11 Settembre 2023 09:30 | Hotel Hilton

Intervento di Mario Giro



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Mario Giro

Saggista, Comunità di Sant’Egidio, Italia
 biografia
Vi parlerò di una particolare forma di emergenza internazionale, che è quella del fallimento dello stato. 
 
Noi sappiamo che le guerre sono, è stato detto anche da chi mi ha preceduto, una delle sfide maggiori, soprattutto quando sono grandi guerre come quella in Ucraina. Ci sono anche altre guerre non meno micidiali e che coinvolgono un po' tutti. Quello che, secondo me, rappresenta uno degli aspetti più critici oggi e di cui si parla poco, è il rischio di fallimento dello stato nazionale.
 
Il disfacimento degli stati è ciò a cui assistiamo nelle crisi politiche violente negli ultimi 30 anni. Nessuno più, nemmeno gli stati più potenti, riesce a vincere davvero una guerra. La conseguenza sono guerre infinite, e la conseguenza di tale conseguenza è il disfacimento dello stato. 
 
Se non esiste lo stato, come vediamo accadere in molte parti del mondo, è difficile parlare di democrazia, di diritti umani e non possiamo parlare nemmeno di come affrontare le emergenze umanitarie. 
 
Il nostro amico della Rissho Kosei Kai ha citato la Siria. In Siria non c’è più lo stato. Chi aiuta? Chi fa rispettare i diritti? Possiamo dire che c’è un regime, sì, ma questo regime controlla solo un piccolo pezzo, una parte del paese. Gran parte della Siria è in mano a milizie di vario tipo. Ma è lo stesso caso della Libia, di buona parte dell’Iraq, dello Yemen, oggi del Sudan, ieri della Somalia, eccetera. Tutto questo ha un impatto umanitario grave. È molto difficile per le agenzie umanitarie intervenire laddove lo stato non esiste più. 
 
Poi ci sono delle situazioni particolari, come l’Afghanistan, in cui uno stato esiste ma è gestito in maniera talmente arcaica che è ugualmente difficile intervenire. Abbiamo sentito ieri la testimonianza di una giovane afgana che ci ha commosso tutti. 
 
Le crisi di governance peggiorano le crisi umanitarie, soprattutto quando a ciò si connettono situazioni particolari, come embargo o sanzioni. C’è un nuovo atlante delle crisi che dobbiamo imparare a leggere. Tante terre in cui non c’è più nessun tipo di ordine, vorrei dire nessun tipo di ordine nemmeno autoritario, preda della totale anarchia, dove non si riesce più a intervenire e la gente è abbandonata a se stessa. 
 
Apro una parentesi. Noi europei occidentali ci lamentiamo tanto delle migrazioni, pensiamo tanto ai push factor, alle ONG del mare per esempio, per quanto riguarda l’Italia, o alla rotta balcanica, per quanto riguarda la Germania. Ma in realtà c’è un enorme pull factor su cui non abbiamo nessun controllo, che è provocato esattamente dal fallimento degli stati: cioè il fatto che non c’è più speranza nel futuro di quel paese. Non saranno muri o leggi restrittive dell’Europa occidentale che potranno fermare questi flussi. Chiudo la parentesi. 
 
C’è un nuovo atlante, anche ecologicamente perché la crisi e l’abbandono lasciano interi territori all’abbandono della distruzione. Pensate all’Ucraina: assieme alla Russia e al Kazakhistan è il posto al mondo in cui ci sono le migliori terre, le terre nere che producono moltissimo. La guerra le sta distruggendo per sempre, le sta inquinando per sempre. Anche il fatto che adesso si vogliano utilizzare armi particolari come quelle a uranio impoverito, significa che quelle terre saranno distrutte per sempre. Dobbiamo pensarci. 
 
Poco fa Flavio ha parlato di Africa e di agricoltura. Non aggiungerò nulla però dico subito che alla fine farò una proposta specifica sul saccheggio delle terre a causa dei minerali e delle cosiddette terre rare, di cui l’industria ha tanto bisogno o pensa di aver tanto bisogno.
 
