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Mohinder Singh

Univesrità Sikh di Studi Punjab, India
 biografia

Sono grato agli organizzatori per avermi invitato a questo incontro organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con la Conferenza Episcopale Albanese e la Chiesa Ortodossa Autocefala d’Albania. Inoltre questo è per me come un pellegrinaggio nella santa terra legata a Madre Teresa. Noi Indiani siamo felici che Madre Teresa abbia fatto dell’India il proprio Karambhoomi (luogo d’azione). Servendo i poveri, gli orfani e i malati delle baraccopoli di Calcutta, Madre Teresa ha completamente rovesciato il paradigma dell’amore del potere in quello del potere dell’amore. Giustamente, l’India ha riconosciuto il servizio di Madre Teresa conferendole la massima onorificenza civile, il Bharat Ratna (Gioiello d’India). Per tramandarne il ricordo, il Governo del Territorio della Capitale Nazionale di Delhi le ha intitolato una strada a lato del palazzo presidenziale, denominandola Mother Teresa Crescent (via Madre Teresa). Ancora, l’India ha motivo di festeggiare il fatto che Madre Teresa sia stata beatificata dal Papa Giovanni Paolo ed abbia ricevuto il titolo di Beata Teresa di Calcutta.
Ora permettetemi di venire al tema di questo incontro: Sviluppo e Umanesimo in Asia. Negli ultimi tempi, l’Asia ha compiuto rapidi progressi, ma i leader religiosi non sono stati in grado di porre dei limiti a questo sviluppo socialmente e moralmente irresponsabile. La Cina ha compiuto un notevole progresso economico e si è distinta come l’economia in più rapida crescita nel mondo, ma ha perduto la propria relazione simbiotica con la natura e i valori tradizionali della società cinese. Adottando la legge sul figlio unico, il tradizionale amore tra fratello e sorella è scomparso, giacché una famiglia ha soltanto un figlio o una figlia. Inoltre, il “grande balzo” in campo economico è stato realizzato a spese dei valori democratici. Dal momento che è con noi un eminente studioso proveniente dalla Cina, non vorrei intrattenermi oltre sul tema, nella speranza che egli, nella sua veste di leader cattolico, ci possa illuminare in materia. Altri Paesi asiatici che hanno compiuto progressi conservando il regime democratico, hanno essi pure smarrito i valori tradizionali e non sono stati in grado di mettere in pratica il principio della responsabilità sociale.

Nel XX sec., abbiamo visto delle società asiatiche, specialmente India e Cina, adottare il modello sovietico di progresso. Mentre il primo Primo Ministro indiano Jawaharlal Nehru tentò di sviluppare il modello socialista, i Cinesi utilizzarono il modello sovietico in una loro specifica versione. Con il collasso dell’Unione Sovietica, il modello sovietico ha patito una significativa battuta d’arresto e il modello capitalista è arrivato a dominare il mondo. Non molti di noi avrebbero immaginato che il modello marxiano collassasse così presto e che un Paese potente come l’Unione Sovietica si disintegrasse prima dell’inizio del nuovo secolo.
Ricordo chiaramente che queste problematiche erano state sollevate durante un incontro a Mosca, nel 1987, organizzato dal Ministero degli Affari Esteri dell’allora Unione Sovietica in occasione del millenario della fondazione dell’antichissima Chiesa Ortodossa di Bielorussia. Dopo aver espresso le mie considerazioni sulla società Sikh fondata dal Guru Nanak, feci una comparazione e feci notare che, mentre nel sistema Sikh noi condividiamo volontariamente, perché crediamo che il cibo appartenga al Signore e il servizio sia la gioia e il privilegio di colui che dal Signore ha ricevuto in abbondanza; nel modello marxiano, le risorse non sono condivise volontariamente, ma per comando dello Stato, il che è molto diverso dal concetto di condivisione volontaria e di seva (servizio per amore). Commisi anche l’eresia di affermare che il sistema, che non era basato sulla giustizia e sulla responsabilità sociale, non possedeva fondamenti morali. Nell’Unione Sovietica di quei giorni, prima della Glasnost, simili osservazioni suscitarono un certo subbuglio nel raduno. Comprendendo la delicatezza della situazione, cercai di venirne rapidamente fuori senza ulteriori chiarimenti o dibattiti.
