15 Ottobre 2018 09:30 | Sala Bolognini

Discorso di Jane Gondwe



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Jane Gondwe

Coordinatrice del Programma DREAM della Comunità di Sant’Egidio, Malawi
 biografia
Mi chiamo Jane, vengo dal Malawi e sono la coordinatrice di uno dei molti centri del programma DREAM (Disease Relief through Excellent and Advanced Means, Sollievo alla Malattia attraverso Mezzi Avanzati e di Eccellenza) di Sant’Egidio, che sono stati aperti in tutto il mio paese e in 11 altre nazioni africane. Il programma è cominciato nel 2002 e all’inizio aveva la finalità di prevenire e trattare l’AIDS e la malnutrizione. Oggi le sue attività non includono solo il trattamento di malattie infettive, ma anche quello di malattie croniche e lo screening per la diagnostica precoce del cancro. Il trattamento è gratuito per tutti. Attualmente DREAM si sta prendendo cura di 500.000 malati e si calcola che il programma abbia raggiunto più di 3 milioni di persone attraverso diversi corsi di formazione ed attraverso il supporto nutrizionale, sanitario e sociale. Si tratta di un grande programma sanitario che è partito dal diritto alla cura, in particolare per le persone più povere. DREAM è divenuto un’opportunità, un’occasione per sviluppare e realizzare un cambiamento decisivo in molti campi: l’educazione alla salute, i diritti della persona, una nuova consapevolezza delle donne, la cultura del lavoro e lo sviluppo di una società civile. Si tratta di un programma che ha cambiato la storia dell’AIDS in Africa ed ha cambiato la mia storia, così come quella di migliaia di africani malati. Oggi sono una donna di grande dignità, cui molti malati del mio paese fanno riferimento e si rivolgono per aiuto, e vengo spesso invitata a parlare in conferenze internazionali sull’AIDS in Africa, ma 15 anni fa la mia vita era molto diversa.
 
Nel 2001 a mio marito venne diagnosticata l’AIDS, purtroppo molto tardi. Le medicine per il trattamento non erano ancora disponibili nel mio paese e nel 2004 mio marito morì. La vita divenne molto difficile per me e per i miei tre figli, fui cacciata via dalla casa in cui vivevamo, avevo anch’io l’HIV e per questa ragione fui licenziata dalla scuola dove insegnavo. In breve tempo, per la mia famiglia e per la società io divenni una che non aveva identità né diritti, praticamente una derelitta malata.
 
Ero disperata, senza alcuna speranza, piangevo e volevo morire. Brancolavo nel buio, ma poi un giorno una mia amica mi disse che c’era una cura, che a Blantyre, la mia città, esisteva un centro dove avrei potuto avere la terapia e le cure di cui avevo bisogno, gratuitamente. È stato così che ho incontrato la comunità di Sant’Egidio, che si è presa cura di me attraverso il programma DREAM. In Malawi, come in altri paesi africani, nei primi anni del 2000 non c’erano i farmaci antiretrovirali per trattare l’AIDS, o per lo meno ce n’erano solo pochissimi e bisognava pagare per averli. Scoprire di avere l’AIDS era come una condanna a morte per molte persone e in effetti molte, molte persone morirono in quegli anni.
 
DREAM ha introdotto i farmaci antiretrovirali in Africa per tutti e ha restituito di nuovo la speranza di vivere. Il trattamento è stato una buona notizia per i malati, che potevano avere anch’essi un futuro. Come il Buon Samaritano del Vangelo, Sant’Egidio in Africa si è fermata presso i malati, ha fasciato le ferite del corpo e dell’anima di moltissime persone e ha restituito loro la vita.
 
Oggi vorrei ringraziare Sant’Egidio perché il trattamento che mi è stato offerto gratuitamente ha cambiato la mia storia, quella dei miei figli e anche quella del mio paese. Oggi sono in buona salute. Una volta che mi sono sentita di nuovo in forze, ho ricominciato a studiare e mi sono laureata. Soprattutto, col mio lavoro, non solo posso sostenere la mia famiglia, ma sono anche diventata la voce di molti malati del mio paese e dell’Africa, che non hanno né voce né diritti. Il trattamento e la vicinanza, l’amore che ho ricevuto da moltissimi amici del programma DREAM, mi hanno pienamente curata, e non solo nel corpo; al contrario, nella mia malattia ho scoperto la mia dignità, ho capito il valore della mia vita e di quella di ognuno. Tutto quello che era impossibile è diventato possibile. È stato come se io fossi rinata. Non ricordo la mia prima nascita, ma non dimenticherò mai la seconda, quando la vita mi venne di nuovo restituita.
 
