news

Davanti alle guerre è il tempo della diplomazia. A sessant'anni dalla crisi dei missili di Cuba, non rassegniamoci alla minaccia nucleare

24 Ottobre 2022 - ROMA, ITALIA

#peaceispossible#thecryforpeace

Condividi su

“A sessant’anni dalla crisi dei missili di Cuba, la lezione che ci resta è che abbiamo bisogno di diplomazia”.  Così Jeffrey D. Sachs, consigliere speciale del Segretario generale Onu. Per Martin Hellman, docente alla Stanford University “la bomba atomica è un monito che ci deve spingere a temere e contrastare tutte le guerre, perché i conflitti sono come la roulette russa: se continuiamo a premere il grilletto, prima o poi partirà il colpo in grado di distruggerci tutti”.
 
Adriano Roccucci, professore di storia contemporanea a Roma Tre, ha ricostruito la crisi dei missili di Cuba e l'intervento di Giovanni XXIII per aprire un canale diplomatico tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. "Per uscire dal vicolo cieco della guerra sono necessari canali di dialogo, che possono essere ufficiali, ma anche informali, favoriti da esponenti della società civile o da attori singolari della comunità internazionale. In questo ambito occorre rivalutare il ruolo di Papa Roncalli, non sempre rilevato in maniera sufficiente dalla storiografia". 
 
Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, invita a non rassegnarsi di fronte agli scenari più difficili: "C'è un fiume di umanità bella che rifiuta di credere che il fratello sia un nemico". Per questo, uscendo dagli stereotipi, anche la Terra Santa può essere modello di convivenza , lottando contro ogni forma di divisione.

Emilce Cuda, teologa e segretario della Pontificia commissione per l'America latina, rileva che"i popoli vengono martirizzati per i beni che hanno. La Siria e l'Ucraina sono  martirizzate.  Prestiamo attenzione alle vittime della violenza e ascoltiamoli con cuore aperto".

La voce delle religioni preme molto per la ricerca di vie negoziali di fronte alla guerra in Ucraina. Per Abdulwahhab Ahmed Al-Taha Al-Sammaree (Portavoce del Fiqh Council of Senior Scholars, Iraq) si può tornare a un patto umano che tuteli il pianeta e mettere termine alla sperimentazione di tutte le armi. Anche a questo sono chiamate le religioni in un momento in cui la guerra brucia tutto, come sta accadendo in Ucraina, con la distruzione delle vite, i danni all'ambiente e alla sicurezza alimentare. Il mondo “è alle porte di una carestia, aumentano i prezzi dell'energia, la desertificazione con tempeste di sabbia”.

Il Metropolita ortodosso Ioan, Patriarcato di Romania, legge le vicende contemporanee come un frutto avvelenato della tecnocrazia, che "riduce l'uomo a numero, ad atomo, lo spersonalizza gettandolo in un modo materiale. Da questo mondo atomizzato si esce attraverso la preghiera, i cui frutti si riversano su tutti gli aspetti della vita nel deserto contemporaneo. Attraverso la preghiera cerchiamo malati, poveri, migranti e noi stessi dispersi nel mondo atomizzato. Dove non c'è pace, c'è sangue e umiliazione".

Jaron Engelmayer, rabbino capo di Vienna, spiega che "da quando lo scorso febbraio è scoppiata la guerra in Ucraina, in tante Comunità ebraiche è stata introdotta una preghiera per la pace, perché ciascuno possa andare a riposare senza dover trasalire. Il tema della pace è molto sottolineato nella preghiera: in essa si 'esauriscono' tutte le preghiere".