Partager Sur

Kone Idriss Koudouss

Président du Conseil national islamique de Côte d’Ivoire
 biographie

Premessa

Eccellenze, onorevoli e stimati invitati, permettetemi innanzitutto di soddisfare un’esigenza morale e religiosa allo stesso tempo; quella di ringraziare nuovamente, a nome mio personale e a nome della comunità musulmana della Costa d’Avorio, la Comunità di Sant’Egidio, per l’amicizia e l’onore che mi fa nell’invitarmi regolarmente ai suoi incontri internazionali. Questi permettono alla mia modesta persona di sfiorare le sommità del mondo religioso, politico e culturale proveniente da diversi orizzonti.
La mia presenza fedele è la traduzione della nostra gratitudine nei confronti dei nostri ospiti e in particolare del professor Alberto Quattrucci, Segretario Generale di questa nobile istituzione che ha posto l’uomo al centro delle proprie preoccupazioni. Siamo particolarmente sensibili all’agenda dell’edizione 2009 che si caratterizza per la memoria delle conseguenze della follia umana durante la II guerra mondiale. E ciò è l’origine dell’orientamento della mia riflessione sul nostro vissuto, in quanto musulmano che vive in un contesto laico, multiculturale e confessionale.

Introduzione

Gli uomini non vivono soli al mondo; essi sono spinti, loro malgrado, ad incontrarsi e di conseguenza a convivere, ad accettare modi di vivere o di essere che possono amare o odiare. In ogni caso e in un modo o nell’altro, essi devono vivere nella differenza di un’alterità, cioè coesistere con dei modi di vivere, delle rappresentazioni sociali o delle pratiche religiose che a volte non lasciano loro alcuna alternativa al vivere nella paura, nel contrasto, nell’animosità, nell’indifferenza e nell’intolleranza. Ciò significa che l’orizzonte di un futuro pacifico è tutto da inventare. Il Sacro, che sia profano o religioso, non sfugge a questa prospettiva. Il rapporto con il sacro che è il fondamento di ogni realtà umana, è il nucleo centrale e la linfa vitale di tutte le pratiche sociali, che siano intellettuali, morali, economiche o politiche. Perché alla base di ogni cultura c’è un mito come rappresentazione sociale, ed il mito è un racconto fantastico di carattere religioso, che serve a spiegare la condizione umana. Quando degli uomini si incontrano, sono delle visioni del mondo ad incontrarsi, confrontarsi o anche affrontarsi. Dietro ad ogni fatto o realtà umana ci sono una o più pratiche religiose che si esprimono o meglio si spiegano come volontà di potenza. In tal modo il mondo, e più particolarmente l’Africa, sono lacerati da conflitti e guerre sociopolitiche la cui posta in gioco (nascosta) è spirituale. Le pratiche religiose si confrontano con la questione dell’alterità e dell’identità, del sé e dell’altro, dell’io e dell’altro, direbbero i filosofi. Ma anche se la nostra prospettiva verte su questioni di ordine generale, vorremmo inserirla nel quadro dell’Islam.
L’Islam, religione monoteista per eccellenza, considera Allah, Dio supremo, all’origine della creazione degli esseri e delle cose, di tutto ciò che esiste; e Maometto (Su di Lui sia la Pace) è il suo profeta. L’accettazione di tale principio è un imperativo categorico per ogni musulmano, è la Kalimatu shadada (la duplice confessione di fede); essa è la chiave che permette di aprire ed entrare nell’edificio dell’Islam. E’ il suo codice d’accesso. Il che mette l’accento sulla dimensione della fede. La preghiera, il digiuno, l’elemosina e il pellegrinaggio in quanto opere sono il prolungamento di questa professione di fede.
I principi che guidano il musulmano sono contenuti nel Corano, libro rivelato al profeta Mohammad (Su di Lui sia la Pace) che li ha esplicitati nei suoi Hadit e nei suoi insegnamenti. Bisogna perciò far capire che il Corano è il riferimento ultimo per il musulmano perché è la parola vivente di Allah e gli Hadit costituiscono la pratica quotidiana, il vissuto delle parole rivelate messo in opera dal profeta Mohammad (Su di Lui sia la Pace). Si tratta dunque di due fonti di ispirazione che orientano la vita del musulmano. Questo quadro generale che è un luogo comune della realtà umana è valido per tutto il mondo, per l’Africa e più particolarmente per la Costa d’Avorio da cui provengo.
La comunità musulmana della Costa d’Avorio che ho il grande onore di rappresentare qui, attraverso il Consiglio Nazionale islamico vuole affrontare o trattare la seguente problematica: in un’Africa attraversata e dominata da realtà culturali diverse e divergenti che spiegano e discutono il suo spazio geografico e spirituale, come può l’Islam contribuire alla sua rinascita e al suo rinnovamento? In altre parole: quale messaggio propone l’Islam per permettere all’Africa di decollare? Per rispondere a questa preoccupazione il nostro ragionamento si articolerà intorno ad alcuni punti fondamentali:
. dopo aver presentato un quadro sociopolitico ed economico dell’Africa
. noi ci sforzeremo di affrontare la questione dell’Alterità e dell’identità come fondamento e fondazione di comunità, attraverso i valori di unità, di solidarietà e di tolleranza per consolidare e fortificare i legami sociali.
. in seguito per ragioni evidenti, termineremo trattando il soggetto specifico del dovere di ospitalità nell’Islam.

