Gli ultimi due papi, come molte altre personalità e organizzazioni, non solo religiose, ce lo hanno ricordato con insistenza: il diritto alla vita è un diritto fondamentale inviolabile! Uno dei comandamenti cristiani dice chiaramente: “Non uccidere”!
Bisogna dunque denunciare tutte le orribili violazioni al diritto alla vita che si commettono continuamente: le vittime dei conflitti, del terrorismo, della violenza criminale e tutte le morti silenziose provocate dalle catastrofi naturali (soprattutto quelle aggravate dalla negligenza degli uomini), le morti dovute alla fame e a molte altre cause. La reazione deve essere una scelta positiva, una scelta per la vita e l’elaborazione di una cultura che ha come obiettivo la promozione della dignità umana in ogni situazione.
Ma il diritto internazionale – evoluto negli ultimi anni nella giustizia penale internazionale – non ha messo mano in maniera determinante alla pena di morte. Lo sappiamo, l’art. 6 del Patto Internazionale relativo ai Diritti Civili e Politici, non ostacola la condanna a morte, se è il risultato di una decisione di Giustizia, resa da un Tribunale regolarmente costituito. E questo in conformità al diritto penale dello Stato che l’applica, che può prevedere la pena capitale per i crimini più gravi.
In realtà se consideriamo che la persona condannata a morte deve spesso attendere a lungo la propria esecuzione, questo rappresenta una forma di tortura.
Neanche le Convenzioni di Ginevra che si applicano in situazioni di conflitti armati proibiscono esplicitamente la pena di morte. Esistono solo delle disposizioni perché le parti in conflitto evitino di pronunciare la condanna a morte contro donne incinte o madri di bambini molto piccoli e in nessun caso la pena di morte potrà essere pronunciata contro una persona minore di 18 anni. Anche altre convenzioni internazionali sono particolarmente timide sulla pena capitale.
Ma tutto ciò non significa che gli Stati non debbano tener conto di quel che dice la Comunità di Sant’Egidio: non c’è giustizia senza vita! Bisogna congratularsi con la Comunità di Sant’Egidio e altre organizzazioni per la difesa dei diritti umani per la loro lotta ed i risultati ottenuti. L’ultimo successo è importante e storico: è il Togo in Africa Occidentale. E soprattutto non dimentichiamo il voto dell’Assemblea Generale dell’ONU per una moratoria mondiale sulle esecuzioni del 18 dicembre 2008, che è stata adottata da 106 paesi.
Questa è la questione che si pone alla nostra Tavola Rotonda (e mi compiaccio di ascoltare le risposte dei partecipanti): cosa fanno e cosa possono fare di più le comunità religiose per estirpare questa orribile e barbara pena che sussiste nelle legislazioni di troppi paesi?