4 Octobre 2010 16:30 | Palau de la Generalitat - Auditori
Barcellona 2010 - Intervento di Crescenzio SEPE
Il dialogo interreligioso ed interculturale per costruire la pace
Il Mediterraneo è un antico spazio geografico e politico che racchiude soprattutto il bisogno di pace, di dialogo tra le religioni e le culture, di integrazione tra innovazione e tradizione, di diritti individuali e di solidarietà sociale.
Le numerose iniziative sinora intraprese, per promuovere il dialogo interreligioso ed interculturale, per costruire lo sviluppo condiviso nell’area, hanno prodotto progressi parziali.
Le stagioni della speranza che la regione ha conosciuto istituzionalmente nel Partenariato euromediterraneo (attivato nel 1995 dall Unione Europea con il Processo di Barcellona) ed in altre iniziative - quale l’Unione per il Mediterraneo, che ha la sua sede a Barcellona e che costituisce l’unico esempio di coalizione politica tra i 43 Paesi euromediterranei - oggi si trovano in uno stato di stallo.
Per superare questa situazione critica, bisogna che il dialogo interreligioso ed interculturale nel Mediterraneo non deve più essere pensato come oggetto di programmi politici decisi altrove, ma come soggetto di strategie che siano espressione diretta dei bisogni reali di ciascun popolo. Per questo occorre prendere coscienza dei rischi di marginalizzazione della regione euromediterranea ed impegnarsi per la costruzione di alleanze tra le civiltà nel Mediterraneo che trovino il loro elemento portante nella strutturazione di un vero e duraturo dialogo tra religioni e culture.
E’ necessario, pertanto, che, oggi più che mai, questo dialogo sia costruito su un sistema di valori, capace di mettere in campo sinergie che operino nello spirito della pace e collaborazione tra i popoli e nel rispetto dei diritti fondamentali, che hanno la loro espressione principale nella carta dell’ ONU.
A tal fine è indispensabile allargare il discorso al Grande Mediterraneo: soggetto storico e strategico che agisce e si sviluppa anche in connessione ed interdipendenza con i Paesi del Medio Oriente, del Golfo e del Mar Nero.
Questi Paesi, attraverso i secoli, hanno gravitato o gravitano sul Mediterraneo in continuità storica con le grandi realtà culturali e politiche del passato - rappresentate dall’ Ellenismo, dall’ Impero di Roma, dall’ Impero di Bisanzio e dalla civiltà Islàmica - e che oggi, a causa di contiguità geografica, reciproche influenze socio-culturali ed intensità di scambi umani, rappresentano l’ area del Grande Mediterraneo: una tradizione di sinergie, anche turbolente ed inquiete, ma dalle quali è sorta un’indissolubile interdipendenza che, nonostante tutto, rimane più forte di tutti i contrasti, le opposizioni e le guerre.
In quest’area geografica occorre promuovere la comprensione mediante un dialogo interreligioso ed interculturale, capace specialmente di promuovere la conoscenza delle realtà identitarie, sociali e culturali che la compongono, incoraggiando una loro più stretta interazione, al fine di rafforzare i valori e gli interessi condivisi nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, sviluppando specialmente la cooperazione intellettuale e la formazione di risorse umane nei vari ambiti.
Il Grande Mediterraneo, com’è noto, da lungo tempo, è percorso da tensioni, crisi e conflitti che hanno lacerato il tessuto di una convivenza pacifica e prosperosa. La recrudescenza del terrorismo e il rischio di una frattura fra chi crede nel dialogo e chi vuole lo scontro di civiltà, impone un accresciuto impegno dei Governi, delle Confessioni, delle istanze della Società Civile per promuovere una Coalizione di valori ed interessi condivisi. Quest’ultima dovrà agire sul terreno dei fatti, sviluppando modelli e programmi di crescita morale e materiale nella regione, basati sulla pari dignità e il rispetto reciproco di identità originarie diverse, portatrici di principi e valori aperti allo scambio e al confronto. Specificità, ricchezza delle tradizioni e, al tempo stesso, comunanza di interessi e azioni, fondati sul rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, devono costituire l’ impegno a far fronte alle nuove sfide comuni, quale, ad esempio, il diritto all’ eguaglianza tra uomo e donna.
La riconciliazione nel Grande Mediterraneo impone innanzitutto una ricerca della Solidarietà e dello Sviluppo. Occorre offrire ai giovani una educazione e una preparazione professionale che riducano, fin dall’inizio, le innumerevoli difficoltà. L’ho ripetuto a Napoli giorni fa: c’è bisogno di pane e speranza per assicurare proprio ai nostri giovani il ruolo di “produttori del futuro”.
Dobbiamo tutti impegnarci a fondo per permettere un equo inserimento dei giovani nel mondo del lavoro: un’ apposita azione deve essere rivolta a tal fine da tutti i soggetti interessati per individuare specifici bisogni formativi in relazione a nuove possibilità del mercato del lavoro che l’area del Grande Mediterraneo può aprire.
Il riconoscimento della conoscenza universale non deve sradicare le culture locali, ma dovrà mettere insieme tradizione, modernità e innovazione. L’ impegno che tutti noi dobbiamo assumere e che le religioni e le culture devono porre a base della loro azione si inscrive nella necessità di nuove politiche, dove il rispetto per la cultura dell’altro permetta la difesa fondamentale della persona umana e dei suoi diritti.
