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Sandro Polci

Comité scientifique de Legambiente, Italie
 biographie

TUTTO INIZIA DALLA SOLITUDINE

Amo camminare solo – Come scriveva Pier Paolo Pasolini, e amo camminare ovunque. Per sentieri in genere ma anche attraverso periferie e cortili. Camminare mi rende amica la solitudine che secondo Fabrizio de André “offre forme straordinarie di libertà”. 
Ricordo la riflessione di un sacerdote amico, tornato provvisoriamente a casa dalla sua missione peruviana. “Non ti stupire se provi solitudine, anche in famiglia o con amici fidati. La solitudine non è avversa alla compagnia. No, è il luogo delle domande ineludibili, per costruire ogni serenità e per ogni fede genuina e forte”. Parole nelle quali è facile trovare gli echi del Monachesimo, il silenzio, la preghiera, il necessario distacco dal mondo secolare. Così fu per Elia nell'Antico Testamento, per Giovanni nel Nuovo e nella Regola di san Benedetto da Norcia.
Ho così compreso la differenza tra essere smarriti e essere “in solitudine”. Khalil Gibran lo spiega così: “Cantate e danzate insieme e siate felici, ma fate in modo che ognuno di voi sia anche solo, come sono sole le corde di un liuto, sebbene vibrino alla stessa musica.” Cioè scoprendo la “buona solitudine” arriveremo a vivere la vera condivisione e la buona alleanza tra esseri umani: non solo di età ma anche di cultura e Fede diversa. 
 
DISSOLUZIONI POCO FAMILIARI 
Storicamente l’alleanza tra giovani e anziani è stata spesso verità. In un esempio, nella cultura contadina europea, almeno fino allo scorso secolo, genitori bisognosi di cure e risorse - “i proletari” con l’unica ricchezza della prole - trovavano nei figli speranza e sopravvivenza personale. Oggi – tramontata la famiglia patriarcale e il senso di appartenenza – resta il sostegno, non distribuito equamente, di pensioni e risparmi ma non trova risposta il bisogno umano di coesione: è sempre più il trionfo della triste “età solitaria” nella quale siamo sempre più telematicamente connessi ma ibernati nei sensi e nella capacità affettiva. 
 
NUOVA COMUNITA’
Occorre allora riparare l’ombrello della “Comunità dialogante” e della “Dimora amicale”, che favoriscono la coesione sociale tra appartenenze diverse, generazioni ed età diverse, sensibilità e fedi diverse. Tale scelta è anche l’unica possibile risposta funzionale al pesante invecchiamento in atto: Nel 2030 vi saranno circa 2 miliardi di anziani nel mondo. In Italia, negli ultimi 40 anni, gli over 65 sono passati dal 9,5% della popolazione al 20,3%: oltre 12 milioni. Nel medesimo periodo la popolazione italiana è aumentata del 20% mentre la popolazione anziana del 155%! E’ prossima la generazione che vedrà un anziano ogni 3 abitanti!                              Se fossimo al Circo, l’Italia sarebbe un giovane giocoliere, affaticato nel mantenere in equilibrio tre anziani, di cui uno non autosufficiente.  E’ dunque necessario tralasciare ogni “pietismo d’abitudine” e darsi da fare perché gli anziani di oggi e soprattutto di domani - che non hanno la schiena rotta per una vita di sforzi fisici e godono inoltre dei miracoli della medicina contemporanea - hanno elevate capacità prestazionali.  Per questo non parlo mai di “Terza età” ma di “Tripla età”: la prima, fino a 75 anni e spesso anche oltre, garantisce performance analoghe al periodo lavorativo; la seconda è più “meditata” e di riposo mentre è soltanto la terza che richiede la necessaria assistenza fino alla morte. Un dato: spendiamo la parte rilevante del nostro budget sanitario negli ultimi due anni dell’esistenza. E’ dunque ragionevole per ogni anziano attendersi un sereno, e per nulla statico, “autunno del Patriarca” anche se con tanti amici e pochi parenti…  
 
