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Heinrich Bedford-Strohm

Vescovo luterano, Moderatore del Consiglio Mondiale delle Chiese
 biografia
Parlare di „Resistenza contro il male” in una Conferenza intitolata “Immaginare la Pace” costituisce un’occasione molto speciale. Questi due titoli contengono in sintesi tutta la complessità della riflessione etica su come affrontare responsabilmente la violenza.
Siamo alle prese col [dilemma su] come reagire all’estrema brutalità degli assassinii del 7 ottobre ed anche della crudele esecuzione di ostaggi innocenti, [avvenuta] solo poche settimane fa. Allo stesso tempo, ci sono buone ragioni per deplorare la risposta assolutamente sproporzionata del governo israeliano agli attacchi di Hamas. Nulla può giustificare il bombardamento di una striscia di terra densamente popolata, cacciando milioni di civili da un posto all’altro, con più di 40.000 morti, molti dei quali bambini. Entrambe le azioni, quella di Hamas e quella dell’esercito israeliano, reclamano di resistere al male. Nulla in queste azioni punta a “immaginare la pace” – a meno che per pace non si intenda l’imposizione violenta dell’interesse di uno sugli altri, indipendentemente da ciò che la giustizia richiederebbe. Non si può mai raggiungere una pace giusta mediante le armi e i bombardamenti. Questa deve sempre comprendere un’equa considerazione degli interessi di entrambe le parti, sulla base di regole in accordo col diritto internazionale.
Per resistere al male, abbiamo bisogno di intervenire sulla difesa del diritto anche con la forza militare come ultima ratio. Ma è estremamente alto il pericolo – e ne facciamo esperienza in così tanti conflitti violenti – che la logica militare prenda completamente il sopravvento e soffochi tutti i tentativi di porre fine alla violenza e allo spargimento di sangue. 
Come Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), nella nostra Assemblea Generale del 2022 a Karlsruhe, ci siamo impegnati ad effettuare un pellegrinaggio di giustizia, riconciliazione e unità entro la nostra prossima assemblea del 2030. Ciò significa impegnarci in attività di soluzione dei conflitti in diverse parti del mondo: in Colombia, dove il governo ha chiesto al CEC di essere un accompagnatore permanente nei colloqui di pace con le guerriglie; in Israele e in Palestina, dove supportiamo il superamento dei muri che impediscono ad entrambe le parti di provare empatia per le sofferenze dell’altra parte, prerequisito cruciale per aprire la porta ad un processo di pace; in Sudan, dove una delegazione del CEC ha tenuto colloqui con diverse parti; e, naturalmente, in Ucraina, dove abbiamo cercato di spingere almeno le Chiese ad impegnarsi in una tavola rotonda per aprire le porte alla riconciliazione.
La dichiarazione adottata all’unanimità dall’assemblea del CEC a Karlsruhe, nella prima settimana del settembre 2022, che è stata – cosa degna di nota – sostenuta anche dai delegati ortodossi russi, condanna l’invasione russa in quanto "illegale e immorale”. "Come cristiani di diverse parti del mondo" – dice l’Assemblea – “rinnoviamo l’appello ad un immediato cessate-il-fuoco, per fermare la morte e la distruzione, e per il dialogo e i negoziati al fine di raggiungere una pace sostenibile”.
Notevole, nella dichiarazione, è la chiara critica dell’uso distorto della religione per giustificare la guerra:
"Riaffermiamo anche con forza la dichiarazione del Comitato Centrale per cui la guerra è incompatibile con la natura di Dio e il Suo volere per l’umanità ed è contraria ai nostri principi cristiani ed ecumenici fondamentali, e rigettiamo qualsiasi uso distorto del linguaggio e dell’autorità religiosa per giustificare gli attacchi armati e l’odio".
 
La resistenza contro il male nei conflitti internazionali richiede una valutazione realistica della necessità dell’uso della forza protettiva, ma anche dei suoi limiti.
La resistenza, tuttavia, può anche essere una questione che si presenta all’interno di una nazione, quando un governo diventa così malvagio che un’etica della responsabilità potrebbe persino richiedere il ricorso alla violenza per rovesciare questo governo, al fine di prevenire un male maggiore. Perfino i pacifisti possono giungere alla conclusione che sarebbe irresponsabile attenersi al loro principio di non violenza se ciò comportasse che tale pacifismo di principio significhi in realtà la morte di migliaia o persino milioni di persone innocenti.
L’esempio più significativo è il teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer che era un pacifista e – secondo me – rimase un pacifista fino alla fine della sua vita. Nonostante ciò, egli prese parte alla cospirazione della resistenza tedesca con l’obiettivo di uccidere Adolf Hitler. Il tentativo di assassinio del 20 luglio 1944 fallì. Hitler sopravvisse all’esplosione della bomba collocata nel suo quartier generale da un ufficiale. Coloro che erano direttamente coinvolti furono immediatamente giustiziati. Bonhoeffer, allora già in prigione, fu impiccato più tardi su ordine di Hitler, il 9 aprile 1945, poche settimane prima della fine della guerra.
