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José Manuel Rodrigues

Presidente de la asamblea legislativa de la región autónoma de Madeira
 biografía
Ringrazio per il gentile ed onorevole invito a partecipare, ancora una volta, a questo Incontro Internazionale per la Pace, uno spazio di incontro, di dono, di condivisione, di costruzione di ponti tra persone ed istituzioni, per rendere questo nostro Mondo un luogo più armonioso in cui vivere. 
 
La Comunità di Sant’Egidio merita la nostra più sentita riconoscenza per i suoi sforzi a favore della pace e della concordia, ovunque esista un conflitto o un segnale di violenza, e costituisce un esempio di perseveranza, di tenacia nella costruzione di legami di cooperazione tra persone e tra popoli. 
 
Dietro ogni popolo c’è una cultura, c’è una memoria, ci sono una Storia e un’identità che dobbiamo tutti rispettare.
Questo è il principio di base perché possiamo ottenere una relazione di avvicinamento tra i popoli. Tutti sappiamo che ci sono differenze sostanziali nei comportamenti, nelle attitudini e nel modo di essere delle persone, in base alle loro origini, alla loro formazione, alla loro relazione con altri individui di altre [aree] geografiche e di altre culture. 
 
Ci rendiamo conto che ancora oggi, nonostante la globalizzazione, esiste uno scontro di mentalità tra popoli e culture, soprattutto quando i loro rapporti sono sporadici o inesistenti, perché invece, quando tali rapporti sono frequenti, il dialogo e la tolleranza aprono la strada alla coesistenza pacifica.  
 
La vicinanza tra i popoli e il rispetto per le loro culture sono il segreto della PACE. 
 
 
Quando arriviamo a conoscerci e accettiamo le nostre differenze, è più facile una sana e produttiva convivenza e, indipendentemente dalle religioni e dai sistemi politici, è possibile dialogare, parlare e giungere al consenso e alla comprensione sulle grandi questioni dell’umanità. 
 
Vengo dal Portogallo, precisamente da un arcipelago denominato Madeira, la prima scoperta dei Portoghesi nella loro avventura di dare al mondo nuovi mondi, un luogo in cui, dal XV secolo, sono coesistiti coloro che attraversavano l’Atlantico, in cerca delle Americhe, dell’Africa e dell’Europa. 
 
Questo contesto geografico è stato segnato anche dall’economia giacché, nonostante Madeira sia un arcipelago molto piccolo, ha potuto disporre di due coltivazioni agricole per l’esportazione che costituiscono ancora oggi un fattore di collegamento al mondo, come la canna da zucchero e la produzione di vino. 
 
Quest’apertura al mondo, fondata sul fatto che Madeira è stata la prima di tutte le scoperte portoghesi e la piattaforma per quella che oggi gli storici chiamano “prima globalizzazione”, ci ha dato una visione del mondo e un’apertura ad altre civiltà e ad altre culture, attitudine che perdura fino ai nostri tempi. 
 
Il turismo, la nostra principale attività economica, ha ampliato quest’apertura al mondo e quest’interdipendenza economica e sociale con altre regioni, altri popoli e culture. 
 
Quando arriviamo a conoscerci, pur nelle nostre divergenze e differenze, non ci scontriamo, non ci affrontiamo con violenza, non confliggiamo; e tendiamo a trovare ponti ed elementi di dialogo, di convergenza e di comprensione che favoriscono la concordia e la Pace. 
 
I grandi nemici della Pace sono l’ignoranza e la mancanza di empatia tra i popoli.
 
Ma c’è un individuo in ogni membro di ogni popolo e la Pace, così come la libertà, comincia sempre in ognuno di noi. 
 
Se ognuno di noi non è orientato a costruire la Pace, la volontà dei diversi poteri di ogni Nazione vale poco o nulla.
 
Ognuno di noi può e deve essere un operatore di pace, che sia nella religione, nell’accademia, nella politica o nella società. 
Purtroppo, gli ultimi anni sono stati prodighi nella comparsa di nuovi conflitti e di nuove guerre che mettono alla prova la nostra capacità di rispondere a queste situazioni, motivate da molteplici fattori. 
 
Sono sicuro che le religioni, nel rispetto per le loro credenze e nella tolleranza per le loro pratiche, sono pervenute a dar vita a dialoghi e convergenze per cercare vie di pace e di concordia. 
I loro leader, nella grande maggioranza, sono stati quegli operatori di pace di cui il mondo ha tanto bisogno, soprattutto in questi tempi di incertezza, di sfiducia e di violenza, in cui viviamo. 
 
Signore e Signori, 
 
Se, nel XX secolo, si sono avute due Guerre mondiali e una serie di lotte per l’indipendenza dei popoli contro i paesi colonizzatori, oggi, dopo un periodo di relativa pace in diversi continenti, in parte determinato dalla fine della guerra fredda, la verità è che adesso risorgono pericolosi conflitti che mettono in discussione l’ordine internazionale stabilito e che ci chiamano tutti alla missione della Pace. 
 
Se la globalizzazione ha portato un segnale di speranza nell’interdipendenza tra paesi e popoli e in una cooperazione che, sebbene molte volte disuguale e ingiusta, ha permesso di sottrarre milioni di persone alla miseria ed alla povertà, oggi le trombe di guerra tornano a risuonare in molte parti del mondo; le armi tornano ad uccidere su larga scala e ci sono segnali preoccupanti che potremmo avviarci verso un terzo grande conflitto mondiale, sempre che questo non sia già cominciato senza che ce ne rendiamo conto. 
 
