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Andrea Bartoli

Presidente della Fondazione Sant'Egidio per la pace e il dialogo, USA
 biografia
Benvenuti.
Benvenuti a questo panel su "Ricordando le vittime - Immaginare un mondo senza armi nucleari". Siamo grati ai relatori. Avete le loro biografie e potete trovare on line molto di più su ciascuno di essi: Jean-Marie Collin, Direttore della Campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari (ICAN) - Francia; Emmanuel Dupuy, Presidente, Institute for European Perspective and Security Studies (IPSE), Ivana Nikolic Hughes, Presidente, Nuclear Age Peace Foundation (NAP);
Anna Ikeda, Coordinatore del Programma per il Disarmo, Soka Gakkai International (SGI); Izumi Nakamitsu (Videomessaggio) Sottosegretaria Generale e Alta Rappresentante per gli Affari del Disarmo delle Nazioni Unite (ONU); John C. Wester (Videomessaggio e/o testimonianza di un sopravvissuto) Arcivescovo di Santa Fe.
 
Chiederò loro di parlare in un ordine che spero evidenzierà la delicata e urgente responsabilità di "Ricordare le vittime - Immaginare un mondo senza armi nucleari.” Stiamo affrontando questa conversazione come un compito urgente, un dovere per noi qui stasera e per l'umanità intera.
 
Ricordare è difficile. La memoria è fallace e fragile, ma la memoria dei traumi è drammaticamente viva in coloro che li hanno vissuti. Mentre ci avviciniamo all'80° anniversario dei due bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, sappiamo che l'invito a ricordare è allo stesso tempo più forte e più debole. Debole perché i sopravvissuti a quelle due esplosioni sono meno numerosi e più vecchi; forte perché molti ricordano quei momenti e stanno esplorando modi per ricordare meglio e di più.
La responsabilità di ricordare suscita la consapevolezza di quanto siamo lontani quei due giorni a Hiroshima e Nagasaki. Nessuno di noi era lì temporalmente e fisicamente. Eppure, ci viene chiesto di esserci e di ricordare, di fare in modo che quei momenti diventino i nostri momenti e per ricordare, per vivere le esplosioni e le sofferenze, e il dolore e l'angoscia e ricordare.
 
Il nostro titolo è in questo senso un invito a ricordare, ricordando le vittime dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, in compagnia delle innumerevoli altre persone uccise dalla violenza umana, dalle scelte umane, dalla pianificazione umana, dall'ingegnosità umana, dal controllo umano dell'energia naturale, dal desiderio umano di vincere, dall'insistenza umana sul "noi" e "loro", dalla sfida, ostinazione e dall'eroismo mal compreso. Non penso che si tratti di un livellamento al ribasso della morte atomica. Credo che sia il modo giusto di riconoscere che le sofferenze, il dolore e l'angoscia sono stati ripetuti più e più volte nei test e nei conflitti in tutto il mondo fino ad oggi. Dopo che le due bombe furono usate contro Hiroshima e Nagasaki, gli esseri umani costruirono più di 70.000 armi nucleari e condussero più di 2.000 test. Ancora oggi abbiamo più di 12.500 armi, ciascuna con una potenza notevolmente superiore a quella delle due usate nell'agosto del 1945.
Riconoscere le vittime significa scegliere un punto di partenza. Davanti a me c'è una persona, una persona umana, un altro me. Stesso corpo, stesso volto, stesso bisogno di respirare e bere, stesso... potrei essere lei. Potrei essere lui se qualcuno decidesse che Parigi deve essere bombardata oggi. Le vittime non si fanno da sole. Le vittime sono fatte da altri che tolgono la vita che avevano, trasformandoli in corpi. Riconoscere le vittime significa aprirci a un momento alla Henry Dunant (n.d.t. Fondatore della Croce Rossa), un'occasione di orrore che spinge nella direzione di un "No", un forte "NO!", un "NO" ostinato, impegnato per tutta la vita, un "NO, no, no, milioni di volte no".
 
Ecco perché siamo qui. Partendo dal ricordare le vittime, dicendo no una per una, ci chiediamo di aiutarci a vicenda e di aiutare l'umanità a immaginare ciò che non può essere immaginato e tuttavia non può che essere immaginato: un mondo senza armi nucleari.
 