I . La situazione sociopolitica ed economica dell’Africa

Lo spazio africano è pieno di fattori storici esterni ed interni che hanno contribuito a determinare la sua integrazione o la sua marginalizzazione nella storia. Questi fattori corrispondono a periodi di crisi che hanno reso fragile e ritardato il suo sviluppo. L’Africa secondo noi conosce fondamentalmente due momenti di crisi:
-    il primo è segnato dallo choc dell’incontro con il mondo Occidentale
-    il secondo è segnato dai conflitti e dalle guerre di potere etnico-tribali che compromettono le relazioni tra gli stati.
Nel primo caso i fattori determinanti sono stati l’imperialismo, la tratta degli schiavi e la colonizzazione. Questi diversi periodi della storia hanno corrisposto alla negazione e poi alla marginalizzazione dell’africano da parte del mondo occidentale. Egli fu in effetti considerato meno di niente, come una figura odiosa e ripugnante. Le realtà africane sono state sconfitte. In nome di una pretesa missione civilizzatrice, gli africani sono stati calpestati e alienati.
Nel secondo caso sono gli africani stessi ad essere all’origine del mali che affliggono l’Africa: nepotismo, tribalismo, malgoverno, corruzione, colpi di stato, guerre, crisi fratricide che hanno condotto talvolta a genocidi e a crimini contro l’umanità. L’attualità d’altronde ci offre un panorama poco confortante delle conseguenze rabbiose del comunitarismo e del settarismo estremo. Questo atteggiamento di chiusura che favorisce i ripiegamenti identitari, dunque la chiusura verso l’altro, ci sembra essere il risultato di una lettura striminzita e parziale e di parte dei nobili insegnamenti coranici che consacrano piuttosto l’apertura e l’ecumenismo nel senso relativo del termine. Il Corano lo attesta in questi termini nella sura 42 al versetto 13: “ [Egli] ha stabilito per voi, nella religione, la stessa via che aveva  raccomandato a Noè, quella che riveliamo a Te, [o Muhammad,] e che imponemmo ad Abramo, a Mosè e a Gesù”. La gestione della città stato di Medina all’alba dell’Islam e la tradizione di Mohammad nei suoi rapporti con i non musulmani ci appaiono sufficientemente convincenti a questo riguardo. E’ a giusto titolo che noi deploriamo le recenti derive religiose della “Yossoufia” nel nord della Nigeria, l’intolleranza religiosa in Somalia tra le diverse fazioni belligeranti, e poi tutti i potenziali focolai d’intolleranza religiosa e di difficoltà di convivenza tra comunità all’interno di uno stesso paese.
Per quel che riguarda i piani sociopolitici ed economici, l’Africa presenta un quadro cupo che le impedisce di andare avanti. Quale alternativa offre allora l’Islam davanti ad una situazione apparentemente pessimista?

II . La Ummah come solidarietà e tolleranza: riconoscimento e restaurazione dell’alterità (l’altro)