Ora che i sostenitori del modello sociale capitalista stanno celebrando il collasso del modello marxiano, potrei commettere un’altra eresia, facendo notare che anche il modello capitalista, che sta oggi emergendo rapidamente come modello mondiale, potrebbe collassare presto se non si fonda sulla responsabilità sociale e sulla compassione per i nostri simili.
L’Asia, che è il luogo di nascita di dodici importanti religioni mondiali, ha un ruolo da svolgere in un tempo in cui il progresso materiale e la competizione spietata suscitati dal modello capitalista hanno quasi distrutto il fondamento spirituale e morale dell’ordinamento sociale. Giacché altri studiosi di differenti tradizioni religiose asiatiche parleranno in base alle loro ricche tradizioni, mi prendo la libertà di condividere con voi alcune mie considerazioni sparse, basate sulla tradizione religiosa Sikh, che sono venuto a rappresentare in questa conferenza.
Prima di parlare dei campi d’interesse spirituali e politici dei Sikh, sarebbe utile fornire alcune brevi informazioni sulla fondazione della nuova fede e sui distinti modi di vita e pratiche spirituali sviluppatisi durante il periodo dei Guru Sikh. La fede Sikh venne fondata dal Guru Nanak (1469-1539) che predicò il monoteismo e descrisse il Creatore come Ikk (Uno) e unico. La concezione di Dio del Guru Nanak è descritta al meglio nell’inno Japji, da lui composto, contenente la dottrina primaria della fede Sikh. I suoi insegnamenti erano strettamente monoteistici, senza alcuno spazio per il culto di qualsiasi altra divinità o maestro umano. Contrariamente alla prassi medievale indiana di rinunciare al mondo per l’elevazione spirituale, il Guru Nanak credeva che il mondo valesse la pena di esser vissuto. “Questo mondo è la dimora di Dio e il Vero Unico vive in esso”. Il Guru Nanak credeva che fosse possibile vivere puri tra le impurità della vita. “Come il loto vive distaccato nelle acque, come un’anatra galleggia serena sulla corrente, così dunque si attraversa il Mare dell’Esistenza, la mente in armonia con la Parola; si vive distaccati, venerando il Signore Unico nella mente, privi di aspettative, pur vivendo nel mezzo delle aspettative”.
Gli insegnamenti del Guru Nanak possono essere riassunti in tre semplici espressioni in lingua Punjabi: Naam Japna, Kirt Karni e Wand Chhakna (tenere in mente Dio, guadagnarsi da vivere onestamente e condividere con gli altri i frutti del proprio lavoro). Per mettere in pratica i suoi insegnamenti egualitari, il Guru Nanak diede vita alle due istituzioni gemelle del Sangat (congregazione) e del Pangat (mensa), ponendo l’accento sul fatto che tutti si debbano radunare in una congregazione, quando prendono insieme il cibo della cucina comunitaria, debbano sedere in un’unica fila, senza distinzioni castali o economiche.
Il Guru Nanak ha viaggiato in India e nei Paesi vicini, compreso lo Sri Lanka, in spirito di dialogo con le altre tradizioni religiose del suo tempo. In proposito, merita di essere menzionato l’incontro del Guru Nanak con i Siddha (maestri illuminati induisti), durante la sua visita ad Achal (vicino a Batala, nel Punjab indiano): interrogati sul perché avessero rinunciato al mondo, i Siddha risposero che “non era degno di essere vissuto” e, sollecitati sul dove andassero a prendere il cibo quando avevano fame, i Siddha risposero “nella stessa società cui essi avevano rinunciato”. Da Bhai Gurdas apprendiamo che dopo questa discussione con il Guru i Siddha erano così contenti che divennero suoi estimatori. Il Guru fece rimarcare che non c’era bisogno di rinunciare al mondo, essendo questo la “dimora del Signore Vero”. Ciò che era necessario era rinunciare al desiderio e vivere nel mondo distaccati, così come il loto galleggia sull’acqua.
