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Felix Anthony Machado

Arzobispo católico, India
 biografía
E' per me una grande gioia essere di nuovo insieme per il nostro appuntamento annuale. Desidero esprimere la mia gratitudine al Prof. Marco Impagliazzo per l'invito che mi ha rivolto a parlare sul tema sacro della pace. Sì, la pace è un dono di Dio per noi e tutte le religioni esaltano il primato della pace nella vita di ogni persona umana. Come credenti siamo chiamati a riscoprire quella vocazione universale alla pace radicata nel cuore delle nostre diverse tradizioni religiose, e a riproporla con coraggio agli uomini e alle donne del nostro tempo. 
 
Accogliere il dono divino della pace e custodirlo, coltivarlo e condividerlo con gli altri, significa costruire la pace e rimanere costantemente vigilanti contro tutte le minacce, facendone il nostro tesoro prezioso e la massima priorità. Perché, senza la pace, nulla ha valore e la nostra vita diventa miserabile e priva di significato, anzi, potremmo dire, buona come una vita distrutta! 
 
Non c'è dubbio che i credenti non possano rimanere passivi di fronte a un mondo assediato dall'odio e dalla violenza. Purtroppo, le due guerre persistono senza alcun segno di riconciliazione e di soluzione pacifica. È del tutto evidente che la pace, ovunque esista, è continuamente minacciata. La pace è un bene così fondamentale, eppure così minacciato da far sentire di vivere nella paura costante, e quando iniziano i conflitti si avverte il senso di impotenza. In effetti, si ha la sensazione che la pace sia un obiettivo irraggiungibile . 
 
È dovere di tutti costruire la "cultura della pace". Per non dimenticare il suo valore supremo per la nostra vita, questo nostro incontro annuale per celebrare la pace, ha la sua origine nell'incontro convocato da san Giovanni Paolo II e tenutosi ad Assisi il 27 ottobre 1986. È lì che Papa Giovanni Paolo II ha stimolato i partecipanti all'incontro di Assisi, in particolare i credenti di diverse tradizioni religiose e, anzi tutti i credenti di buona volontà, dicendo che se vogliamo costruire la pace, dobbiamo lavorare insieme con impegno per la società, per creare la 'cultura della pace'. Per il suo carattere irripetibile, il Papa ha ispirato tutti a continuare lo "spirito di Assisi". San Papa Giovanni Paolo II ha detto: "La pace è un laboratorio, aperto a tutti e non solo a specialisti, sapienti e strateghi. La pace è una responsabilità universale (Discorso, Piazza Inferiore della Basilica di San Francesco, 27 ottobre 1986). La Comunità di Sant'Egidio si è assunta il compito di continuare lo "spirito di Assisi". La Comunità di Sant'Egidio è convinta che solo uno sforzo unitario, da parte di tutti i popoli, possa offrire una soluzione duratura all'attuale situazione del nostro mondo. La sete di pace dell’umanità è una realtà universale: ecco perché la convocazione della Giornata di Preghiera per la Pace ad Assisi nel 1986 ha coinciso anche con l'Anno Internazionale della Pace, che le Nazioni Unite avevano proclamato. 
 
In occasione del 25° anniversario dell'evento, avvenuto nel 1986 ad Assisi, Papa Benedetto XVI lo descrisse con le seguenti parole: "... l'iniziativa promossa da Giovanni Paolo II (nel 1986) ha acquisito i connotati di una vera profezia. Il suo invito ai leader religiosi del mondo a dare un'unanime testimonianza di pace serve a spiegare, senza possibilità di confusione, che la religione deve essere foriera di pace".  
 
La situazione del mondo dal 1986 è diventata infatti più precaria e priva di pace. Non è forse urgente che i credenti di tutte le religioni riscoprano e mantengano sempre vivo lo "spirito di Assisi", come motivo di speranza per il futuro? 
 
