Sia lode a Dio
Signore e signori,
la questione che dobbiamo affrontare questa mattina riguarda il rapporto tra giovani e anziani, cioè la cooperazione tra le generazioni come un valore che può aiutare la costruzione del futuro.
L’argomento come è evidente, tocca uno dei dilemmi in cui si è imbattuta l’umanità da molto tempo.
Questo perché le società umane sono state influenzate da ciò che accade tra i suoi figli. Nelle diverse età della vita c’è una differenza nei livelli di comprensione della realtà, proprio a motivo di queste differenze gli scienziati sociali e gli psicologi hanno diviso la lunghezza della vita umana in quattro fasi:
- la fanciullezza
- l’adolescenza
- l’età adulta
- la vecchiaia.
Ognuna di queste fasi si caratterizza per le sue specificità fisiche e le sue specificità intellettuali che portano a comportamenti diversi.
Il bambino dopo aver conosciuto il suo corpo e ciò che è intorno a lui, passa alla fase della distinzione e delle approssimazioni., non si assume responsabilità e non ha un’opinione stabile.
Quanto all’adolescente, egli si distingue per la completezza della formazione della sua struttura corporale, osserva ciò che lo circonda, in particolare i comportamenti e cerca di definire le sue tendenze comportamentali e una scala di valori che gli sia congeniale. Giudica in base a degli ideali i comportamenti altrui, e si spinge verso la costruzione di un futuro basato sul sogno e sulla visione.
Quanto all’adulto, egli si orienta verso la realtà e vuole influenzare questa realtà ed uscire dai sogni allo stato consapevole.
Egli prende in considerazione solo le cose possibili e con ciò si spegne la fiaccola della tendenza al sogno del cambiamento, si affievoliscono i suoi sogni di cambiare le cose.
La persona anziana infine pone fine al lavoro di principio e comincia a valutare ciò che ha realizzato e a dedurne delle massime e a pensare ai lati positivi e negativi di ciò che egli ha operato. Queste prese di posizione basate sull’età sono quelle che chiamiamo il conflitto tra le generazioni tra i figli e i padri, dato che i padri ostacolano il cambiamento. Essi sono infatti conservatori passivi, che accusano i figli di superficialità, di banalità e di impazienza.
Forse è utile ora fare qualche cenno su ciò che sta accadendo attualmente nel mondo arabo per poter mettere in luce la pericolosità di questa crisi.
I paesi arabi si sono liberati dalla colonizzazione da circa 60 anni e sono cresciuti governi nazionali guidati dalla classe dei liberatori che sono diventati consapevoli dei valori della libertà, della dignità, della gioia di vivere. Essi hanno preso l’impegno per realizzare queste promesse a favore dei giovani.
Tuttavia le elite governanti si sono presto aggrappate al potere e hanno escluso i giovani dalla partecipazione nel governo.
Il fatto di non incitare i popoli ad aprirsi a ciò che è meglio non fa altro che rimandare nel tempo la partecipazione democratica.
Ciò che rivendicano i giovani in fatto di libertà e giustizia sociale non è altro che un sogno. Questa chiusura esprime uno scontro che ha portato a scuotimenti eccezionali, tra i cui effetti c’è stato ciò che si è chiamato primavera araba. Il popolo si è aggrappato alla legittimità di tale primavera araba per cambiare le regole del gioco.
Coloro che hanno degli interessi , essendo consapevoli della pericolosità di tale cambiamento, hanno deciso di mantenere la situazione sociale, politica in una situazione di status quo. Ed è questa la causa della grande anarchia, del caos, che abbiamo osservato nella realtà araba.
La domanda che si pone oggi è questa: come si può proteggere il futuro, salvaguardare il futuro?
Io mi auguro che le autorità prendano in considerazione l’opinione del popolo.
Mi auguro anche che ascoltino le istituzioni che operano per il dialogo e che prendano in considerazione le posizioni delle istituzioni affidabili che promuovono il dialogo, il cui obiettivo è la fine dei conflitti.