Il Sikhismo ha un’eccezionale tradizione di tolleranza e coesistenza che risale ai giorni del fondatore. Esiste un racconto secondo cui, quando il Guru Nanak visitò Multan, i leader religiosi locali lo affrontarono con una ciotola di latte piena fino all’orlo, significando in tal modo che il paese era anche troppo pieno di numerosi maestri religiosi e che non c’era posto per ospitare una nuova dottrina. Ci viene narrato che, invece di discutere con loro, il Guru Nanak posò silenziosamente un petalo di gelsomino sulla ciotola, significando in tal modo che il Guru si sarebbe adoperato per l’accordo con le tradizioni religiose esistenti e che i suoi seguaci avrebbero vissuto insieme alle altre comunità al modo in cui il gelsomino galleggiava sulla ciotola senza disturbarne il contenuto. In un tempo in cui ci sono crescenti conflitti tra le tradizioni religiose, l’esempio del Guru Nanak dovrebbe servire come immediata memoria della tradizione indiana di coesistenza pacifica.
Verso l’ultima parte della sua vita, il Guru Nanak fondò una città sulle rive del fiume Ravi (oggi in Pakistan) e la chiamò Kartarpur, cioè “città di Dio”. Lì egli lavorava nei campi e condivideva con altri i propri guadagni. A Kartarpur si sviluppò una comunità di discepoli, ma questa non potrebbe essere descritta come una forma di ordine monastico. Al contrario, era una compagnia di uomini e donne comuni di differenti tradizioni religiose, impegnati nelle normali occupazioni della vita, che si guadagnavano da vivere onestamente e condividevano con gli altri il frutto del loro lavoro. Ma ciò che di Karnarpur era degno di nota fu il fatto che fornì un modello di vita che sarebbe divenuto la base per lo sviluppo della società Sikh e del sistema di valori Sikh per i giorni a venire. Qui il Guru e i suoi seguaci si alzavano prima dell’alba e, dopo le abluzioni, dicevano le loro preghiere. Terminati gli adempimenti spirituali, il Guru ed i suoi seguaci prendevano il santo cibo della cucina comunitaria e quindi sbrigavano il lavoro del giorno. La sera, essi si riunivano di nuovo in uno spazio comune e recitavano collettivamente la loro preghiera serale e condividevano il cibo. Prima di andare a letto tutti recitavano i Kirtan Sohila, canti di acclamazione. Così, un Sikh va a dormire col nome di Dio e, dopo l’abluzione, ripete il nome di Dio prima di procedere al lavoro del giorno.
Attraverso la dimostrazione pratica dei loro insegnamenti, il Guru Nanak ed i Guru successivi posero le fondamenta di una società ideale, con accento sul dialogo interreligioso, sulla libertà religiosa e sulla responsabilità verso i propri simili. Non solo i Guru Sikh denunciarono il sistema castale, ma posero anche le basi per una società senza caste. L’inclusione di inni dei Bhakta di differenti caste, l’iniziazione all’ordine della Khalsa di uomini di differenti caste e di diverse zone del Paese, furono una dimostrazione pratica della concezione Sikh di uguaglianza della razza umana. La religione Sikh accetta la validità di tutte le tradizioni religiose, il che si evidenzia nell’inno del Guru Amar Das:
“Questo mondo sta andando in fiamme –
sommergilo con la Tua Misericordia e salvalo.
Salvalo e liberalo, con qualsiasi
metodo puoi”.


La società ideale intuita dai Guru Sikh è chiamata Halemi Raj (governo fondato sulla compassione), così descritta dal quinto Guru, Arjan Dev:
Il Dio misericordioso ci ha oggi comandato
Che nessuno spadroneggi su,
o procuri sofferenza ad un altro,
E tutti vivano in pace.