Bonhoeffer ha riflettuto con attenzione sui modi in cui i Cristiani debbono agire nei confronti dello Stato in diverse situazioni ed ha concepito la possibilità della resistenza fin dal 1933, molti anni prima di impegnarsi egli stesso in tale resistenza.
Nell’aprile 1933, col primo boicottaggio delle attività economiche tenute da ebrei, il 1° Aprile, e con l’antisemita “Legge per la restaurazione del servizio civile professionale” del 7 aprile, il nuovo Stato nazionalsocialista ha dimostrato con particolare chiarezza il suo carattere di Stato di ingiustizia. Poco dopo, Bonhoeffer ha tenuto una conferenza a dei pastori a Berlino. In questa conferenza, egli afferma chiaramente l’ingiustizia fatta agli Ebrei. Descrive tre modi in cui la Chiesa deve esercitare la propria responsabilità nei confronti dello Stato:
"Innanzitutto (...) può rivolgere allo Stato la domanda sul carattere legittimamente statale del suo agire, cioè può responsabilizzare lo Stato. Secondo: può mettersi al servizio delle vittime dello Stato. La Chiesa ha il dovere incondizionato di occuparsi delle vittime di qualsiasi ordinamento sociale, anche se non appartengono alla comunità cristiana. (...) La terza via non è solo nel non opporsi alla ruota che stritola ma ostacolare la ruota stessa (DBW 12, 355f).
Per Bonhoeffer, la terza opzione è divenuta sempre più centrale. Le sue riflessioni sulla resistenza non violenta di Gandhi, ma poi sempre più anche la sua riflessione sul tirannicidio come mezzo per "cadere tra i raggi della ruota," devono essere viste in questo contesto. 
Nei suoi ultimi manoscritti, pubblicati dopo la sua morte col titolo di “Etica” e di “Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere”, egli rifletteva implicitamente, ma ciò non di meno intensamente, sulla sua decisione di partecipare al complotto contro Hitler. Diventiamo colpevoli se pianifichiamo l’uccisione di una persona. Ma potremmo dover consciamente diventare colpevoli, violando il comandamento di non uccidere, se questo è l’unico modo per prevenire un male molto più grande. Per Bonhoeffer, essere pronti a diventare colpevoli per il bene degli altri, può essere l’atto di responsabilità necessario. L’esempio della resistenza tedesca contro Hitler è un esempio significativo della plausibilità del pensiero di Bonhoeffer: se il tirannicidio avesse avuto successo, sarebbero state salvate le vite di milioni di persone: soldati sui campi di battaglia, civili vittime dei bombardamenti, ma soprattutto milioni di vittime dell’Olocausto. 
Il richiamo alla “resistenza” corre sempre il pericolo di essere usato in maniera scorretta. Un esempio attuale è l’uso distorto della vita e delle opere di Bonhoeffer nella politica americana. I nazionalisti cristiani hanno avuto un ruolo significativo quando una folla violenta ha attaccato il Congresso americano, il 6 gennaio 2021. Quella giornata ha mostrato che i nazionalisti cristiani americani non rifuggono dalla violenza nel loro disprezzo dei propri oppositori politici e delle istituzioni democratiche. Essi fanno un uso distorto dell’esempio della resistenza di Dietrich Bonhoeffer per giustificare una simile azione. Un ruolo chiave in tutto questo lo assume Eric Metaxas, autore di una popolare biografia di Bonhoeffer che, sulla base della sua fallace rappresentazione di Bonhoeffer, abbraccia esplicitamente il nazionalismo cristiano, inclusa la possibilità di usare la violenza, come hanno fatto i responsabili del 6 gennaio. La resistenza contro l’assassino di massa Hitler viene messa allo stesso livello della resistenza contro un governo democraticamente eletto.
L'assurdità di questo utilizzo distorto diventa chiara quando si considera il fervore con cui lo stesso Dietrich Bonhoeffer ha criticato il nazionalismo. In un sermone a New York nel 1930, egli ammoniva che i Cristiani non dovrebbero mai dimenticare che hanno fratelli e sorelle non solo tra la loro gente, ma tra tutte le genti. Se il Popolo di Dio fosse unito, proclamava, “nessun nazionalismo, nessun odio di razza o di classe potrebbe portare a termine i propri progetti, e allora il mondo avrebbe pace per sempre”.
Concludo: “resistenza contro il Male” e “Immaginare la Pace” devono essere sempre connessi tra loro. Se l’etichetta della “resistenza” viene utilizzata per giustificare la violenza brutale, sia che si tratti della crudele uccisione di ostaggi innocenti da parte di Hamas o del tentativo di sovvertire un governo democratico per stabilire un regime autoritario negli Stati Uniti, ebbene, ciò è inconciliabile con l’immaginare la pace. La pace comprende sempre la minimizzazione della violenza e l’idea di una vita conforme alla dignità umana per tutti.
Ci sono buone ragioni per affermare che la resistenza debba essere non violenta. Allo stesso tempo ci sono buone ragioni per porre le persone al di sopra dei principi e lottare per la dignità umana, anche se ciò comporta il diventare colpevoli.
In quanto Cristiani sappiamo che, se confessiamo la nostra colpa, possiamo sperare nel perdono di Dio.