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Katherine Marshall

Vice Presidente, G20 Interfaith Association, USA
 biografia

Buongiorno, un cordiale saluto a questa autorevole tavola rotonda e al pubblico in ascolto, vicino e lontano.

Oggi sentiamo spesso ripetere il termine “policrisi”. Riflette la convergenza di tante sfide diverse e gravi che le comunità di tutto il mondo si trovano ad affrontare, tutte nello stesso momento: le tre grandi “C”: Conflitto, Covid e Clima, a cui aggiungere la crisi economica globale e il fardello debitorio, più la migrazione forzata, il tutto aggravato da una morsa di disorientamento e da quella che Andrea Riccardi ha descritto qualche anno fa come vertigine. Per rendere le cose ancora più complesse, le crisi sono interconnesse, sfidando coloro i cui mondi si sono chiusi nei loro silos. E le profonde e spesso rabbiose divisioni all'interno delle comunità e tra di esse, rendono il dialogo e l'incontro che ardentemente desideriamo molto più difficili del normale.

Il “cattivo” additato da molti è la globalizzazione. E’ vista come qualcosa che spersonalizza, che toglie alle persone, alle comunità e persino alle nazioni la capacità di plasmare i loro immediati destini, e la loro stessa identità. Alcuni la descrivono come una forza irresistibile, una tempesta guidata dall'economia. Ma invece di essere una forza che livella, come si sperava in alcuni momenti, essa può alimentare o perpetuare le disuguaglianze, favorendo i ricchi e i potenti e condannando le comunità più povere a restare ai margini e a soffrire.

La storia, che tutti conosciamo, credo sia più complessa di così. La globalizzazione porta con sé molti doni, come la condivisione della cultura, l'apertura a nuovi incontri, la possibilità quasi illimitata di scegliere. Per molti ha aperto nuovi mondi di opportunità. Abbiamo, come testimoniamo qui a Roma, la grande opportunità di condividere il meglio dei nostri valori e nuove speranze. Il gigante percepito del neoliberismo è un fenomeno a più teste, alcune guidate dall'avidità e dall'egoismo, altre dalla generosità e dalla ricerca di nuovi e migliori modi di servire e di agire. 

I lati oscuri della globalizzazione, che hanno incoraggiato la pandemia di COVID-19 e le nuove forme di diffusione dei discorsi d’odio (hate speech) e delle pulsioni violente, hanno tuttavia messo in evidenza anche segni di bene e di speranza simboleggiati da immagini e storie di coraggio e sofferenza, idee e [violazioni]. Anche facendo riunire persone di buona volontà.

La nostra tavola rotonda di questa mattina si concentra sulle responsabilità che vi sono, in questo complesso momento di crisi, e in particolare sulle responsabilità religiose. Le tradizioni religiose, come abbiamo sentito spesso in questo contesto, trascendono i confini nazionali e di altro tipo. Portano con sé una profonda eredità storica, ma anche una forte attenzione al presente. Il valore condiviso e il sogno della pace sono profondamente radicati, direi che hanno radici robuste. Come possono queste intuizioni, doni, eredità e molteplici occhi e orecchie aiutare ad affrontare le “policrisi” di oggi e in particolare quelle che si accompagnano ai fenomeni di globalizzazione?

Esploreremo molte dimensioni, dagli intricati dibattiti sui mercati globali, ai diritti fondamentali alla salute e all'istruzione, alla libertà di parola e di manifestare, e soprattutto al desiderio di pace che noi condividiamo.