La visione coranica o islamica dell’uomo vuole la celebrazione dell’altro non solo come semplice differenza ma anche come avvicinamento sul piano fisico e spirituale. Questo avvicinamento significa e  determina dunque il movimento fraterno come sentimento che mette in relazione intima gli individui e i gruppi sociali. A questo proposito il Corano afferma al capitolo 4, versetto 36: “Adorate Allah e non associateGli alcunché. Siate buoni con i genitori, i parenti, gli orfani, i poveri, i vicini vostri parenti e coloro che vi sono estranei, il compagno che vi sta accanto, il viandante e chi è schiavo in vostro possesso.”
Attraverso questo versetto capiamo già che oltre all’obbligo fatto al credente, gli è chiesto di non far soffrire il suo prossimo ma di aiutarlo e sostenerlo. In una parola, di essere al servizio dell’uomo, di ogni uomo e di tutto l’uomo. Bisogna, perciò servire e diffondere il bene ovunque si può incontrare l’uomo. Viene dunque menzionata la fraternità, l’altruismo e l’uguaglianza, per dire che la fraternità islamica va al di là dello spazio musulmano per ricadere sull’insieme dei credenti, come ci insegna con gioia Allah l’Altissimo nella sura 49, versetto 10: “In verità i credenti sono fratelli: ristabilite la concordia tra i vostri fratelli”.
Qui l’altro non è solo un altro diverso da me: è anche il mio simile e il mio prossimo, cioè colui per il quale provo della simpatia o della compassione, che sia musulmano, cristiano, ebreo, buddista o di qualsiasi altra confessione o appartenenza religiosa. Tale concezione trascende le barriere sociali e razziali, e attraverso di essa l’Islam sviluppa un’etica del prossimo che lascia la possibilità ad ogni uomo di vivere in comunità. E’ il segno di un clima sociale pacificato tra i musulmani ed ogni altro essere umano. Questa comunità appare di conseguenza come uno spazio di condivisione, di solidarietà reale, obbiettiva e attiva che si distingue da quell’altra forma di solidarietà soggettiva e astratta.
La solidarietà soggettiva è astratta, cioè è una semplice somma o aggregazione di individui che vivono semplicemente insieme attraverso semplici accordi politici o sociali che ne garantiscono sempre la vita. In Africa gli accordi politici sono dei compromessi che regolano in superficie i problemi tra opposte fazioni senza fondare veramente un’etica della responsabilità nei confronti dell’altro; gli accordi politici riconoscono la dimensione dell’altro come avversario e non come il prossimo e il simile con il quale condivido una comunità di vita e di destino. In tal modo, essendo al servizio dell’altro, diciamo del mio prossimo, io mi sento responsabile di lui; perché è l’uomo che io servo, a lui devo assistenza e protezione. Gli accordi politici sono spesso fonte di tensioni perché a volte mal negoziati, persino a discapito dei più deboli (minoranze politiche, etniche, razziali, linguistiche, religiose ecc.)
    Ora, la solidarietà obbiettiva esprime un’etica della tolleranza che va al di là degli accordi politici. Questa etica non è né un compromesso né tantomeno una compromissione tra un vincitore e un vinto, ma il riconoscimento della dignità dell’altro senza collocarci in un rapporto di forza. Gli accordi politici infatti non hanno portato che conflitti e guerre la maggior parte delle volte, è il caso della Costa d’Avorio, del Ruanda, della Guinea Bissau, del Niger, della Nigeria. Nonostante la firma di molteplici accordi politici, questi paesi non sono ancora usciti dall’area di turbolenza. E il rischio di infiammarsi di nuovo non è mai lontano.
Non dimentichiamo che in Costa d’Avorio  i religiosi hanno contribuito efficacemente alla proposta di nomina del Primo Ministro Soro Kigbafori Guillaume da parte del Presidente della Repubblica  Laurent Gbagbo. Il che dimostra il ruolo importante svolto dai religiosi per l’avvento della pace.

