David Rosen
Rabbino, consigliere speciale della Casa della Famiglia Abramitica (AFH) di Abu Dhabi, Israelebiografia
Le sfide di coesistenza nel Mediterraneo oggi variano a seconda del contesto. Nel Mediterraneo settentrionale, principalmente le comunità musulmane di migranti devono competere con la nuova realtà di vita in una società secolare, oppure in una che è molto cristiana, (anche se ciò in termini di credo e pratica oggi molto spesso significa poco) mentre nel Mediterraneo meridionale la sfida della coesistenza riguarda essenzialmente i non-musulmani che vivono in territori musulmani.
Ciò che hanno in comune è naturalmente la sfida, che poi riguarda le società dell’intero pianeta, di superare le percezioni autoreferenziali e ad excludendum, oltre a una certa bigotteria nei confronti di coloro che non sono membri della propria comunità.
Mi sembra (anzi) che vi siano due sfide principali, la prima delle quali è vivere, incarnare autenticamente lo spirito dell’uomo che sia l’Islam che il Cristianesimo considerano il proprio comune antenato, Abramo, o Ibrahim.
Nelle nostre tradizioni Abramo è presentato come l’incarnazione dell’ospitalità. In Genesi, capitolo 18, Abramo è presentato seduto all’ingresso della propria tenda, pronto a offrire ospitalità a qualsiasi viandante. Anzi secondo la tradizione ebraica, la tenda di Abramo aveva sempre i lembi sollevati su tutti e quattro i lati durante il giorno, così che nessun viandante passasse senza essere invitato a godere dell’ospitalità (di Abramo).
Nel racconto biblico, vede tre uomini, (che in seguito scopre essere messaggeri Divini) e si affretta a offrire loro un ristoro.
Il primo di questi messaggeri gli annuncia l’imminente nascita del figlio ed erede, gli altri due si recano a Sodoma per salvare Lot e la sua famiglia dall’imminente distruzione che Sodoma e dintorni avevano causato a se stessi per la loro malvagità ed empietà. Il capitolo 19 inizia con “ e i due angeli arrivarono a Sodoma.”
A un esperto studioso hasidico (oppure chassidico, cioè ebreo ortodosso) è stato chiesto perché nel capitolo 19 ci si riferisce ai messaggeri come “angeli” mentre per Abramo sono soltanto “uomini.” Ha risposto che ad Abramo non era necessario dire che si trattava di angeli, perché Abramo vedeva un angelo in ogni persona.
Questa mi sembra la più grande sfida di coesistenza specialmente in un momento storico di recessione economica e instabilità politica – cioè essere capaci di vedere ogni persona nella società come qualcuno creato a immagine e somiglianza di Dio e rispettarne la dignità e individualità.
Tuttavia c’è pure la sfida di assicurare che le nostre tradizioni teologiche lascino e facciano spazio ad altre. Questa forse è una sfida minore nei contesi in cui la religione non si pratica, che è l’ethos, il costume dominante. Ma dove la religione è il principale e più importante fattore culturale che determina e informa il comportamento della gente, assicurare che la dignità di ciascun individuo sia rispettata, anche e soprattutto quando non appartiene alla cultura dominante, è essenziale, è il fattore chiave per garantire una coesistenza pacifica, positiva e creativa.
A tal riguardo un significativo numero di iniziative sono emerse nel mondo musulmano negli ultime anni e ritengo di dover fare una speciale menzione dell’opera di Sheik Abdullah Bin Bayyah e del Forum per la Promozione della Pace con base ad Abu Dhabi.
Due documenti di particolare rilevanza sono stati pubblicati da questo Forum. Uno è la DICHIARAZIONE DI MARRAKESH pubblicata nel 2016 in occasione della Conferenza di Marrakech e sotto il patronato del re Mohamed VI del Marocco, basata sulla Costituzione di Medina del profeta Mohammad. Il secondo è la Nuova Alleanza di Virtù Condivise promulgata alla fine del 2019. Entrambi i documenti sono radicati nella tradizione islamica e affermano i valori più inclusivi ed estesi di cittadinanza per i non-musulmani nei territori musulmani e intendono, estendendo e garantendo ai non musulmani gli stessi diritti umani dei musulmani. Questi documenti e questa visione illuminata e istruita è di cruciale importanza.
Comunque, in fondo il vero multiculturalismo positivo e creativo richiede quell’essenziale incontro umano, tra uomini, che l’ospitalità di Abramo incarna.
Vorrei concludere con due versi. Il primo viene dalla Bibbia Ebraica ed è del profeta Malachia che profetizza un tempo di armoniosa convivenza in cui “coloro che hanno adorato il Signore si sono parlati, han parlato l’uno con l’altro e il Signore li ha sentiti e ascoltati e ha scritto i loro nomi in un libro che tiene dinanzi a sé, i nomi di coloro che lo hanno adorato e hanno venerato il Suo nome.”
L’altra citazione è del Corano
“O genere umano, vi abbiamo creato da una sola coppia e moltiplicato in tribù e nazioni, per far conoscere gli uni agli altri.”
Riguardo al profeta Malachia perché è tanto importante parlare l’uno con l’altro da far sì che il Signore annoti i nomi di coloro che lo fanno in un libro speciale?
E riguardo al verso del Corano, potremmo chiederci, perché è così importante conoscersi reciprocamente?
La risposta naturalmente è che se non ci conosciamo, cadiamo vittime di qualsiasi tipo di pregiudizio negativo e perfino di ostilità. Per vivere in pace e armonia gli uni con gli altri è necessario conoscerci. Similmente, quando non ci parliamo, diventiamo vulnerabili a ogni tipo di incomprensione e percezione erronea. Il vero dialogo, che significa parlare con l’altro, non all’altro, ci rende capaci di conoscerci e comprenderci reciprocamente.
Il Mediterraneo ci pone di fronte a una sfida e a un’opportunità uniche: essere in grado di vivere e incarnare questi valori e ideali che accomunano in modo tanto particolare le nostre religioni, patrimonio di questa parte del mondo.