Il primo passo verso questo mondo è stato frutto del caso e della scelta: solo in quelle due occasioni, quasi 80 anni fa, le armi nucleari sono state usate intenzionalmente, distruttivamente, letalmente contro esseri umani. Molti hanno vissuto nell'illusione che le armi nucleari esistano ma non esistano davvero. Sono come un film, una parte della realtà che non è reale, almeno non per me. Questo è - ancora una volta - il motivo per cui è essenziale partire dalle vittime, non in generale, ma personalmente. Sarebbe accettabile se tu e tutte le persone che conosci foste inceneriti come migliaia lo furono?
Tutti conosciamo bene il mito dell'uomo che si è fatto da solo (un po' meno frequente è la variazione della donna che si è fatta da sola). È un mito perché nessuno si fa da solo. Siamo tutti formati nel dialogo, e quando una bomba nucleare viene sganciata, pochi molto potenti e convinti di essere "al comando" trasformano molti (centinaia di migliaia a Hiroshima e Nagasaki) in cenere e fumo, corpi e venti, ricordi di un passato violento. Nessuna delle vittime dell'agosto 1945 si è fatta da sé. Sono state tutte fatte da altri. Chi ha dato il potere ai pochi potenti? Il loro impegno verso l'inimicizia, il loro desiderio di vincere, le loro paure e minacce. Il potere si è accumulato attraverso la scienza e la soluzione tecnica che ha costruito il legame, che ha consegnato la bomba, che ha usato la bomba per trasformare moltitudini in cenere e fumo, corpi e venti, ricordi di un passato violento. Era questa l'unica scelta? Ovviamente no. Come esseri umani possiamo passare dal mito dell'uomo che si è fatto da solo alla realtà della cooperazione liberatrice.
Henry Dunant si trovò a Solferino dopo la battaglia in cui migliaia furono uccisi, e non furono uccisi da una bomba sganciata da lontano, ma da un altro soldato, molti con una baionetta. Dunant iniziò ad aiutare i feriti, i sopravvissuti, indipendentemente dalla loro fazione. Non c'era più "noi" e "loro", "amici" e "nemici", non c'erano più avversari. Quel soccorso sul campo, una vittima alla volta, portò alla creazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa e delle Convenzioni di Ginevra.
Dopo Hiroshima e Nagasaki, molti hanno reagito e siamo stati benedetti da coloro che hanno detto no, no un milione di volte, creando movimenti e trattati, consapevolezza e scelte che possono invitare tutti a comprendere che non siamo affatto nemici e che l'unico insegnamento ragionevole da trarre dalla concezione e dall'uso delle armi nucleari è dire no, no un miliardo di volte. Da Joseph Rotblat a Dorothy Day, da Pugwash a ICAN, molti hanno già detto no! Tutti riconoscendo che la memoria delle vittime conta, che ricordare è fondamentale per immaginare un mondo senza armi nucleari. Impegniamoci con loro.
Ascolteremo prima i nostri due relatori francesi, che ci aiuteranno a inquadrare il dibattito in questo contesto particolare: prima Emmanuel Dupuy, Presidente dell'Istituto per gli Studi Europei di Prospettiva e Sicurezza (IPSE), e poi Jean-Marie Collin, Direttore della Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN) - Francia; Emmanuel Dupuy, Presidente dell'Istituto per gli Studi Europei di Prospettiva e Sicurezza (IPSE).
 
Grazie, Emmanuel e Jean-Marie.
 
Ora accoglieremo due videomessaggi che ci aiuteranno a collocare questo panel nel più ampio contesto delle Nazioni Unite e della Chiesa Cattolica. Ascolteremo Izumi Nakamitsu (videomessaggio), Sottosegretaria Generale e Alta Rappresentante per gli Affari del Disarmo delle Nazioni Unite (ONU); e poi John C. Wester (videomessaggio e/o testimonianza di un sopravvissuto), Arcivescovo di Santa Fe.
 
Stiamo ora entrando nella sessione finale del panel e ascolteremo, in quest'ordine, Ivana Nikolic Hughes, Presidente della Nuclear Age Peace Foundation (NAP); e Anna Ikeda, Coordinatrice del Programma per il Disarmo della Soka Gakkai International (SGI).
Domande e risposte
… alla fine
 
Ci stiamo preparando a chiudere il panel e stiamo pubblicando l'immagine della Veglia per la Pace che la Comunità di Sant’Egidio ha iniziato tre anni fa a New York per ricordare le vittime dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. A partire dalle 8:15 del mattino, ora giapponese, quando la prima bomba fu sganciata il 6 agosto 1945, fino alle 11:05 del 9 agosto, quando fu sganciata la seconda bomba, manteniamo uno spazio aperto per la preghiera in una cappella a New York. Chiunque può partecipare digitalmente e inviare preghiere che vengono lette in diretta dalla cappella. È un'occasione per ricordare, onorare le vittime di tutte le guerre, cercare e perseguire la pace.
Vorremmo anche offrire un dono, il dono di un nome che possa aiutarci, uno per uno, a rafforzare l’impegno a ricordare le vittime e immaginare un mondo senza armi nucleari. È il nome di una persona uccisa a Hiroshima o Nagasaki nell’agosto 1945. Era viva prima che la bomba fosse sganciata. È stata ridotta in cenere e fumo. Ogni essere umano sarà ridotto in cenere e fumo da una bomba nucleare. Vogliamo onorarli attraverso il loro nome, sapendo che quando moriremo saremo tutti nomi e ricordi. Spero che non vi dispiaccia se vi chiedo di condividere questi nomi, ricevendoli per primi e poi donando quello che avete ricevuto a una persona a voi vicina questa sera. In questo modo, tutti riceveremo e daremo un ricordo, accetteremo un impegno, incontreremo un altro, inaspettatamente. Non è il potere che ci riduce in cenere e fumo, ma l’invito che incoraggia la speranza che potremo davvero vivere in un mondo senza armi nucleari.