10 Settembre 2012 09:30 | Bosniak Institute of Sarajevo (Bošnjački institut u Sarajevu)
Più o meno Europa nel mondo?
Grazie per avermi dato l’opportunità di partecipare a questo Incontro Internazionale per la Pace, a Sarajevo.
E’ per me un piacere poter condividere con tutti voi questi momenti, in questa città. Perché non possiamo dimenticare il simbolismo e la trascendenza del luogo in cui ci troviamo.
Poter oggi parlare della pace a Sarajevo, dell’importanza del dialogo, uno dei pilastri fondamentali dalla Comunità di Sant’Egidio, proprio in questa città, ha una dimensione più che rilevante.
Significa che il dialogo, le parole, possono curare le ferite, e porre fine a delle dispute ataviche. Significa che la riconciliazione, seppur complessa, è possibile.
Significa che, dove prima vi erano rovine e sfiducia, può nascere anche il seme della speranza e il desiderio di un futuro migliore per tutti.
Per tutto ciò, Sarajevo è un simbolo della storia contemporanea dell’Europa. Di come le pulsioni più viscerali, possono scatenare drammi umani inimmaginabili. Ma anche di come tutto un popolo ha saputo guardare avanti.
In Europa stiamo vivendo dei momenti certamente molto complessi, dei momenti di forte crisi economica e sociale, di crisi dei valori.
E’ in momenti così importanti che dobbiamo saper riunire questo spirito di superamento, di capacità di lavorare insieme, di unire le forze, per andare avanti.
Dobbiamo tenere conto più che mai dei precetti fondamentali di questa Comunità di Sant’Egidio. Una comunità che ci riunisce e ci spiega che il dialogo è fondamentale come forma di vita, che bisogna stare accanto ai più bisognosi. Una comunità che ci ricorda che nessuno può restare fuori dalla società.
Noi a Barcellona abbiamo una relazione con la Comunità di Sant’Egidio molto stretta e di lunga data. Nel 1988, la città ha accolto il primo Pranzo di Natale, una delle attività più note della Comunità.
Da quel momento in poi, la relazione della Comunità con Barcellona è diventata palese giorno dopo giorno, prestando sempre aiuto alle persone più vulnerabili.
Con uno spirito di carità e anche un forte sentimento di giustizia sociale. Perché oggigiorno, aiutare i più bisognosi, significa aiutare tutta la comunità.
L’Europa ha bisogno di ricordare più che mai questo messaggio di valori e di solidarietà.
Molte volte siamo così immersi nel dibattito economico che dimentichiamo le conseguenze sociali di questa crisi.
Non potremo superare con successo la crisi economica senza far fronte alla crisi sociale. Perché la crescita economica e lo sviluppo sociale devono andare necessariamente di pari passo.
In molti sensi, dobbiamo recuperare lo spirito iniziale di un’Europa unita. Dobbiamo far risorgere fra tutti il desiderio orginale di Monnet, di Schumann, di Spaak o di De Gasperi.
L’Europa usciva da una situazione molto convulsa. Ma, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, tutti loro hanno sognato un’Europa capace di guardare avanti, in grado di superare gli scogli, capace di dotarci di una identità comune.
Un’Europa basata su tre pilastri: la difesa della libertà, della democrazia e della convivenza. A Barcellona ciò è molto chiaro, e ci impegniamo pienamente su questi tre grandi punti.
Barcellona è sempre stata una città profondamente europeista, con un chiaro impegno per la libertà, la democrazia e la convivenza.
Ed è da questi valori che dalla capitale della Catalogna vogliamo un’Europa prospera ed equilibrata, economicamente forte, culturalmente diversa e con una crescita sostenibile.
Un’Europa che dia voce a tutti, che riconosca tutti nella loro specificità, che tenga conto del patrimonio di tutte le nazioni che la compongono.
Un’Europa che avanzi come una vera Unione, con una sola velocità e verso un’unica direzione.
Un’Europa di nazioni, di popoli e anche di città. Un’Europa che tenga conto del potenziale che le grandi città metropolitane offrono in materia di sviluppo economico, di creazione d’opportunità, d’innovazione e di creatività.
Un’Europa basata sul dialogo, sulla cooperazione bilaterale e sulla capacità di rafforzare i legami d’amicizia e di lavoro condiviso.
Un’Europa che, come succede tra Barcellona e Sarajevo, sappia tessere dei ponti, aiutarsi reciprocamente e sappia superare le distanze.
Una delle cose di cui ci sentiamo più orgogliosi noi barcellonesi, è proprio quella di aver potuto stare accanto a Sarajevo nei momenti di tremenda difficoltà.
20 anni or sono, in concomitanza con i Giochi Olimpici di Barcellona 1992, Sarajevo visse dei momenti molto complicati.
Il capoluogo bosniaco patì l’assedio più lungo della storia, 1.400 giorni che segnarono, sicuramente, la vita quotidiana del paese.
Il sindaco dell’epoca di Sarajevo, il Signor Kresevljakovic, lanciò un appello a tutte le città olimpiche chiedendo il loro aiuto per il suo paese la Bosnia - Erzegovina.
Barcellona rispose a quell’appello. E da allora continuiamo a collaborare. Perché riteniamo che, in un’Europa unita, ci si debba tutti aiutare gli uni con gli altri.
Infine, vorrei concludere facendo una breve riflessione. L’Europa è conosciuta come il vecchio continente. Il continente con più storia del pianeta, ma anche come un continente che rappresentava dei valori collettivi di referenza mondiale.
Purtroppo, questi valori collettivi della cultura dello sforzo, dell’imprenditorialità, della difesa della libertà e della democrazia, seppur non svaniti, sono andati diluendosi in una società dominata dall’individualismo, il consumismo e l’atomizzazione sociale.
Non vi è nulla di perfetto e immutevole, e i valori solidi del dopoguerra europeo, hanno ceduto il passo a dei valori meno solidi, a una perdita di referenti e, in alcuni casi, a una mancanza di responsabilità politica e sociale.
Dobbiamo sovvertire questa tendenza. Dobbiamo fare in modo che l’Europa continui ad essere più Europa che mai.
La crisi economica e sociale che stiamo vivendo, deve spronare tutti noi, dalle istituzioni ai cittadini, a fare un passo in più verso la piena unione tra i popoli europei.
La Catalogna e la sua capitale, Barcellona, vogliono essere parte attiva della nuova trasformazione europea. Una trasformazione che ci porti verso una società più democratica, più libera e con maggior giustizia sociale.
La democrazia è la casa del benessere individuale e collettivo e deve continuare ad esserlo.
Affinché tutto ciò che abbiamo costruito, tutti i progressi sociali che abbiamo raggiunto, possano continuare a essere presenti nella società europea del futuro.
Da Barcellona, vogliamo andare avanti per raggiungere questo processo. Vogliamo, come dicevo, che l’Europa diventi l’Europa della libertà, del benessere e della qualità di vita.
Vogliamo che i cittadini europei possano vivere in un ambiente tranquillo, stabile e con opportunità per tutti.
Da Barcellona, vogliamo anche un’Europa in cui nessuno resti in dietro, evitando gli squilibri e le diseguaglianze.
Da Barcellona e, anche dalla Catalogna, vogliamo un’Europa unita, coesa e forte. Un’Europa che sia più Europa.
Grazie.