MA IN QUALE “DIMORA AMICALE”? 
Da questi motivi nasce l’attenzione per il “Silver Cohousing”, la condivisione di spazi e funzioni residenziali di nuova concezione. Un fenomeno che è possibile pensare con studenti, migranti, lavoratori temporanei e tante altre innovative forme di condivisione.  Ma se tutto è possibile vi è sempre qualcosa di più probabile come l’“Età solitaria” degli anziani. E quindi dobbiamo guardare innanzitutto alle tendenze dell’invecchiamento in atto.
Un milione di italiani anziani vive solo in una abitazione di proprietà, che nella maggior parte dei casi non ha da anni avuto opere di manutenzione ed è troppo grande per le legittime esigenze. E’ questo uno dei frutti amari del nostro costruire ciecamente una enormità di abitazioni, fatto per cui paghiamo un elevato prezzo ambientale: consumo di territorio, sprawl e abusivismo edilizio, che hanno cancellato paesaggi e risorse naturali. 
Tale surplus, per ironia della sorte, ha oggi trasformato i proprietari, che si consideravano benestanti, in anziani soli e impauriti, con tasse ed utenze troppo onerose per la loro pensione: ecco che il neologismo “Età solitaria” ha anche un cognome: “Periferia metropolitana”.
Dunque, ho chiamato “Silver cohousing” tale condivisione abitativa rivolta alle persone mature. E dove praticarlo? Aggredendo la tristezza delle sterminate periferie abbandonate a sè stesse e trasformando un patrimonio immenso già costruito: rigeneriamo il già esistente, riorganizziamo gli spazi urbani, riqualifichiamo i servizi alla persona.
Funzionalmente, gli interventi per la condivisione immobiliare devono garantire l’autonomia degli spazi essenziali (camera da letto, bagno, living per ogni anziano o coppia) e la condivisione delle funzioni complementari (“mangiamo insieme? manteniamo il giardino? TV, carte, bricolage o usciamo insieme? Facciamo volontariato?”). Si possono così garantire risparmi fino al 30% nei costi della vita, maggiore sicurezza personale, migliore assistenza alla persona anziana e alla indispensabile socialità diffusa.                            
Si potrà così meglio affrontare il crescente e insidioso “barbonismo domestico” ovvero vivere la propria abitazione come un senza fissa dimora: sopravvivenza tra rifiuti e trascuratezza per la persona.
E’ una Comunità dolce” che non costringe ma, certo, sospinge e favorisce un nuovo umanesimo e sentire spirituale: “Io sono l’altro”. E ricordiamo sempre che “siamo troppo poveri per permetterci la “Solitaria età” con i suoi costi sanitari e le tristezze che ne inabissano le liete speranze. Così, operando con un approccio creativo, comprenderemo meglio, ad esempio, l’assurdità di ospedali che ospitano spesso “malati immaginari” colpiti soltanto dalla “solitaria età” e dunque curabili con piccole attenzioni ed affetto. E non saranno le risorse a mancare se si pensa che un giorno di ospedalizzazione ha un costo superiore a un mese della pensione media sociale riconosciuta a un cittadino.
Insieme e con animo lieto, sapremo così superare “la paura della storia”; fatti saggi da età e solitudine, sapremo allontanare il conflitto e godere sommessamente dei segni celati della “Primavera avvenire” 
 
 
 
SINTESI ANALITICA
  • Nel 2030 vi saranno circa 2 miliardi di anziani nel mondo. In Italia, negli ultimi 40 anni, gli over 65 sono passati dal 9,5% della popolazione al 20,3%: oltre 12 milioni. Nel medesimo lasso di tempo la popolazione italiana è aumentata del 20% mentre la popolazione anziana del 155%! E’ prossima la generazione che vedrà un anziano ogni 3 abitanti!
  • “Esemplificando: in futuro 20 genitori che vivono più a lungo non potranno, economicamente e socialmente, sostituire 11 figli che non nascono più, se non lavorando più a lungo, meglio, gioiosamente, con i necessari ausili e prestanza intellettuale: sono queste le vere capacità da preservare attentamente. Come? Rimanendo vigili, vitali, curiosi e rinnegando Cicerone, che definiva malattia la vecchiaia stessa!
  •  Contenere le dimensioni degli aggregati urbani può generare maggiore qualità, pulizia ed efficienza delle funzioni locali e, di conseguenza, maggiori coesione sociale e sicurezza. E’ dimostrato che ambiti ristretti (isolati o piccoli quartieri) si danno regole gestionali migliori e praticano migliori forme di sussidiarietà che si esprimono nel volontariato organizzato.
  • Riguardo il patrimonio abitativo, in Italia 7,2 milioni di edifici sono costruiti prima del 1971 e 2,6 milioni sono in mediocre o pessimo stato di conservazione (Fonte Cresme). 
  • Molti cittadini hanno difficoltà a pagare bollette, affitti o rate di mutuo e circa un terzo vive in spazi danneggiati o non adeguatamente riscaldati mentre il “sentiment” negativo tra tutte le famiglie arriva a ben oltre la metà riguardo la pesantezza degli oneri abitativi. 
  • Guardando al futuro – ecosostenibile e biodiversificato – insieme alla augurabile green economy, occorre guardare ad altre forme “sharing”, di condivisione. Così la “Silver economy”, l’economia dei capelli grigi, va alla moltitudine dei meno garantiti che vivono con oneri crescenti in alloggi spesso fatiscenti e subiscono la solitudine.
  • La soluzione proposta considera il bene immobiliare esistente come un bene razionalizzabile, parzialmente da condividere e da saper destinare alla migliore utilizzazione, acquisendone benefici significativi: innalzare fino al 30% in più la capacità di acquisto di una pensione modesta, godere di una assistenza attiva da parte del servizio sociale, vivere nella piena autonomia dei propri spazi essenziali per la privacy (camera, bagno, living, ecc.), evitare le onerose ospedalizzazioni, di comodo e non sempre di necessità, ritornando a socializzare, non più schiacciati da una diffidente autonomia dell’abitare.
  • Ne nasce inoltre la disponibilità di alloggi liberati, capaci di soddisfare una nuova domanda sociale non soddisfatta.
  • La manutenzione straordinaria necessaria nelle nuove residenze garantirà un indotto occupazionale diffuso.