La concezione della solidarietà come tolleranza significa l’accettazione del discorso di una terza persona e della possibilità che sia intorno a me. Infatti è questo discorso che la definisce, non semplicemente come un altro ma come qualcuno che è il mio prossimo, che non ha le mie stesse convinzioni o che nemmeno conosco ; facendo propria questa etica della tolleranza come accettazione dell’uomo di tutte le condizioni e di tutte le convinzioni, gli Africani potranno vivere nell’idea che pensare diversamente o essere un’identità differente non significa respingere l’altro ma favorire l’emergere di un discorso diverso dal proprio. Perché questo discorso è partecipazione di ciascuna identità alla costruzione di una vera comunità sociale nazionale.
Questa forma concreta di solidarietà, che permette ad ogni uomo di prendere la parola e di essere ascoltato e compreso in tutta fiducia e in tutta libertà, libererà la creatività in Africa, creando le condizioni per l’emergere di una società aperta, solida e solidale, garanzia di ogni sviluppo. Una società, dunque, in cui ognuno si sente responsabile dell’altro, che circonda di cure, di rispetto e di amore. Inoltre la Costa d’Avorio è oggi l’espressione vivente e riuscita della convivenza e della tolleranza religiosa. Questa realtà, che è l’orgoglio degli ivoriani in Africa si può osservare a due livelli:
- a livello del vissuto, sul piano socioculturale, la storia e la sociologia della Costa d’Avorio hanno favorito un meticciato culturale tale che è difficile trovare una regione, un gruppo etnico, una corporazione che si richiami  ad una sola religione. La conseguenza è l’accettazione dell’altro in un’espressione plurale della fede. In Costa d’Avorio, ad esempio, praticamente tutte le feste religiose sono riconosciute e celebrate collettivamente dalle popolazioni.
- A livello istituzionale, il Forum Nazionale delle Confessioni Religiose in Costa d’Avorio (FNCR-CI) è la cornice privilegiata della concertazione, degli scambi e della solidarietà attiva tra le confessioni religiose del paese. Questo quadro di dialogo permanente creato oltre 10 anni fa, costituisce non solo un bastione contro le derive religiose, ma anche e soprattutto un potente strumento educativo, formativo e di sensibilizzazione per la pace, la riconciliazione e lo sviluppo armonioso del nostro paese. Attraverso il Forum abbiamo potuto realizzare molteplici attività, come :
- Delle campagne di sensibilizzazione nelle zone controllate dalle forze nuove e in zona lealista nel momento più acuto della crisi
- Dei seminari di formazione sulla risoluzione dei conflitti in tempo di guerra.
- Delle azioni di solidarietà nel corso di feste religiose (Festa della mietitura, San Silvestro, Natale, Pasqua, Mahoulid, Ramadan, Tabaski…).
- La sensibilizzazione contro la pandemia dell’Aids
- Le dichiarazioni comuni contro i tentativi di recupero delle crisi sociopolitiche per dei fini politico-religiosi.
- delle preghiere ecumeniche per la pace e la riconciliazione nazionale.
Bisogna anche notare che l’azione del Forum è sostenuta orizzontalmente dal Collettivo della Società civile per la Pace e la Riconciliazione in Costa d’Avorio, diretto con successo dal professor GUIE Honoré.
Che ne è del dovere di ospitalità nell’Islam ?

III- L’islam e il dovere dell’ospitalità

Nella sezione precedente parlavamo di solidarietà come tolleranza e accettazione dell’altro. Questa forma di solidarietà si realizza attraverso l’ospitalità, che è la disposizione di spirito e di cuore ad aprirsi all’altro offrendogli cibo e riparo. In un mondo dominato dall’individualismo, l’Islam propone un’etica del « noi » che suona come un richiamo dell’altro a me stesso col fine di accoglierlo. Il Corano ci richiede in modo fermo di aprire le nostre porte agli altri. Poiché ogni uomo che sia bianco o nero, ci è inviato da Allah come una  parte di noi stessi. E’ dunque un dovere per il musulmano accogliere lo straniero. Per questo, il Corano esorta il musulmano a essere cortese, sia con i suoi correligionari che con i non musulmani. Ad accoglierlo da qualsiasi posto venga e chiunque sia. I versetti dal 24 al 27  del capitolo 51 sono edificanti in proposito:
« Ti è giunta la storia degli ospiti onorati di Abramo?  
Quando entrarono da lui dicendo: « Pace», egli rispose: «Pace, o sconosciuti ».  
Poi andò discretamente dai suoi e tornò con un vitello grasso,  
e l'offrì loro... [Disse]: « Non mangiate nulla?».  
Questi riferimenti coranici mettono l’accento sull’ospitalità, la cortesia, e la benevolenza nei confronti dell’altro. Questo stato di fatto si può realizzare solamente nel vivere intendendosi bene con i propri vicini.  Il vicino è colui che condivide il mio quotidiano ; colui al quale cammino accanto tutti i giorni; è colui che sopporta i miei umori e subisce quotidianamente i miei cambiamenti d’umore. In questo senso ogni uomo, ogni vicino oltre a me, la mia famiglia e la mia religione appare come uno straniero. Accettarlo dunque come tale è già avere la disposizione di spirito e di cuore ad accoglierlo come un fratello. In verità, l’altro ed io siamo figli di Adamo. Ora, Adamo è il primo uomo della creazione divina. Ciò significa che lo « straniero » che io accolgo non è che un altro membro della mia famiglia che è andato a stabilirsi altrove per varie ragioni. Per questo lui ha sempre un posto a casa mia, che è casa sua. Per questo è mio fratello, vicino o lontano che sia.