I molti momenti difficili che ho attraversato hanno fatto di me un esempio per altri. Voglio restituire gratuitamente quello che ho ricevuto, portando con la mia voce, la mia forza ed il mio amore, alle persone che sono malate, la speranza di essere curate che ha cambiato la mia vita. Oggi la mia vita è in grado di parlare di resurrezione a molti.
 
Spesso mi sono chiesta: perché io? Io che non ero amata, che ero stata abbandonata dai miei parenti e dai miei amici, perché io? Io sono stata considerata una persona degna di essere salvata. La mia vita è stata considerata importante sebbene io non avessi fatto nulla per meritarlo. Sono stata amata in maniera concreta, ricevendo cure e medicine ma anche moltissima speranza. Essere amata è stata l’esperienza che mi ha restituito alla vita, e ad una vita più bella e più felice della mia precedente. Le cure che ho ricevuto mi hanno donato un modo nuovo di giudicare gli altri, mi hanno donato un modo nuovo di guardare alla sofferenza di moltissime persone. Ho compreso che la vita deve essere sempre rispettata e protetta, specialmente quando essa è debole e malata, nel convincimento che ogni essere umano è immagine di Dio, e ciò costituisce la dignità fondamentale che non può essere sottratta o pregiudicata. L’amore che ho ricevuto ha generato un nuovo sentimento di compassione, che è stato una forza liberatrice per la mia vita e per quella di molte altre donne africane.
 
Ecco perché ho deciso di dedicare la mia opera a prendermi cura di molte madri che hanno l’AIDS, per salvare molte delle loro vite facendo anche sì che i loro figli possano nascere e crescere in salute.
 
Sostenerle non solo nei loro molti problemi, sia fisici che emotivi, che sono causati dallo stigma e dalla discriminazione di cui soffrono. Salvare la vita di una madre significa salvare un bambino, ma anche salvare una famiglia, perché le donne sono la spina dorsale della società africana. Ma io sono anche molto fiera del fatto che negli ultimissimi anni nessun bambino malato è nato da madri sieropositive nei nostri centri DREAM in Malawi. Questa è una vittoria della medicina ed anche una vittoria dell’amore.
 
Negli ultimi 15 anni, con altre donne malate come me, abbiamo fondato l’associazione I DREAM in molti paesi africani. La sua principale finalità è quella di tutelare l’accesso al trattamento in quanto diritto umano che deve essere rispettato, indipendentemente dalla razza, dalla religione, dall’età o da qualsiasi condizione sociale od economica, e di essere in grado di parlare dell’AIDS senza timore o vergogna. Ma vogliamo anche che molte altre persone ottengano le cure attraverso il nostro lavoro, non soltanto le persone con l’AIDS, ma anche le numerose persone che hanno altre malattie che si stanno diffondendo in tutta l’Africa, come malattie croniche e cancro. Dare loro la speranza di poter essere curate offrendo loro speranza di vivere. Andiamo a casa loro, nei quartieri, nelle strade, nelle scuole e nei mercati, per spiegare come siamo state curate, e comunichiamo speranza. Noi donne, insieme, stiamo cambiando la storia dei nostri paesi e stiamo costruendo ponti che avvicinano le persone malate a coloro che non lo sono. Per molte persone, oramai, DREAM è una forza curativa e salvifica.
 
Nel mio paese, ogni giorno molte persone lottano contro la sofferenza fisica causata dalla loro malattia e al tempo stesso si sentono sole, spesso abbandonate, e non hanno speranza. Esse provano una sofferenza che discende anche dal fatto di essere state isolate dalla società e di essere incapaci di affrontare da sole le domande più profonde della vita. È difficile trovare risposte autentiche. A volte nelle nostre società africane, le chiese sembrano disattente e distanti dalle persone che cercano conforto, sollievo e una cura. Sempre più spesso i malati pensano di poter trovare la risposta nella magia, in rituali, nella medicina tradizionale, nei falsi profeti e nelle sette che prendono denaro e danno cattivi consigli: “La tua malattia è una punizione di Dio per tutti i tuoi peccati, tu devi solo credere in me e nella mia chiesa… non prendere nessuna medicina, ti guarirò io”. Alla fine molti di loro muoiono perché non prendono più medicine.
 
Ci sono moltissimi malati che non sanno di poter essere curati e le cui anime e i cui corpi sono feriti.
 