Dopo un periodo di pace e di prosperità, l’Europa, il continente sul quale ci muoviamo e dove hanno avuto luogo le guerre più sanguinose, torna, con l’invasione dell’Ucraina, a mettere all’ordine del giorno, tra le proprie priorità, il riarmo dei paesi dell’Unione Europea. 
 
 
 
Ma se è vero che, molte volte, l’equilibrio tra gli Stati in materia di difesa ha un effetto deterrente, è ugualmente certo che la corsa agli armamenti costituisce un’enorme minaccia per l’esistenza umana, soprattutto quando parliamo di armi nucleari. 
 
C’è persino chi assicura che stiamo vivendo il periodo più delicato di tutta la Storia dell’Umanità. 
 
Quando sentiamo che gli Stati si preparano a spendere più denaro, molto più denaro, per la difesa, dirottando fondi che potrebbero essere indirizzati al miglioramento dello Stato Sociale, alla Crescita Economica, allo Sviluppo, alla Sanità e all’Educazione, ci sono buone ragioni per essere preoccupati e all’erta; ma più ancora, ci deve essere la motivazione per rinsaldare le nostre posizioni come combattenti per la pace, ovunque ci troviamo e ovunque svolgiamo il nostro lavoro. 
E non possiamo avere dubbi: la povertà e le disuguaglianze sociali sono l’origine e la ragione di molti e insanabili conflitti.
Dobbiamo prendere seriamente in considerazione la possibilità di cancellare il debito dei paesi più poveri, poiché il fardello del pagamento dei loro debiti è un grosso ostacolo al loro sviluppo sostenibile. 
 
Non dimentichiamoci che i cambiamenti climatici non conoscono confini né possono essere bloccati dal potere finanziario o dalle armi dei singoli stati. La lotta contro i cambiamenti climatici si può condurre solo con la cooperazione tra gli stati e le catastrofi ambientali potranno essere affrontate solo con una salutare convivenza tra i popoli. 
 
Signore e Signori, 
 
La miglior dimostrazione del fatto che l’ordine internazionale che abbiamo costruito, a partire dalla metà del secolo scorso, è superato, è il fallimento dell’Organizzazione delle Nazioni Unite nella mediazione nei recenti conflitti che sono esplosi in varie parti del mondo. 
 
Oggi, questa istituzione non è rispettata dagli Stati, le sue decisioni non vengono considerate, il suo spazio di mediazione si è trasformato in un dialogo tra sordi e nessuno sembra aver interesse a riformare questa organizzazione e a darle nuovo impulso perché possa perseguire le finalità per cui venne creata. 
 
Riconosciamo il lavoro delle sue donne e dei suoi uomini che, in campo umanitario, stanno facendo del loro meglio, anche a rischio della vita, per aiutare le popolazioni colpite dalla guerra, dalla violenza e dalla fame. 
 
È tempo che le nazioni disunite riflettano su cosa vogliono fare dell’ONU e se vogliono che questa possa essere, come è già stata nel passato, la grande organizzazione mondiale capace di anticipare e fermare i conflitti, decisiva ed efficace nella mediazione tra stati per evitare le guerre, influente e rispettata da tutti i firmatari della sua Carta Fondamentale. 
 
La verità è che l’Organizzazione delle Nazioni Unite non rispecchia più, nei suoi poteri e nei suoi equilibri, l’evoluzione del mondo, lo sviluppo intervenuto nei diversi continenti, la crescita dei diversi Stati, il peso di ciascun paese nell’economia e nella politica internazionali, l’importanza di ognuna delle nazioni nel contesto geo-politico; e questa è la radice della sua disconnessione dalla realtà dei giorni che viviamo e della sua significativa perdita d’importanza come istanza superiore, verso cui dovrebbero confluire gli interessi supremi dell’Umanità. 
 
La crisi migratoria e la mancanza di politiche globali per affrontare questo grave problema costituiscono forse il fallimento più evidente degli Stati che comandano per davvero nelle Nazioni Unite. 
 
Quel che accade nel Mediterraneo, nell’Atlantico, ai confini degli Stati Uniti o in tante altre parti del globo è la prova che non stiamo riuscendo a dare una risposta alle necessità dei nostri simili che, comprensibilmente, fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni politiche e religiose, dalla fame, dalla povertà e che cercano soltanto un’opportunità che non trovano nei loro paesi di origine. 
 
E quando diamo una risposta, accogliendoli, conciliando la loro ambizione di cercare una vita migliore con il contributo che possono dare ai paesi ospitanti, necessitanti di manodopera, entrambe le parti devono essere capaci di rispettare, nella loro diversità, le rispettive culture, le rispettive confessioni religiose, insomma, i rispettivi modi di vivere, perché possa così aversi, nell’armonia, piena integrazione e sana convivenza sociale. 
 
La grande ricchezza dell’Umanità è la sua diversità, sono le sue differenti culture, le rispettive religioni, le sue moltissime lingue, le sue innumerevoli memorie, le sue ricche identità, che possono e devono convivere armoniosamente, operando tutte per il Bene Comune. 
 
Soltanto nel rispetto integrale per questi mondi nel Mondo potremo immaginare e credere che la Pace è possibile, che la Pace non è un’illusione o un’utopia. Sono convinto che immaginare è un primo modo di costruire, ed è per questo che oggi, qui a Parigi, mi unisco a voi in questo esercizio di risoluta costruzione di un Mondo e di mondi in cui possiamo tornare a proclamare i Valori della Libertà, dell’Uguaglianza e della Fraternità, per Immaginare la Pace che vogliamo e desideriamo e che - ne sono certo - possiamo raggiungere.