Le conseguenze della pandemia, cari amici, pesano ancora sul nostro mondo e aggravano situazioni critiche. Siamo in una situazione in cui c’è come una tempesta perfetta, come si dice: covid, guerra e crisi del multilateralismo. L’insicurezza alimentare aumenta e l’Underfunded Report dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dà i dati dell’aggravamento della vulnerabilità globale e della diminuzione degli aiuti. Non è solo una questione di generosità: è anche una questione di impossibilità di intervenire. Nel corso del 2023 tutte le agenzie dell’ONU, ma anche le grandi ONG private, sono state costrette a ridurre i livelli di assistenza. L’inflazione generata dalla crisi finanziaria, generata a sua volta, o aumentata dalla guerra, ha dato luogo a carenza di cibo. Oggi ad esempio il Programma Alimentare Mondiale non riesce più a trovare il cibo necessario per colmare le crisi alimentari. Non riesce a trovarlo sul mercato e non solo dai donatori. Non sanno dove comprarlo. 
 
Il costo del carburante è salito alle stelle, lo sappiamo, e nel 2022 soltanto l’Alto Commissariato per i Rifugiati ha speso il 45% di più per il carburante rispetto all’anno precedente. Quest’anno peggio. Voi capite che solo per il trasporto delle derrate alimentari si crea un problema. 
 
Una delle conseguenze più gravi dell’attuale periodo è l‘interruzione della catena di approvvigionamento alimentare in molti paesi poveri. Attualmente, ad eccezione dell’Ucraina, le operazioni umanitarie in tutte le altre regioni del mondo sono sottofinanziate e in grave difficoltà: Libano, Giordania, Yemen, Etiopia, Sudan, Uganda, Repubblica Centrafricana, Somalia eccetera. Guardiamo alla guerra in Sudan dove non riesce ad intervenire: nel giro di cinque mesi un altro paese si è spezzato e di fatto non esiste più, non ha più governo. Il paese è in mano alle milizie. Pensate a quello che sta accadendo nuovamente in Darfur. 
 
Tale aggravarsi dei bisogni sta colpendo talmente forte le organizzazioni umanitarie, che addirittura l’archetipo delle organizzazioni umanitarie, il comitato internazionale della Croce Rossa di Ginevra (ICRC), nato alla fine dell’800, il modello di tutto ciò che c’è di umanitario al mondo, per la prima volta nella sua storia ha dovuto licenziare, circa 1800 persone sulle 20mila che ha. E’ un fatto molto grave, perché il comitato internazionale della Croce Rossa è l’unica organizzazione umanitaria che ha accesso totale in tutte le crisi, in tutti i regimi. 
 
Da Ginevra sostengono che la raccolta dei fondi si è fatta particolarmente difficile a causa del conflitto russo-ucraino e che molte altre crisi sono dimenticate o sottofinanziate. Ma anche per l’Ucraina sta avvenendo una diminuzione degli aiuti. Dobbiamo stare molto attenti: pensiamo che vada tutto bene dal punto di vista umanitario. In effetti c’è stata molta generosità, pensiamo alla Germania, alla Polonia, anche all’Italia, alla Repubblica Ceca. Ma ora non è più così: sta diminuendo l’aiuto umanitario in un momento in cui c’è tanto bisogno per la popolazione civile. 
 
Questo, secondo me, è il quadro grave della situazione: crisi degli stati, crisi del multilateralismo, impossibilità di intervento, diminuzione degli aiuti. Il multilateralismo è fondamentale, dobbiamo ricrearlo, non c’è aiuto possibile senza un solido sistema multilaterale che la crisi politica globale sta mettendo a rischio. 
 
Termino con la proposta. Molte aree in difficoltà umanitaria sono anche zona di guerra. Si tratta di aree di predazione criminale ed economica, i cui soggetti criminali o milizie, traggono illegalmente materie prime preziose dalle terre rare. Sappiamo quali sono, il coltan, il cobalto, l’oro, il litio ecc. 
 
La proposta potrebbe essere quella di istituire da un punto di vista internazionale, dei processi paralleli a quello che fu fatto per i diamanti, il kimberley process, e che ha funzionato. Se non si può intervenire alla fonte -perché ad esempio oggi in Kivu è molto difficile intervenire come nel Sahel dove guerre di ogni genere si intrecciano- almeno dobbiamo intervenire a valle dei processi. Cioè da chi compra, al livello degli utilizzatori, cioè al nostro livello, tracciando i minerali, obbligando le imprese al tracciamento dei minerali e non accettando più quelli di origine incerta. Il settore privato questo lo può e lo deve fare, su tutti i minerali e le terre rare. I protagonisti sarebbero i privati, certo, le multinazionali che importano tali materiali, i distretti dell’oro ad esempio. Se le istituzioni multilaterali sono in crisi in questo momento e non riescono a intervenire alla fonte, interveniamo a valle. Non è detto che non si possa già fare qualcosa, ha funzionato una volta per i diamanti, può funzionare ancora e sarebbe di grande aiuto per queste terre abbandonate.