Tale, o caro, è la legge del mio compassionevole Dio.


La Halemi Raj, così come descritta dal Guru Sikh, presenta tre definite caratteristiche:
i) La società è posta sotto il comando del Signore Stesso;
ii)   In tale società nessuno causerà sofferenza o danno ad un altro;
iii)  Tutti vivranno in concordia, in condizioni pacifiche.
Questa concezione di Halemi Raj sostenuta dai Guru Sikh ha caratteristiche somiglianti a quelle del moderno Welfare State. Tuttavia, ciò che distingue un simile “stato del benessere” dallo Stato moderno è il fatto che tale società non è fondata dal lavoro individuale, ma dipende dalla Grazia del Creatore. Le azioni positive di tale società non sono il risultato di alcuna direttiva o legislazione dello Stato, ma discendono dalla trasformazione spirituale. Sotto un simile sistema, non c’è spazio per lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Questa concezione di uno stato ideale è ulteriormente corroborata negli inni del Bhagat Ravidas, laddove egli esprime il concetto di una città ideale, che chiama Begumpura – città senza timore né dolore – in cui gli esseri umani possano vivere liberi da preoccupazioni, sofferenze e tensioni. I cittadini di tale società ideale non sarebbero preoccupati per il pagamento di tasse sui beni, né avrebbero timore di qualsivoglia iniquo regnante. Liberati dal desiderio e dalla cupidigia, tutti vivrebbero in gioia piena come figli dello stesso Padre:
“Senza dolore” è il nome della mia Città.
Dove non abita pena né preoccupazione.
Lì nessuna angoscia per tasse sui beni,
Non paura, né errore, né timore, né degrado.
Oh! che meraviglia è la mia patria.
Dove c’è sempre Pace e Calma,
O amico!
Eterno è il Governo del mio solo
Signore su quella Terra.
E lì non ce n’è un secondo, né un terzo,
ma il mio solo Signore.
Popolosa come sempre, la sua Reputazione è eterna:
e vi dimorano solo il Ricco e il Felice.
E lì gli uomini si spostano come e dove desiderano:
Essi conoscono la Residenza del loro Signore, così
nessuno (li) blocca.
Ravidas, un semplice conciatore, è stato affrancato in questa terra:
e colui che è suo Concittadino è anche suo Amico.


L’ordinamento egualitario della società descritta dalla scrittura Sikh è evidente nel fatto che Ravidas, il Chamar (intoccabile) della cosiddetta bassa casta, un conciatore, emarginato dai Bramini della cosiddetta classe alta, non solo è stato onorato dal quinto Guru Arjan Dev, che ne ha incluso gli inni nella sacra Scrittura Sikh, ma è spesso citato dagli studiosi Sikh per descrivere una ideale società Sikh. Nei Var (composizione in versi) di due cantori, Sata e Balwand, c’è un riferimento a “Nanakraj”, nel quale il Guru Nanak Dev, fondatore della religione e dell’ordinamento sociale Sikh, ha istituito una società basata su solide fondamenta di verità: “Nanak Raj Chalaya, Sach Kot Satani Nivde” (Nanak ha istituito l’impero del Signore e posto le solide fondamenta della fortezza della Verità).
In un tempo in cui ci sono conflitti religiosi un po’ ovunque nel mondo e le generazioni più giovani si stanno allontanando dai valori tradizionali, faremmo bene a discutere se possiamo offrire un modello alternativo di progresso in cui tutti i figli di Dio possano condividere ugualmente la Sua grazia, indipendentemente dalla loro razza e dalla loro appartenenza religiosa. Permettetemi di terminare questo intervento su una nota altruistica, dalla preghiera quotidiana Sikh:
Nanak Nam Charddi Kala tere Bhane Sarbatt ka Bhala.
Il Tuo Nome, la Tua Gloria, trionfino per sempre, Nanak, e secondo il Tuo Volere, possano [esserci] pace e prosperità.