La preghiera è parte integrante dei nostri sforzi per costruire la pace 
 
Ovviamente, Assisi era stata scelta come sede dell'incontro per il posto centrale che dà alla preghiera. Tra gli aspetti dell'Incontro del 1986, va sottolineato che questo valore della preghiera nella costruzione della pace è stato testimoniato dai rappresentanti delle diverse tradizioni religiose, e ciò non è avvenuto a distanza, ma nel contesto di un incontro. Con la preghiera, secondo la tradizione religiosa di ciascuno, tutti i credenti manifestano che essa non divide, ma unisce ed è un elemento decisivo per un'efficace pedagogia della pace, imperniata sull'amicizia, sull'accoglienza reciproca e sul dialogo tra persone di culture e religioni diverse. La preghiera è un fenomeno universale e specifico nella vita dei credenti di tutte le religioni, sia come esplicita invocazione di Dio, sia come apertura al mistero del trascendente nella meditazione. Per costruire la pace c'è bisogno anche dell'ingegno di tutti i credenti che si riuniscono per pregare, perché essi possiedono un impressionante patrimonio di testi profondamente religiosi. È anche vero che le religioni hanno insegnato a pregare a generazioni di persone" (Evangelii nuntiandi, 53).  
 
Continuare lo 'spirito di Assisi': diventare protagonisti della pace 
 
La preghiera genuina e autentica non è solo una questione delle parole che i credenti pronunciano con le loro labbra. Il potere della preghiera scaturisce dal cuore delle persone quando pregano e questo potere della preghiera trasforma la persona che prega, portandola a riconoscere le responsabilità e ad impegnarsi nel compito di salvaguardare la pace, mettendo in atto le strategie della pace con coraggio e lungimiranza . 
 
Lo "spirito di Assisi" spinge quanti nella vita personale e comunitaria sono animati da una convinzione di fede a trarne le conseguenze in una più profonda comprensione della pace e di un modo sempre nuovo di impegnarsi per la pace. I credenti di diverse religioni che si uniscono come "artigiani di pace" non possono dimenticare che, nonostante le differenze, hanno un unico obiettivo e un'intenzione condivisa, cioè quella di ricevere la pace, di custodirla e di diffonderla, e quindi la loro responsabilità è quella di vivere un dialogo e un'amicizia continui e costruttivi al di là dei confini religiosi. 
 
La pace ha bisogno di essere continuamente ricostruita: le nuove generazioni 
 
Lo "spirito di Assisi", dunque, si è trasmesso alle nuove generazioni. Questo era il desiderio di san Giovanni Paolo II che scriveva: "Dobbiamo coltivare il genuino 'spirito di Assisi' non solo per dovere di coerenza e fedeltà, ma anche per offrire motivo di speranza alle generazioni future".  Spetta a tutti coinvolgere i giovani nel compito di costruire la pace, perché la pace è sempre fragile e la nostra volontà di costruire la pace ha bisogno di rinnovarsi quotidianamente e incessantemente in condizioni favorevoli, come pure in tempi difficili. I leader religiosi devono fare ogni sforzo per dare una testimonianza unanime di pace davanti alle giovani generazioni, poiché ciò serve a spiegare senza possibilità di confusione che  la religione deve essere un araldo di pace".  Papa Benedetto XVI ha inoltre riconosciuto, nella Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace, svoltasi ad Assisi nel 1986, il significato religioso di aver raggiunto la maturità, che ha fatto "nascere nel credente la percezione che la fede in Dio, Creatore dell'universo e Padre di tutti, deve favorire rapporti di fraternità universale tra gli esseri umani” .
 
La pace è responsabilità di tutti. Nessuno è escluso o lasciato indietro. Pregare per la pace, lavorare per la pace ! Cosa possiamo fare?" In occasione del 30° anniversario del più noto evento mediatico internazionale del 1986, Papa Francesco ha esortato tutti i leader religiosi e politici, presenti ad Assisi, ad avere il coraggio del dialogo. Perché il dialogo ci dà speranza. Ha detto: "Il mondo ha bisogno di speranza! Nel mondo, nella società, c'è poca pace anche perché manca il dialogo. Questo perché facciamo fatica ad andare oltre l'orizzonte ristretto dei nostri interessi per aprirci a un confronto vero e sincero. La pace richiede un dialogo persistente, paziente, forte e intelligente, grazie al quale nulla vada perduto. Il dialogo può vincere la guerra. Il dialogo può far vivere insieme persone di generazioni diverse che spesso si ignorano. Fa vivere insieme cittadini di diverse etnie e di diverse fedi. Il dialogo è la via della pace. Perché il dialogo favorisce la comprensione, l'armonia, la concordia e la pace. Per questo è vitale che il dialogo cresca e si espanda tra persone di ogni condizione e credo, come una rete di pace che protegge il mondo e protegge specialmente i membri più deboli". 
 