Riportando tantissime persone alla vita mediante la medicina, DREAM ha anche portato alla luce e cambiato questi aspetti della nostra cultura, mostrandoci che i miracoli possono accadere quando ci prendiamo cura di noi stessi. Inoltre, l’importante lavoro di educazione sanitaria che svolgo ogni giorno, insieme a molti altri che sono dei testimonial, sta generando una nuova cultura che cambia la concezione fatalistica e magica della malattia. Questo cambiamento sta liberando la gente dall’ingiustificato senso di colpa per una malattia che è vista come una punizione per i peccati e per gli errori di ciascuno. Nel caso di DREAM, l’incontro tra i malati e il centro di cure costituisce in realtà l’incontro di due culture. Qui i malati si vedono offrire cure sanitarie completamente differenti da quelle offerte nel resto del paese. Oggi, grazie a questo impegno, molti sanno che l’AIDS non è una condanna a morte, una punizione divina, bensì una malattia che può essere curata, per la quale essi possono ricevere il trattamento adeguato. E non solo questo; essi sono consapevoli che il trattamento gratuito è un diritto. Inoltre, nel corso degli anni, per il fatto che il trattamento continuativo per i positivi all’HIV si è talmente diffuso, il modo in cui viene vista la malattia ha cominciato a cambiare in profondità e la gente sta diventando consapevole che si tratta di una patologia cronica. Tutto questo rappresenta un grande cambiamento, anche in termini di mentalità collettiva, della coscienza sociale, in Malawi e nell’Africa in genere. È una presa di coscienza culturale destinata a cambiare la salute delle popolazioni in modo permanente e capillare, e che ha spianato la strada perché DREAM fosse in grado di trattare anche molte altre malattie.
 
In conclusione, vorrei dirvi che sono una donna condannata a morte che ha incontrato DREAM ed è stata curata e che tutto questo non ha solo dato luogo a un profondo cambiamento fisico e culturale nella mia vita e in quella di molte mie amiche. L’amore che abbiamo ricevuto non è stato dimenticato, esso ha messo in moto un movimento d’amore. Attraverso l’esperienza della malattia, ho trovato e riscoperto la mia fede in un Dio misericordioso, vicino a me, che guarisce, e questa è stata un’autentica esperienza di riconciliazione con Dio. Ecco perché non posso dimenticare la resurrezione che ha avuto luogo nella mia vita ed ecco perché ho deciso di lavorare per curare altri, non solo con la mia testimonianza, ma anche con incessanti preghiere per tutti, in modo che molti altri miracoli possano accadere.
 
Durante questi anni con la comunità di Sant’Egidio, ho capito che le cose importanti vengono dal cuore, ma il cuore deve essere coltivato leggendo il Vangelo, con l’amore reciproco e col servizio ai più deboli della nostra società. Ci sono moltissime ferite e malattie nascoste in Africa, non solo l’AIDS. Ferite nei cuori e nei villaggi. La xenofobia è una ferita, l’odio verso gli anziani è una ferita. Ci sono ferite nelle famiglie, ferite nella politica; e queste ferite imputridiscono, si incancreniscono, queste ferite uccidono non solo un uomo, ma un’intera famiglia, un intero villaggio, una città, persino un’intera nazione. In Africa stiamo assistendo alla crescita di una mentalità competitiva, la cui pressione sulla vita degli individui è estremamente forte. Ci si deve concentrare sul proprio personale successo. In questa prospettiva i più deboli disprezzano gli anziani, così come i poveri, i malati, i detenuti, e tutto questo avvelena la società rendendola spesso violenta e disumana. Io non posso dimenticare ciò che ho ricevuto senza meritarmelo. Sembra che si debba pagare molto per le cose belle della vita. Ovunque, con DREAM, non si paga per la vita, per le cure e per la salute. Io non ho pagato per la cosa più bella della mia vita, questa mi è stata donata gratuitamente. Ciò significa che io devo vivere e donare [altrettanto] gratuitamente. Per me, non dimenticare l’amore che ho ricevuto significa moltiplicarlo, farlo crescere, permettere ai malati di star meglio, portare gioia alla nostra triste società, nella quale il povero ha ragione ad essere triste, ma dove pure il ricco lo è.
 
Può sembrare un paradosso, ma è l’autentico paradosso cristiano, il fatto che attraverso la mia malattia io abbia trovato dignità, speranza, il senso della mia vita, e anche moltissima felicità da condividere con gli altri. Ho compreso di essere importante, che ognuno di noi è importante davanti a Dio, e che tutti possono essere profeti, profeti di felicità, e debbono profetizzare per la felicità di molti.
 


Discorso di Jane Gondwe
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