Onorevole Presidente, cari signore e signori,
Mi chiamo Lina Hassani e sono qui oggi davanti a voi come una ragazza afghana di 21 anni, di famiglia Hazara, che ha vissuto attraverso due decenni di conflitti e profondi cambiamenti. Provengo da un paese tristemente famoso per i suoi tre decenni di guerra: sono arrivata in Belgio attraverso i Corridoi Umanitari della Comunità di Sant'Egidio e vivo lì da 5 mesi; qui mi dedico all'apprendimento della lingua olandese. La mia storia non riguarda solo la mia vita, ma anche quella di innumerevoli afghani che hanno sopportato difficoltà inimmaginabili. Sono nata a Kabul, una città che custodisce molti ricordi, sia gioiosi che dolorosi. La vita in Afghanistan non è mai stata facile. Nel 2009, mio padre ci è stato portato via, ucciso dai talebani. Ma mia madre, con una forza incredibile, è andata avanti per sostenere la nostra famiglia.
Ho deciso di seguire il mio percorso di studi realizzando che è l'unica via per una vita migliore. Ci siamo trasferite a Dusht-e-Barchi, un quartiere di Kabul noto per essere la casa di molte famiglie Hazara e Sciite: una delle zone più pericolose, spesso presa di mira da gruppi terroristici, in particolare dai Talebani. Vivendo lì, eravamo esposte agli orrori degli attentati e degli attacchi suicidi.
La violenza era implacabile; ho assistito a un attacco suicida nella nostra scuola e al sacrificio di bambini di età inferiore ai 14 anni. Lì, ho visto tragicamente il corpo senza vita dei miei compagni di classe. Questo è stato solo uno dei tanti giorni fin troppo normali per uno studente a Kabul.
Nell'agosto 2021, i Talebani hanno preso il controllo dell'Afghanistan, imponendo severe restrizioni alle donne. Non ci era permesso uscire di casa senza un tutore maschio e l'istruzione ci è stata negata. La situazione era particolarmente disperata per coloro che avevano lavorato con entità straniere, tra cui mia madre. Le donne che protestavano contro i Talebani rischiavano la prigione o addirittura la morte. Sentendoci insicure e senza alcuna speranza di una vita migliore in Afghanistan, siamo fuggite in Pakistan. Tuttavia, la situazione lì non era molto diversa; come rifugiati, eravamo visti come un peso, privi di diritti, senza accesso all'assistenza sanitaria e all'istruzione, sempre di fronte alle difficoltà nel rinnovo del visto e a rischio di espulsione. Più di un milione di persone sono state rimpatriate in Afghanistan. Alcuni rifugiati afghani in Pakistan si sono uniti per vivere sotto le tende, sopportando condizioni difficili, senza riparo con un caldo che raggiungeva i 40 gradi. Dopo aver vissuto numerose difficoltà, nel nostro campo siamo finalmente entrati in contatto con la comunità di Sant'Egidio, la prima a supportare i rifugiati afghani in Pakistan. Hanno ascoltato le nostre preoccupazioni e promesso di aiutarci, una promessa che hanno mantenuto. Il 29 aprile 2024, abbiamo intrapreso un viaggio dal Pakistan al Belgio con l'aiuto di Sant'Egidio. Oggi viviamo io, mia madre e le mie sorelle in un appartamento nei locali di una chiesa parrocchiale e siamo amati e accompagnati in questa nuova vita.
In conclusione, esprimo la mia più sentita gratitudine a tutti coloro che hanno sostenuto i rifugiati afghani e ascoltato le nostre voci. Desidero un futuro in cui la pace prevalga in Afghanistan e in tutto il mondo. Che le cicatrici del conflitto guariscano e che ogni individuo trovi la forza di abbracciare l’amore, la comprensione e l’unità. Grazie per aver creduto nel nostro diritto a vivere liberamente. Vi chiedo di continuare a sostenere le donne e le ragazze afghane che hanno ancora un disperato bisogno di assistenza. Insieme, possiamo contribuire affinché anche loro abbiano l'opportunità di sognare, imparare e progredire. Il vostro sostegno può fare una profonda differenza nelle loro vite e, insieme, possiamo spianare la strada a un futuro più giusto ed equo.