Il dialogo interreligioso ristabilisce la fraternità ferita e permette l'armonia delle diversità all'interno della grande famiglia umana. Non c'è alternativa al dialogo, perché o costruiremo insieme il futuro o non ci sarà futuro. Papa Francesco rivolge un appello alle religioni affinché si impegnino, con coraggio e audacia, e senza pretese, aiutino la famiglia umana ad approfondire la capacità di riconciliazione e di pace, la visione della speranza e i cammini concreti di pace che si percorrono secondo la propria situazione e le proprie capacità. 
 
Sottolineando i mali della nostra società, Papa Francesco dichiara: "Il nemico della fraternità è l'individualismo che si traduce nel desiderio di affermare solo se stessi e il proprio gruppo al di sopra degli altri". Pertanto, tutte le persone hanno bisogno di essere continuamente vigilanti, attive e purificate dalla tentazione ricorrente di giudicare gli altri come nemici e avversari. La mancanza di dialogo crea incomprensioni reciproche, che a loro volta generano disprezzo e odio e, purtroppo, tutto sfocia in violenza e distruzione. 
 
La Fratellanza Umana proposta da Papa Francesco ci ricorda che "la fraternità abbraccia anche la varietà e le differenze tra fratelli e sorelle" e tutti devono prendersi cura gli uni degli altri attraverso il dialogo quotidiano ed efficace (coltivando le relazioni interpersonali), attraverso l'amicizia e l'amore reciproco come in un'unica famiglia umana. Nel dialogo siamo sfidati a riconoscere l'altro e la sua libertà.  Tutti devono impegnarsi per la protezione dei diritti fondamentali ovunque. Denunciando con forza il "proselitismo" (imporre le proprie convinzioni religiose all'altro), il Papa ci ricorda che la libertà innata di ogni persona umana non deve limitarsi solo al culto, ma che ognuno deve essere accolto come fratello o sorella, figlio della propria umanità che Dio lascia libero e che, quindi, nessuna istituzione umana può costringere, nemmeno in nome di Dio. 
 
I responsabili delle tradizioni religiose sono chiamati a promuovere sempre una cultura della pace e della speranza, capace di superare la paura di costruire ponti tra le persone. Il dialogo interreligioso rimane l'unica alternativa da portare avanti per dissipare i pregiudizi". 
 
 
Conclusione 
 
La pace richiede educazione, una chiamata ad apprendere ogni giorno l'impegnativa arte della comunione, ad acquisire una cultura dell'incontro, purificando la coscienza da ogni tentazione di violenza e di ostinazione contraria al nome di Dio e alla dignità umana. La pace si costruisce sulle ali dell'educazione e della giustizia. E occorre smilitarizzare il cuore dell’uomo, perché "la guerra non può creare altro che miseria, le armi non portano altro che la morte". Sì, la logica del potere armato favorisce la monetizzazione delle relazioni, l'armamento delle frontiere, l'innalzamento dei muri, l'imbavagliamento dei poveri. La nostra società oggi ha portato ad una coscienza umana desensibilizzata a causa dell'allontanamento dai valori religiosi e a causa dell'individualismo prevalente. Tutto ciò è accompagnato da filosofie materialistiche che divinizzano la persona umana e sostituiscono valori mondani e materiali a principi supremi e trascendentali. Il documento sulla Fratellanza Umana affronta il "deterioramento morale che influenza l'azione e indebolisce i valori spirituali e la responsabilità personale". Di conseguenza, le persone generalmente si sentono "frustrate, isolate e disperate, portando molti a cadere in un vortice di estremismo ateo, agnostico o religioso, o in un estremismo cieco e fanatico, che alla fine incoraggia forme di dipendenza e di autodistruzione individuale o collettiva". È importante ricordare che senza la libertà di espressione, il mondo è in pericolo. È imperativo opporsi a ogni odio e a ogni forma di violenza che distrugge la vita umana, viola la dignità delle persone, mina radicalmente il bene fondamentale della convivenza pacifica tra le persone e i popoli, al di là delle differenze di nazionalità, religione e cultura. Permettetemi di concludere con una nota positiva: noi leader, responsabili delle nostre rispettive tradizioni religiose, siamo chiamati a promuovere sempre una "cultura della pace e della speranza", capace di superare la paura di costruire ponti di fraternità e di amicizia tra i popoli, perché "la pace è un laboratorio aperto a tutti"!  Grazie.