E’ questa, infatti, la nuova frontiera di quelle realtà dove intensi processi migratori hanno portato alla convivenza di gruppi diversi specialmente per religioni e culture.
La costruzione di una società mediterranea salda nei principi e nei valori condivisi è incompatibile con lo scontro tra le civiltà, l’ uso della forza e il sovvertimento violento dell’ ordine politico e sociale internazionale. Chi predica l’ ideologia del male, chi istiga alla divisione, chi incita alla sopraffazione dovrà essere moralmente isolato specialmente se si riusciranno a sradicare i semi della discordia, facendo comprendere che le tre grandi religioni monoteiste promuovono la pace e la concordia tra i popoli e che solo minoranze irresponsabili strumentalizzano la religione per diffondere fondamentalismi e terrorismi dietro i quali si celano spesso solo interessi economici di parte.
Il nostro Grande Mediterraneo è fatto di donne e di uomini diversi e, spesso, anche in conflitto, ma che vogliono libertà di religione, giustizia sociale e democrazia. E per questo che, parlando di Grande Mediterraneo, non parliamo di un’entità astratta che si colloca in antichità remote, ma di donne e uomini del XXI° secolo alle prese con la necessità di governare i processi globali per non esserne divorati e subordinati.
Riconoscere, per esempio, che Cristianesimo, Ebraismo e Islàm nascono dalla stessa culla non è un atto di subordinazione, ma l’affermazione della verità su cui fondare Alleanze tra le Civiltà, in cui Mediterraneo, Europa e Islàm costituiscono i pilastri fondamentali su cui costruire il nostro futuro, solo se tutti insieme saremo in grado di trasformare l’ Amore per il Potere - presente ormai dovunque - nel Potere dell’ Amore.
Il Mediterraneo, l’Europa, l’Islàm, l’Ebraismo e le altre fedi, che hanno contribuito e contribuiscono alla formazione dell’ identità del Grande Mediterraneo, hanno un interesse vitale a seguire un altro cammino da quello dell’ imposizione di forme di Governo dall’ esterno e del ricorso al terrorismo e al sovvertimento violento. La via della collaborazione, della mutua comprensione e della solidarietà è l’ unica via possibile.
Non dobbiamo dimenticare, per esempio, i secoli durante i quali la civiltà europea e l’Islam hanno convissuto insieme ed il ruolo fondamentale che ha avuto la cultura musulmana e la civiltà dell’Islàm nello sviluppo delle relazioni e della cooperazione con l’Europa e l’Occidente producendo risultati significativi nei vari campi disciplinari.
In certe parti del mondo musulmano, nel Vicino e Medio Oriente e in Israele, la Modernità genera spesso reazione di ostilità, in alcuni casi violenti.
Si assiste così ad una generalizzazione della visione del Cristianesimo, dell’Ebraismo e dell Islàm, dando libero corso a tutti gli stereotipi accumulati lungo i secoli.
Il risultato odierno è, per esempio, lo sviluppo di una contrapposizione fra l’ idea di una società musulmana strutturalmente legata alle regole dell’ Islàm ed incapace di adattarsi al cambiamento del mondo e, dall’ altra, una modernità appannaggio del solo Occidente.
Noi sottolineiamo la sterilità di questa visione del mondo, di questa cosiddetta irriducibilità delle cose fra un Islàm antitetico alla modernità e un’ Europa simbolo di una modernità compiuta.
Noi insistiamo sulla necessità di superare questa visione pericolosa e far di tutto per inventare oggi una modernità condivisa dallo stesso Islàm e dallo stesso Occidente .
L Islàm e l’Occidente - con tutte le espressioni religiose, prima fra tutte il Cristianesimo - non devono essere considerati come due antagonisti. Questo richiede una politica di solidarietà e di collaborazione, necessarie non solo nell’ interesse dell’ Islàm ma anche in quello dell’ Occidente poiché l’Occidente.
Questa collaborazione è l’elemento fondante per costruire quel dialogo interreligioso ed interculturale che individua nella Società Civile dei Paesi del Grande Mediterraneo - in primo luogo le Comunità religiose, le Università, i media e via dicendo - il fattore chiave per progredire nei diritti fondamentali, nella sicurezza politica, nella cultura, nell’ economia, nella scienza, nello sviluppo sostenibile, nella comunicazione e nell’ informazione.
Il Mediterraneo, con il suo ruolo centrale non solo dal punto di vista storico ma specialmente culturale, economico, sociale e politico, è la nostra nuova grande sfida che coinvolge non solo i Paesi, che su di esso si affacciano, ma tutti quelli che vi convergono per tradizioni, religioni e culture.
Questo “Nostro Mare Nostro” - come lo definisce nel suo ultimo libro il presidente della Fondazione Mediterraneo, Michele Capasso – “rappresenta un fitto intreccio di relazioni economiche, politiche e sociali, una storia immensa di migrazioni e di guerre, di incontri e scontri tra popoli, religioni e culture differenti ma soprattutto lo spazio del dialogo e dell’incontro”.
Un nostro obiettivo deve essere proprio quello di costruire e difendere questo spazio del dialogo e dell’incontro, individuando prospettive di accostamento dei problemi che superino le attuali conflittualità politiche e religiose: solo attraverso la conoscenza reciproca è possibile costruire un dialogo interreligioso ed interculturale, fondato sul rispetto reciproco e capace di promuovere sviluppo condiviso e pace.