Per l’Islam lo straniero è un inviato di Dio. Come tale, egli è segno di Dio, che vuole provare la mia fede. Ciò significa chiaramente che lo straniero ha dei diritti. Ed è per questo che il vicino chiamato abusivamente « straniero » ha la sua parte sui miei beni di consumo. D’altronde, un Hadit del Profeta Mohammad (Su di lui sia la pace), riportato da Abu Dharr raccomanda: « Quando prepari una pietanza aumenta l’acqua e danne ai tuoi vicini »

Al di là della fraternità di fede, l’Islam instaura o fa appello ad una fraternità universale che trascende o forza ogni barriera razziale, culturale, sociale, economica o linguistica. Poiché il vicino non è solo il prossimo immediato ma il prossimo lontano che chiamiamo lo straniero. Se non posso intendermi col mio vicino, significa che non sono disposto ad accogliere lo straniero. Per di più, se non posso condividere i miei beni, la mia felicità con il mio vicino, significa che non sono disposto a ricevere lo straniero che è una misericordia di Allah. Questa disposizione positiva ci sembra essere un potente strumento  in grado di instaurare un vero clima di pace, di convivialità, d’amore e di fiducia reciproca. Per questo con ragione invitiamo gli stati africani ad assumere la loro storia in quanto terra di popolamento e d’immigrazione al fine di andare verso un’Africa unita e forte al di là delle divisioni geografiche, culturali ed economiche  ereditate dalla colonizzazione.
  Se noi ci appropriamo di questa comprensione dei rapporti umani ci sono delle possibilità che le crisi fratricide che lacerano l’Africa, che la rendono fragile scompaiano, in modo da far posto ad una società più armoniosa. L’Islam ci ricorda in sostanza che in ogni momento della nostra vita noi non siamo soli al mondo, che noi non possiamo separarci dall’altro, che dobbiamo accettare la sua differenza e la sua identità. Di conseguenza, l’altro ha dei diritti che dobbiamo riconoscere, accettare e proteggere.


Conclusione

Per finire, diremo che l’Islam è una religione di solidarietà attiva che sviluppa un’etica della tolleranza, dell’ospitalità, dell’amore e dell’unità ; è proprio questo ciò che spinge e incoraggia il musulmano ad accettare il vicino e ad accogliere lo straniero. Senza dubbio è questo che  ci porta a dire che l’Islam è una religione di condivisione, di accettazione della differenza, di pace, di convivialità e di progresso. Accettare l’altro è ammettere che non posso coniugare la vita al singolare ma al plurale nella differenza e nella diversità. Siamo persuasi che l’unità, la solidarietà, la tolleranza e molte altre virtù siano il presupposto di ogni impresa di sviluppo duratura e di trasformazione qualitativa della società. E’ dunque a giusto titolo che riteniamo che i leader e le guide africane, che siano a livello politico, economico, culturale o della società civile, si riapproprino di quei valori fondamentali nei piani strategici di sviluppo tanto sul piano nazionale,  che regionale e continentale nel quadro delle grandi assemblee politiche economiche monetarie e culturali come la Comunità degli Stati dell’Africa occidentale (CEDEAO), l’Unione Africana (UA), l’Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale (UEMOA), la Comunità degli Stati del Sahel (CEN-SAD) ecc.

Il sistema della Zakat e la banca islamica che sono fondati sulla filosofia della solidarietà, della condivisione della giustizia e dell’equità, rientrano perfettamente in questa stessa logica. Ecco perché - secondo noi – possono costituire dei veri strumenti di lotta contro la povertà in Africa, legati sia a fattori storici che strutturali e congiunturali. Per fare ciò invitiamo i leader del continente africano a farsi carico e ad assumere il loro destino come insegna il santo Corano alla sura 13 versetto 11: “Allah non modifica la realtà di un popolo finché esso non muta nel suo intimo. »
Dobbiamo tuttavia restare ottimisti riguardo alla rinascita dell’Africa, purché essa faccia propri tutti i punti di riferimento che abbiamo appena elencato. « Chi mai dispera della misericordia del suo Signore, se non gli sviati?», « Chi confida in Allah, sarà vittorioso poiché Egli è eccelso e saggio », ci esorta di nuovo il Corano rispettivamente alla Sura 15 versetto 56 e alla Sura 8 versetto 49.  E’ in questa prospettiva di fiducia e speranza che dobbiamo confidare.
Grazie Assalame Aleïkoum wa Rahamatoullah wa barakat!