutto il genere umano, di tutto il mondo.
In uno dei suoi primi libri, “Il senso della fraternità cristiana”, il Papa emerito Benedetto XVI - allora professor Joseph Ratzinger – ha fatto una distinzione tra due idee di fratellanza, una chiusa (solo per gli iniziati) e una aperta (che comprende il mondo). Come ha sottolineato, il mondo occidentale post-illuminista potrebbe aver creduto nell'idea della fratellanza universale, ma non avrebbe potuto raggiungerla , se mai, forse, il contrario .Uno dei suoi frutti, la Rivoluzione francese, può aver fatto della fraternité uno slogan, ma essa era in realtà uno scontro violento tra differenti classi sociali ed economiche. Il Marxismo, che vide nella lotta di classe la sola autentica realtà, non poteva che concepire una fine di tale lotta, alla fine di tutto. Dobbiamo quindi concludere che per alimentare un qualsiasi senso di fratellanza universale è necessario uno sforzo ben più profondo che il nutrire un semplice sentimento o un qualche tipo di romanticismo .
Per ognuno di noi, all'interno della tradizione giudaico-cristiana, vi è un punto cruciale di partenza entro le Scritture – la Genesi, con la sua potente affermazione che, in quanto persone umane create da Dio, ognuno di noi è fatto a Sua immagine e somiglianza. Sono grato agli amici di tradizione ortodossa presenti nella Chiesa perché rendono questo concetto un punto assolutamente centrale per la mia fede . Troppo facilmente nelle tradizioni occidentali sorvoliamo su questa verità essenziale e fondamentale della nostra essenza e dell’essenza degli altri. Ma a volte è un compito difficile vedere gli altri come immagine di Dio. Come il rabbino Jonathan Sacks ha messo in evidenza così chiaramente, è davvero difficile vedere l'immagine di Dio in coloro che non sono a nostra immagine.
Cercare, mediante la grazia di Dio, di vedere una immagine divina in ogni altra persona è una responsabilità per tutti noi, anche per quelli di altre religioni oltre a quelli di religione ebraica e cristiana. Per quelli che non hanno alcuna fede, per i non credenti, vi è una sfida equivalente nel cercare di vedere qualche parallelo dell'immagine divina in ogni altra persona umana , e molti umanisti laici accettano questa sfida .
Ma che cosa significa in termini reali considerare tutti gli altri come fratelli e sorelle? Considerando la mia esperienza umana (come parte di una piccola famiglia con un solo fratello, un fratello di cinque anni più grande di me) e ciò che credo di aver capito della religione, vorrei brevemente suggerire tre sfaccettature di fratellanza o sorellanza .
La prima è che diamo all'altra persona la dignità di una assoluta uguaglianza con noi . Nessun'altra persona umana è meno amata, o più amata da Dio rispetto a noi. I bravi genitori non fanno preferenze. I bravi genitori – per usare un linguaggio che forse non si può tradurre bene – non mettono mai un bambino contro l'altro. Noi siamo i figli, non semplicemente di bravi genitori umani, ma del Dio di assoluta giustizia. Come figli di Dio - pari al suo cospetto ed egualmente amati da lui - non c'è più grande dignità rivolta a qualsiasi individuo che non sia riservata ad ogni altro figlio di Dio .
In secondo luogo, un buon fratello o sorella concederà ai fratelli lo "spazio" per poter essere se stessi. L’essere fatti a immagine di Dio non significa che siamo destinati ad essere identici. Ci vuole vera maturità e anche generosità di spirito per concedere agli altri la dignità di essere qualcosa di molto diverso da noi e tuttavia amato da noi per quello che sono, anche molto diversi da noi. In una unica famiglia umana ci aspettiamo tanta generosità. Come possiamo non estendere questo a fratelli e sorelle in Dio, la cui cultura, razza o fede non sono identiche alle nostre?
In terzo luogo (e assolutamente di particolare importanza), una caratteristica di ogni buon fratello o sorella è che essi vogliono il meglio per i loro fratelli. Indipendentemente da differenze di temperamento, o differenza di gusti, interessi o prospettive di vita, un fratello o una sorella vogliono sempre - più di ogni altra cosa - il bene del loro fratello. Nella malattia, nell’angoscia, nella solitudine, nel lutto o in qualsiasi altro tipo di bisogno, il fratello o la sorella possono essere chiamati per dare aiuto amorevole, conforto e supporto.
Se consideriamo queste come caratteristiche delle relazioni familiari umane che non sono disfunzionali, come possiamo non considerarle come le caratteristiche essenziali dell’essere figli di Dio, e, quindi, essere fratelli e sorelle insieme nel suo amore?
In un ambiente specificamente cristiano, ho sempre creduto che nel contesto del culto e della liturgia, non sia sufficiente dire: " Miei fratelli e sorelle... ". Dovremmo sempre dire: "Miei fratelli e sorelle in Cristo... ", perché questa è la base e il fondamento della nostra fraternità (e sorellanza) . Non è una semplice affinità umana o di parentela, ma è più profonda e più ricca perché sua base è l'amore di Dio in Cristo per ciascuno di noi, allo stesso modo.
E per estendere il tutto, noi credenti non dovremmo sicuramente cercare di dire a tutte le altre persone, "Fratelli e sorelle a immagine di Dio"? E non dovrebbero i non credenti che si interessano sinceramente a quello che significa essere una persona umana non trovare un modo di dire "Fratelli e sorelle a immagine sacra di ciò che è oltre il semplice aspetto primordiale dell’essere umano"?
Se potessimo affermare con forza la nostra fraternità con tutti gli uomini, come non potremmo noi non desiderare altro che il bene e la dignità di ogni persona umana, e la vera pace per loro, chiunque sia, qualunque sia e ovunque si trovi? Questo sarebbe, sicuramente, niente meno che l'unità del mondo.